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50/50

Donne e Uomini, Politica Dicembre 18, 2012

Carne da Porcellum

Fibrillazione, in queste ore, in particolare dalla parti del csx, sul tema primarie-liste elettorali. Tutto il nostro faticoso e pluriennale lavoro di donne sta producendo dei risultati -magari insufficienti, eventualmente discutibili-, ma (traggo da un mio libro del 2006, “La scomparsa delle donne”) da rognoso punto di programma, preferibilmente piazzate tra gli anziani e i diversamente abili, da “altra carne al fuoco” (cit. Piero Fassino d’antan), da “scassaminchia” (qui è un indimenticabile Pippo Gianni, Udc), da tema da affrontare all’ultimo minuto con imbarazzo e fastidio (“caxxo, e le donne?”), grazie soltanto alle nostre strenue lotte siamo salite nella graduatoria delle compatibilità di cui tenere conto, ed è tutto un 50/50, o almeno un 40/60, perché di presentarsi come gli ultimi misogini anche i nostri politici non se la sentono più. Bene.

La certezza l’abbiamo: il prossimo Parlamento sarà discretamente bisessuato, ancorché in percentuali variabili tra i partiti, raggiungendo con buona probabilità le medie europee (quelle africane del Rwanda, con il suo 58 per cento, del Botswana e di altri stati ce le sogniamo). Speriamo ugualmente bisessuato il governo. Finalmente il doppio sguardo -che non va solo assicurato come opportunità, ma anche praticato: il vero lavoro comincia lì-. Finalmente tante cittadine di questo Paese che non tabuizzano più il loro desiderio di partecipare alla gestione del Condominio, e forse anche il fuoco-amica (donna-spara-a donna) comincia a diminuire d’intensità.

Alle amiche che vogliono candidarsi mi sentirei di raccomandare una cosa: di non mettersi lì a fare da semplice riempilista, mera carne da Porcellum. Non significa, questo, pretendere a tutti i costi la garanzia di essere elette. Non tutte e non tutti potranno essere eletti, questo è certo. Quello che intendo è pretendere un GUADAGNO dalla propria candidatura, evitando di candidarsi in modo abnegativo e sacrificale.

Mi spiego meglio: per alcune la semplice candidatura ha senso, fa fare loro un passo avanti, definisce meglio la propria collocazione nel partito, è un gesto di testimonianza e di sostegno attivo. Per esempio: nel lontano 1986 io mi sono candidata nelle nascenti Liste Verdi, ma allora non avevo alcuna intenzione di andare a Roma. La “scampai” per un soffio, con le mie 800 preferenze. Ma non mi sono mai pentita di quel gesto di partecipazione. Anzi: lì c’è stato un guadagno per me (consapevolezza, senso di appartenenza, etc.).

Per altre, invece, il passo avanti richiede necessariamente l’elezione: si tratta allora di valutare attentamente se ve ne siano le condizioni, e di non buttarsi allo sbaraglio.

Un altro esempio: alle recenti primarie per la premiership del csx Laura Puppato aveva oggettivamente poche chance di farcela. Sento spesso dire che Laura ha perso: non è affatto così. Non è questione di percentuali. Da perfetta sconosciuta quale era a livello nazionale -era invece conosciutissima e sostenutissima nel suo Veneto-, in tre settimane Puppato ha conquistato una grande visibilità, il coraggio che ha avuto di buttarsi da sola è stato molto apprezzato, e oggi è in condizioni di stare in una partita in cui nessuno l’avrebbe mai cooptata, presumibilmente con un ruolo rilevante nel futuro governo. La sua storia offre un modello interessantissimo per tutte.

Quindi, amiche di ogni schieramento politico: si tratta semplicemente di fare bene i conti, di valutare l’occasione, ciascuna nel proprio contesto, ognuna per la propria vita.

Ripeto: non è necessariamente questione di essere certe della propria elezione. Si tratta di essere certe del fatto che da quella mossa, candidarsi, verrà anche un bene per se stesse.

