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violenza

Archivio Agosto 25, 2008

SCUSATE

Scusate se mi intrometto.

Intanto, sulla “separatezza” della discussione: io credo che siano necessari dei momenti di raccoglimento con il proprio sesso, sia per gli uomini sia per le donne, momenti di rigenerazione e riconnessione -io li chiamerei anche pratica della propria differenza- in cui rimettere al mondo il mondo, per come lo si vede con sguardo bisessuato.

Sulle cose che dite, invece, e che seguo con attenzione e rispetto: mi pare che la maggiore violenza imputata alle donne sia quella dell’abbandono. Esiste anche l’abbandono maschile, ma è sempre stato considerato in qualche misura naturale, come si vede dall’istituto del ripudio unilaterale. Mentre l’abbandono femminile, oggi consentito dalla legge, è intimamente inaccettato  da molti uomini. I tempi della nostra psiche sono molto più lenti di quelli della legge,  nel nostro inconscio passeggiano i dinosauri, diceva Freud. Un uomo va è viene, è nella sua natura, mentre la donna, come una casa, sta lì ferma, con la porta sempre aperta, pronta ad accogliere. Quella della simmetria è un’ideologia pericolosa, perchè non ci fa vedere la realtà delle nostre vite vere.

Pare che la ragione principale della violenza maschile corrente -meglio non perdere tempo a negarne l’esistenza- sia la sensazione di essere “tagliati fuori” dalle donne, da una forza femminile che ricorda l’insostenibilità dell’onnipotenza materna e l’inermità del piccolo bisognoso -e anche capace di odio, per quanto incapace di esercitarlo-.

Ancora una cosa: sul fatto che, per dirla alla buona, tante donne sembrano preferire il “bastardo” a quello che invece le supporta e le comprende. Casi estremi di masochismo a parte (ci sono anche quelli) forse è anche perché una donna  va in cerca di un’alterità radicale, di qualcuno che le opponga una irriducibile differenza (il famoso vero uomo). E nella sofferenza che patisce le pare di intravedere una prova di questa differenza. Può esserci anche questo.

Spero che il dibattito fra voi continui liberamente, e che quello che ho scritto qui possa tornarvi utile. Intanto io vado avanti con altro.

Archivio Agosto 18, 2008

VORREI

Vorrei che continuasse qui il dibattito tra uomini sulla violenza maschile. Consentendo a me e alle altre donne che leggono di “origliare” in silenzio, senza intromissioni. E di capire.

Archivio Agosto 14, 2008

MI PIACEREBBE

Mi piacerebbe che gli uomini che intervengono in questo blog per parlare di violenza maschile e di volontà di dominio, più o meno frustrata dalle donne, lo facessero parlando a partire da sé. Non teorizzando, cioè, ma riconoscendo in se stessi tracce di questo impulso, o di questa costruzione simbolica, e spiegando come loro ci fanno i conti. Anche quelli, e saranno molti, che non esercitano la violenza e si sentono immuni dalla tentazione del dominio. Avranno pure un collega, un amico, un parente violento e dominatore: Ecco: come fanno i conti con lui? Come vivono questa vicinanza?

Archivio Agosto 13, 2008

ORA DICO LA MIA

Ho riportato quel brano dalle “Confessioni” -in cui mi sono imbattuta per puro caso- per la semplice ragione che, pur essendo passato dal tempo di quei fatti oltre un millennio e mezzo, vi si racconta qualcosa che ci è molto familiare. La freschezza di quella narrazione non è solo nel limpido stile di Agostino, ma anche nella sostanza dei fatti: uomini traditori, irascibili e violenti, donne pazienti o riottose ma comunque costrette a subire, una dinamica tra i sessi a cui il tempo ha apportato solo modesti correttivi.

Perché è vero, oggi il tradimento è “consentito” anche alle donne,  e il marito violento può essere denunciato e lasciato. Ma resta il mistero, per me insondabile, del dominio come spina dorsale dell’essere uomo, questa ira funesta raccontata come naturale e nell’ordine delle cose, questo subire femminile come condizione ineliminabile, e Agostino che narra senza un solo cenno di disapprovazione o di sconcerto, da uomo del suo tempo. Ma prima di quel tempo c’era pure stato Gesù, molto tenero con le donne, pronto a perdonare la peccatrice, a fermare le pietre sull’adultera, e ad amare e rispettare sua madre. Oggi che il patriarcato è crollato, questa tentazione di dominio resta ancora viva nel fondo del cuore di molti uomini, che sembrano non sapere che cosa sia essere uomo se e quando non lo possono esercitare. Perché, mi chiedo, questa intima e radicata necessità? Era su questo che mi aspettavo il contributo degli uomini che hanno scritto.

Quanto invece alla forza, alla pazienza e alla capacità di mediazione della madre di Agostino, non posso che apprezzarla e ammirarla e prenderla a modello: non che accettasse e subisse, intendo, quanto piuttosto il fatto che, date le condizioni dei rapporti tra i sessi, sapesse comunque trovare intelligentemente la via migliore per minimizzare il danno, per sè e per tutti. Talento femminile che oggi scarseggia, e di cui avremmo tutti, come di tante altre qualità femminili, un grande bisogno.

Archivio Agosto 6, 2008

LA MAMMA DI SANT’AGOSTINO

Leggete e commentate liberamente il seguente brano:

“Allevata così nella pudicizia e nella temperanza… quando ebbe raggiunta l’età conveniente andò a marito, e lo servì come un padrone, studiandosi di guadagnarlo a te (Dio, ndr)… ne tollerò le infedeltà tanto di non farne mai motivo di litigio, ma attendeva la tua misericordia su lui…

In realtà egli era molto affettuoso, ma anche molto irascibile. Ella però aveva imparato a non opporsi alle sue sfuriate né con i fatti né con le parole: quando poi, sbollita la collera, lo vedeva quieto e ben disposto, gli spiegava i motivi della sua condotta, se le pareva che egli si fosse adirato troppo a torto.

Molte altre mogli