 

 

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Novembre 29, 2012

50/50 bocciato. Zullo: “Ecco perché ho chiesto il voto segreto”

 

Come sapete –vedi ultimo post- due giorni fa il Consiglio Regionale pugliese ha respinto con voto segreto la proposta di legge di iniziativa popolare, supportata da 30 mila firme di cittadine e cittadini, che chiedeva l’introduzione del 50/50 nella formazione delle liste elettorali (qui il resoconto completo).

La richiesta di voto segreto è partita dal consigliere di opposizione Antonino Zullo. Gli chiediamo di spiegarci com’è andata.

 

“In aula subivamo una forte pressione psicologica. Invece era giusto che ognuno votasse secondo coscienza”.

Addirittura una questione di coscienza?

 “Quella proposta di legge era una truffa, e ora le spiego perché. C’è già una norma in vigore dal 2005 secondo la quale nelle liste elettorali nessun genere può essere rappresentato per più di 2/3”.

E questa norma viene rispettata?

“Tengo a dire che anche il presidente Nichi Vendola ha dovuto pagare le multe per entrambe le liste che lo sostenevano, sia Sel sia Puglia per Vendola, per aver candidato meno di 1/3 di donne”.

Poi però ne ha chiamate molte in giunta.

“Sì, ma esterne. 4 esterne, proprio perché aveva candidato poche donne. Se ci fossero state delle elette fra cui scegliere, il tutto ci costerebbe molto meno”.

Lei nella sua lista la norma l’ha rispettata?

 “No, non l’ho rispettata”.

Quindi anche lei ha pagato la multa…

 “Sì”.

Insomma, pagare la multa conviene.

 “Eh sì, conviene… Ma guardi, il fatto vero è che donne da candidare non si trovano”.

Se vuole gliele trovo io… Ma torniamo al voto dell’altro giorno.

“Insomma, il presidente Vendola mi aveva invitato a ritirare la mia richiesta di voto segreto. Io ho detto: ok, io la ritiro, ma allora tu dimmi perché di donne ne hai candidate così poche. Lui non mi ha risposto, e io sono andato avanti”.

Anche la maggioranza vi ha dato una mano.

“Sì. Cinque o sei voti contro del centrosinistra”.

E’ vero che durante il dibattito si è detto che “la politica è una cosa da uomini”. E che una donna di Santa Maria di Leuca non potrebbe guidare da sola fino a Bari per venire in consiglio?

 “Sì, è stato detto. Ma io disapprovo”. 

Sinceramente: non si vergogna della situazione? In Puglia ci sono 2 consigliere donne e 70 uomini. Sa che il Rwanda ha il 53 per cento di elette?

“Ma se non votano le donne che cosa dobbiamo fare? Quello che serve è un lavoro culturale”.

Ma così aspettiamo un altro secolo.

 “Sa che in Consiglio anche le donne erano contrarie a questa legge?”.

Le uniche due consigliere, intende?

“Non solo loro. Ci sono anche le dirigenti, eccetera. Tutte a dire che vogliono entrare per merito, non grazie alle quote”.

Ma chissà com’è, questo merito una donna non c’è l’ha mai. Tutte quelle ragazze che si laureano di più e meglio dei ragazzi. Eppure una meritevole non si trova.

 “Senta, io sono anche presidente del consiglio comunale a Cassano delle Murge, e ho contribuito attivamente all’elezione di una donna sindaco. Senza quote”.

 Quote consuetudinarie e non scritte riservano agli uomini quasi il 100 per cento dei posti. Ma  il 50/50 non va bene.

 “Guardi che per le donne andrebbe peggio che con la legge attuale. Che in teoria consentirebbe l’elezione di 2/3 di donne. Ben più della metà”.

Mi sta prendendo in giro?

 “Ma no… Lo faremo, questo 50/50. Fra un po’ dovremo discutere della legge elettorale e vedrà che lo faremo passare”.

Pena la decadenza della lista, magari. Altrimenti continuerete a cavarvela con le multe…

“Il problema per me non è tanto il 50/50. Il problema è la doppia preferenza di genere. A quella resto contrario”.

E perché?

 “Sarebbe un rischio grosso per la democrazia”.

Nientemeno!

E’ sufficiente che 5 coppie facciano squadra e possono far saltare la maggioranza”.

Ma mica sono sposati!

Mi creda, sarebbe un pericolo. Lei s’intende di politica?”.

Al suo buon cuore…

 “No, non credo. Si fidi: sarebbe molto, molto pericoloso”.

 

 

Donne e Uomini, Politica Novembre 28, 2012

Politici pugliesi, vili e machi

Puglia, manifestazione per il 50/50

Dunque l’hanno rifatto. In Puglia esattamente come in Sicilia un anno e mezzo fa (vedi quiqui).

Chiamato a votare sulla legge di iniziativa popolare sul 50/50 nelle liste elettorali e sulla doppia preferenza di genere (30 mila firme di donne e uomini faticosamente raccolte), il Consiglio Regionale pugliese ha respinto con voto segreto, non tenendo in alcun conto la volontà delle cittadine e dei cittadini.

Voto segreto richiesto da 7 consiglieri dell’opposizione, misogini palesi (segnarsi i nomi: Zullo, Gatta, Camporeale, Sala, Marti, Boccardi).

I cecchini (trasversali) hanno sparato nell’ombra. Determinanti anche le assenze nella maggioranza di Fabiano Amati, Lorenzo Nicastro e di Arcangelo Sannicandro.

Il Consiglio Regionale pugliese è quasi interamente monosex. Durante il dibattito, riferiscono le amiche del Comitato Promotore 50/50, si sono ascoltate affermazioni di questo genere:

“La politica e’ una cosa solo per uomini”.

“Come farebbe una donna di Santa Maria di Leuca a guidare fino a Bari per partecipare ai lavori del Consiglio Regionale?”.

“Ci sono già donne dappertutto: basta andare negli ospedali, nelle scuole, nei tribunali”.

“Bisogna rispettare la nostra sensibilità di fronte alle forme di coercizione delle masse urlanti” (Gatta del PDL).

“Devono esserci condizioni reali per favorire la presenza delle nostre donne in consiglio e in politica” (Negro-UDC).

“Una cosa del genere non fa parte della democrazia compiuta” ( Mazza – IDV ).

 

Grazie a gente come questa, l’Italia si piazza all’80 esimo posto del Global Gender Gap Report, con tendenza alla discesa.

 

Ecco i consiglieri che hanno chiesto il voto segreto:

Zullo Antonino (Cassano Murge – BA) (PDL) eletto con la lista Puglia prima di tutto. Medico dirigente del distretto socio sanitario di base dell’Azienda Asl/Ba.
zullo.ignazio@consiglio.puglia.it

Gatta Giacomo Diego (Manfredonia – FG) (PDL) Già Presidente del Parco Nazionale del Gargano. Docente in materia ambientale e del territorio dell’Università degli Studi di Foggia. Nel 2009 nominato componente del consiglio direttivo nazionale di Fedeparchi.
gatta.giacomo@consiglio.regione.puglia.it

Camporeale Antonino (Molfetta – BA) (PDL) Componente del coordinamento regionale del PDL.
campo reale.antonino@consiglio.puglia.it

Sala Arnaldo (Taranto) (PDL). Vice coordinatore provinciale del PDL.
sala.arnaldo@consiglio.puglia.it

Marti Roberto (Lecce) (PDL) Già assessore alla pubblica istruzione, ai servizi sociali e politiche abitative del Comune di Lecce. Consigliere comunale a Lecce con la carica di assessore all’urbanistica.
marti.roberto@consiglio.puglia.it

Boccardi Michele (Turi – BA) (PDL) Consigliere comunale e capogruppo del PDL al Comune di Turi. Componente del coordinamento provinciale del PDL.
boccardi.michele@consiglio.puglia.it

Donne e Uomini, Politica Settembre 5, 2012

Desaparecide

Il manifesto dell’incontro di Paestum, disegnato da Pat Carra

Di nuovo sparite dalla scena politica.

Di tanto in tanto spunta Bindi, o dal’altra parte Santanché. Per il resto, deserto. Il dibattito sulla legge elettorale è un simpatico fra-uomini. Le primarie del csx sono un affare maschile, nessuna che abbia anche solo minacciato di buttarsi nell’agone, ma la vera notizia è che questo non pare costituire un problema per alcuna.

Fra qualche mese vedremo le liste: un po’ di donne dovranno pur mettercele, se non altro per ragioni cosmetiche. Qualche trattativa personale sarà già in corso. Soprattutto nel centrodestra, che ha il problema di riqualificare il parco-donne (operazione: far dimenticare Minetti). Carine, magari sì, ma stavolta con robusto curriculum. A sinistra, secondo il buzz sulle intenzioni, oltre alle riconferme, qualche interna che fa carriera, più qualche innesto glam, nel senso di donne riconoscibili dalle elettrici. Del famoso 50/50 al momento non si parla, Renzi promette una vicepremier, Grillo della questione non si cura, forse maggiori prospettive da un’eventuale lista dei sindaci arancione, che il 50/50 l’hanno già praticato più o meno tutti.

Quanto a Se Non Ora Quando, dopo la vicenda del Cda Rai (bruttarella), “dentro Tobagi, fuori Zanardo”, come ha scritto Lidia Ravera, siamo ancora in pausa estiva. Ma i lavori sul tema della rappresentanza, avviati in pompa magna a Milano, Palazzo Reale, si sono decisamente arenati. Un certo sfarinamento nei territori, la forza propulsiva del 13 febbraio che appare affievolita. Quasi certamente nessun protagonismo politico diretto (proprie liste, proprie candidate alle primarie): ancora non è chiaro in che modo Snoq intenda prendere parte alla costruzione della prossima legislatura.

Intanto si scaldano i motori per il convegno di Paestum “Primum Vivere anche nella crisi: La rivoluzione necessaria. La sfida femminista nel cuore della politica” (5-6-7 ottobre). Il tema dell‘efficacia decisamente al centro.

Donne e Uomini, Politica Luglio 19, 2012

Caro Rutelli -dillo anche agli altri-: siamo la maggioranza, e non vi voteremo

Cari Senatori che ieri nel corso di una tempestosa discussione sulla riforma costituzionale avete respinto l’emendamento presentato da Italia dei Valori -50/50, donne e uomini, per i seggi in Senato– sappiate che le donne sono la maggioranza in questo Paese, e coerentemente con quanto promesso da tempo, alle prossime elezioni non vi voteremo e faremo campagna contro di voi.

Non voteremo più per quei partiti che non assumeranno come un problema l’eccesso maschile nelle istituzioni rappresentative.

Contro le quote al Senato ieri hanno votato (annotare sul libro nero):

Pdl, Lega, Udc e Coesione nazionale-Grande Sud.
Francesco Rutelli di Api, Giuseppe Valditara di Fli
i radicali Marco Perduca (qui il suo incredibile intervento, dove spiega, in sostanza, che allora esistono anche i trans) e Donatella Poretti.

Le motivazioni, non raccontiamoci balle, quale “incostituzionalità”, sono: 1.tenersi le mani libere  2. non trovarsi costretti a dover rinunciare a posti, nemmeno a uno, per cederli alle donne.

C’è chi vorrebbe liste elettorali monosex, composte da soli uomini, per onorare un patto fra uomini per escludere le donne. Questa è la verità: un patto tra maschi per escludere le donne“, ha commentato Vittoria Franco del Pd.

La democrazia è nata proprio così: un patto tra uomini per escludere le donne (Habermas). L’esclusione delle donne non è stato uno spiacevole incidente, ma esattamente quello che si voleva ottenere.

Non può più funzionare.

p.s.: I giornali oggi sostanzialmente ignorano la notizia

p.p.s.:  Se Non Ora Quando dovrebbe fare un chiasso del diavolo su questo, ma al momento silenzio

Donne e Uomini, Politica Giugno 9, 2012

Una candidata di Snoq alle primarie

Accertato che vi saranno primarie per l’individuazione del candidato premier del centrosinistra, e in attesa di una migliore definizione delle intenzioni del centrodestra, forse è venuto il momento che Se non ora quando ripensi al 13 febbraio, la più grande manifestazione di popolo dal dopoguerra, convocata e guidata dalle donne, e festeggi il quasi-secondo anniversario con l’indicazione di candidate alle primarie.

E’ questo che il popolo del 13 febbraio, donne e uomini, si aspetta: che si tirino somme politiche, che si colga ogni occasione per portare la differenza femminile e il doppio sguardo al governo del Paese. Sarebbe strano il contrario: che Se non ora quando si sottraesse a questa sfida, eventualmente trasversale e bipartisan: per portare il maggior numero di donne possibile nel maggior numero di schieramenti possibili. Se è vero che la maggioranza di questo movimento fa riferimento al centrosinistra, vi sono anche molte donne -e uomini- di centro e centrodestra che condividono l’obiettivo del 50/50.

E’ bastato che Pierluigi Bersani -gli va dato atto di grande coraggio e di una ferma volontà politica- dichiarasse prossime primarie aperte perché una serie di semi-Carneadi (tutti maschi) manifestassero la loro intenzione di parteciparvi. Non è pensabile che la partita si giochi tra soli uomini. Ma non è nemmeno pensabile che quelle poche donne -eventualmente quell’unica donna- siano solo espressione dei partiti.

Le amiche che hanno organizzato il 13 febbraio, giornata che la Storia indicherà come data di nascita della Terza Repubblica,  si sono assunte una grandissima responsabilità politica, che va condotta con determinazione fino in fondo.

Le primarie sono un passaggio imprescindibile, e il momento per parlarne è adesso.

p.s. Io un paio di nomi li ho in mente

 

Donne e Uomini, femminicidio, Politica Giugno 8, 2012

Aborto: l’agenda delle donne la dettano gli uomini

E rieccoci qui a parlare d’aborto.

L’appuntamento è per il 20 giugno. La Corte Costituzionale dovrà decidere se la legge 194 è anticostituzionale. La questione è stata sollevata da un giudice di Spoleto che ha negato l’interruzione di gravidanza a una minorenne, riferendosi a una sentenza europea del 2011 che dichiarava l’inviolabilità dell’embrione umano (sentenza che però si riferiva alla ricerca scientifica).

Secondo l’amica Marilisa D’Amico, costituzionalista, sono ottime probabilità che la consulta giudichi inammissibile il quesito (la ragazza ha avuto il permesso dei genitori e ha già abortito). E un conto è la ricerca, un altro l’interruzione di gravidanza. Ma se capitasse invece che la Corte decidesse di esaminare la questione, non c’è dubbio: le donne di questo Paese dovrebbero tornare a mobilitarsi in favore della legge 194, già sostanzialmente inapplicata e disattesa causa massiccia obiezione di coscienza.

Nessun dubbio anche sul fatto che di fronte al numero impressionante di femminicidi (siamo sulla settantina di casi in poco più di 5 mesi) e alla pervasività della violenza maschile, non è possibile sottrarsi alla stramobilitazione e all’impegno su questo fronte.

Ma ritrovarsi oggi a dover parlare di violenza e di aborto, che io oggi sia qui a scrivere di questo, come ieri ho scritto di violenza, è già una sconfitta, e va letta come tale.

Viviamo un  momento cruciale e potenzialmente “rivoluzionario” per la nostra democrazia. Che le donne, già vessate, indebolite e infiacchite dalla riforma del lavoro e delle pensioni e dall’assoluta mancanza di welfare debbano spendere le poche residue energie per difendere i minimi vitali (non morire d’aborto, non morire per mano di un uomo), sottraendone alla battaglia per la partecipazione al governo del Paese, fa gran comodo alla politica misogina.

Gli uomini ci stanno dettando l’agenda politica.

Corriamo grandi rischi. Se dopo aver proclamato l’obiettivo del 50/50 dovessimo portare a casa solo modesti risultati, com’è molto probabile in assenza di una forte e immediata iniziativa, il backlash, il contrattacco, potrebbe essere davvero terribile, con un attacco concentrico sul piano dei diritti.

Solo potendo contribuire a decidere le agende politiche porteremo a casa veri risultati sulle questioni che ci interessano: lavoro, welfare e anche violenza e aborto. Per questo dico che dobbiamo rimanere ben concentrate sul tema della rappresentanza.

Stanno facendo di tutto per distrarci. E ci stanno riuscendo

Donne e Uomini, Politica Aprile 15, 2012

50/50, ok. Ma quali donne? E scelte da chi?

ieri a Milano, Palazzo Reale, seminario Snoq sulla rappresentanza politica

“Faccio la domanda che è LA DOMANDA: QUALI DONNE CI RAPPRESENTERANNO? Verranno scelte democraticamente con una votazione? Verrannno presentate delle donne papabili ai partiti? Quali donne? O ci si adeguerà  alla miseria del porcellum anche all’interno di SNOQ”: scrive Lorella Zanardo nel suo ultimo post, e mi interpella.

Provo a dire come la vedo io, per sommi capi (ci sarebbe molto di più da dire, ma tempo al tempo).

Cara Lorella, il tema che tu poni è molto complesso, ed è reso complesso anche dal fatto che è tabù. Molti dei nervosismi in Snoq mi pare derivino da questo, dal fatto che, stringi stringi, c’è il tema delle candidature, e di come e da chi saranno gestite.
Da liberale e riformista radicale, io penso che le candidature debbano essere libere, e che nessun* debba pensare di controllarle, né i partiti -che lo fanno: a quanto pare ci terremo il Porcellum, ovvero niente preferenze, a meno di primarie sulle candidature- né le associazioni -alcune delle quali vorrebbero farlo, al posto dei partiti-.
Penso a cento fiori, ovvero alla massima libertà di candidarsi in partiti o liste, o anche di comporre liste. A occhio, mi pare molto più verosimile che le donne trovino spazio nelle formazioni civiche che nei partiti, i quali tendono all’assoluta autoconservazione (specie se diminuirà il numero dei parlamentari). E allora potrebbe capitarci di vedere partiti di quasi soli uomini (parlo degli eletti) e liste civiche più miste.

Tuttavia, come ti ho già detto di persona, serve grande cautela e grande realismo nel valutare le effettive opportunità: conosciamo l’astensionismo femminile, oggi aggravato da una grande nausea, sappiamo che una campagna elettorale costa parecchio, e che il rischio di non superare gli sbarramenti con liste civiche proprie è molto forte.
Ma cautela e realismo possono poco sul desiderio. E allora si tratta di valutare la forza di questo desiderio.

Quanto a Snoq, io credo questo: che debba lavorare su più piani.

1. Trattare duramente con i partiti e con gli amministratori delle liste civiche, esigendo risposte chiare e A BREVE, e valutare la presentazione di liste civiche in proprio o compartecipate laddove sia reso necessario dalla chiusura alle donne di partiti e liste.
Queste eventuali liste in proprio o compartecipate dovrebbero essere di donne e di uomini, e intendo uomini capaci di tenersi un passo indietro, di essere lì a fare quello che le donne si sono prestate a fare per lunghi anni, stare in lista non per essere personalmente eletti, ma per sostenere un progetto di equità in cui credono.

2. L’altra cosa che Snoq potrebbe fare è selezionare e indicare in tutte le liste con un marchio “doc” -mi scuso, è orribile, ma è per capirci- tra le tante -speriamo- , quelle candidate che per storia nota e consolidata sono lì anche in forza di un patto di genere, e che intendono tenersi in relazione stretta con le altre, dentro e soprattutto fuori dalle istituzioni rappresentative, praticando il doppio sguardo: che poi significa non solo essere lì in forza della propria differenza, ma portare in quella politica il cambiamento necessario, tutta la forza e l’efficacia della nostra politica prima.
Sai che ci sono molte femministe -e perfino femministi- last minute, che con buon intuito sono balzat* sul carro: quale migliore dimostrazione del fatto che in questa battaglia dobbiamo credere?

3. Snoq potrebbe anche sostenere il desiderio di queste candidate “doc”, facendosi mediatrice di un sostegno anche economico da parte di eventuali trust e cartelli di donne e uomini con buona disponibilità economica-. Di più: potrebbe suscitare e autorizzare il desiderio in quelle più capaci e portate a questo compito, ma poco assertive.

Al momento, cara Lorella, io la vedo così. Ovviamente questo è il mio punto di vista, non quello di Snoq. Ma si deve continuare a ragionare.
E poi rileggiamo le madri di tutte noi, a cominciare da Arendt e Weil, che ci fa bene. ciao

Donne e Uomini, Politica Aprile 3, 2012

Il 50/50 non basta

luisa muraro (foto armando rotoletti)

La filosofa Luisa Muraro collabora con Metro, free press che vediamo nelle mani di tutti sul metrò o in tram. E fa bene, perché così raggiunge con pensieri complessi e in una lingua piana un pubblico che diversamente non vi avrebbe accesso. Nel suo corsivo del 28 marzo scrive:

Non m’interessa che si faccia una politica in favore delle donne. Quello che invece m’interessa, è che le donne che entrano in politica, sappiano farsi valere con tutta la loro esperienza e competenza. Perché lo dico? Perché troppe di loro, man mano che fanno carriera, rinunciano invece al nome di donna e si presentano come dei neutri. Mi riferisco a quelle che, parlando ai giornalisti, dicono: chiamatemi ministro, sindaco, segretario, professore… La trovo una cosa scandalosa e incomprensibile, tanto più che negli altri paesi europei non lo fanno. Angela Merkel era deputata ed è diventata cancelliera della Germania. Ma guardiamo anche da noi: la donna che lavora in fabbrica si chiama operaia; quella che lavora in campagna, contadina; quella che vende, commessa. È giusto, lo vuole la lingua che parliamo, lo insegnano i vocabolari. Nei vecchi vocabolari non troviamo il femminile di sindaco, di ministro, di deputato, ma solo perché erano vocabolari di una civiltà patriarcale che escludeva le donne dalla vita pubblica. Questo non succede più. Da qui viene per me lo scandalo: se quelle che entrano nei posti di comando vogliono chiamarsi al maschile, che messaggio danno? Che il femminile è buono per sgobbare ma non per dirigere? Buono per la scuola elementare ma non per l’università?
Che una donna ammiri un uomo, ammesso che abbia qualche merito, non ci sono obiezioni, l’ammirazione è un sentimento libero. Ma che lo prenda come una misura per sé, in generale, questa o è soggezione o trasformismo. E ha degli effetti deteriori, perché in un posto di responsabilità, grande o piccola, bisogna portare non solo le conoscenze ma anche le esperienze, non solo un titolo di studio ma anche il proprio essere”.

Aggiungo io: siamo precisamente a questo punto. Fioriscono un po’ ovunque esperienze 50/50: Milano, Bologna, Cagliari, Torino, e ora si prepara anche Genova. Ma la cosa più difficile è questa: una volta che si è lì, una volta che le pari opportunità sono state ottenute, si tratta di portare lì tutta la propria differenza, tutto “il proprio essere”, altrimenti che lì ci siano anche donne e non solo uomini servirà a ben poco.

E come si fa? Questo è il difficile.

Donne e Uomini, Politica Marzo 17, 2012

Se non ora quando, le elezioni, i partiti

Incontro di tutti i comitati locali Se non ora quando, domani a Roma, Casa delle donne. Per individuare il modo migliore di coordinarsi efficacemente in quest’anno cruciale per la nostra democrazia rappresentativa.

I movimenti delle donne hanno sempre fatto fatica con dispositivi come quello della delega. Non basterà una giornata di dibattito per venirne fuori. Ma si potrà pur sempre trovare una soluzione interna provvisoria, delineando una struttura “a tempo” che consenta a Snoq di non distrarre energie dall’obiettivo prioritario: portare il maggior numero possibile di donne nelle istituzioni rappresentative nel 2013, puntando dritto al 50/50.

E tenendo ben presente che questo sarebbe solo il primo passo. Che il lavoro da fare è ben altro. Che portare la differenza femminile nello spazio pubblico, sfuggendo all’omologazione, significa ingaggiare un corpo a corpo quotidiano con “quella” politica scaduta e scadente, per cambiarne modi, tempi, linguaggio, agende e priorità. E si dovrà essere in molte per fare questo, strette in un patto di genere.

In che cosa consiste questo patto, che tiene insieme le molte differenze e trasversalità politiche? A me pare che cammini su due gambe:

1. portare nella politica e nello spazio pubblico la lingua femminile, quella che parliamo da sempre nel “privato” in cui siamo state chiuse per millenni. Cambiare il linguaggio della politica vuole dire cambiare forme, modi e tempi della politica: una forte presenza femminile nelle istituzioni fa cambiare la democrazia. Si va lì anche per disfare.

2. “primum vivere”: riportare al primo posto nelle agende della politica ciò che è primo, la vita, i bisogni, i desideri, le relazioni, la salute in senso lato, e rimettere al secondo posto le cose che oggi usurpano il primo posto: la finanza, il consumismo, la “necroeconomia”, la falsa crescita, eccetera.

Su queste due gambe dovremmo poter camminare tutte insieme.

Penso che si debba tenere conto anche di un altro fatto: oggi la fiducia nei partiti -tutti- è al 4 per cento, cioè tendente a zero. Ma in molti comitati locali di Se non ora quando la presenza di donne dei partiti, in particolare dei partiti di centrosinistra, e dei sindacati è molto forte. Cioè: il movimento è fatto prevalentemente da donne che non appartengono a partiti o sindacati, ma in un buon numero di comitati operativi locali sono le donne di partiti e sindacati a essere più attive. Un’anomalia che pone il problema della cosiddetta “doppia fedeltà”: fare la politica delle donne, ma doverne rendere in qualche modo conto alla politica degli uomini.

La storia ci insegna che questa doppia fedeltà si è quasi sempre risolta in un’infedeltà al proprio genere. Che tra le due fedeltà, quella all’organizzazione maschile di appartenenza ha sempre vinto. Ma in questo modo le donne -tutte, anche quelle che fanno parte di queste organizzazioni- hanno sempre perso. Il che dovrebbe fare riflettere le donne dei partiti e dei sindacati, e convincerle dell’inevitabilità di un conflitto con le loro organizzazioni, che oggi stanno al punto zero della fiducia.

Per concludere: iniziative come la Lettera ai partiti per ottenere un’equa rappresentanza sono passaggi importanti e in qualche modo inevitabili, ma si dovrà comunque tenere conto dell’estrema debolezza di questi interlocutori -i partiti- e della probabile moltiplicazione di alternative civiche alle prossime elezioni politiche: liste civiche vere, e anche liste “civetta” controllate dai partiti. Come intende muoversi Snoq, in questo scenario possibile? Come intende articolare la propria presenza?

Una possibilità sarebbe, oltre alla pressione forte per il 50/50 e il proprio sostegno unicamente a quelle forze che lo garantiranno -a livello di incarichi, e non solo di candidature-, l’indicazione a votare nelle varie liste quelle candidate la cui storia -e non solo una promessa dell’ultim’ora- garantisca un impegno forte al patto di genere di cui dicevamo.

L’altra possibilità sarebbe quella, più complessa, di liste civiche proprie, o di una compartecipazione a liste civiche.

Infine: la legge elettorale. Una delle prime questioni da affrontare sarà questa, evitando di delegarla ai partiti che non hanno alcuna intenzione di rinunciare all’esercizio del controllo consentito dal Porcellum, e indicando i meccanismi più favorevoli ad aumentare la partecipazione e l’elezione delle donne (es: doppia preferenza di genere?)

Infine-infine: il donna-vota-donna. Sappiamo benissimo che non ha mai funzionato. Si tratterà quindi di riflettere molto attentamente e di non lasciarsi ingannare da trompe-l’oeil consolatori come questo, adottando il maggiore realismo possibile. Anche se oggi, per la prima volta, potrebbe funzionare, chissà…
IMPORTANTE P.S.: esiste un oggettivo conflitto di interesse tra Snoq e i partiti. I partiti non hanno alcun interesse a candidare molte donne, Snoq dichiara invece questo obiettivo. Difficile tenerli insieme. Le donne dei partiti e le donne che non stanno nei partiti devono tenerlo molto ben presente. E lottare insieme, dentro e  fuori, per vincere insieme la loro battaglia.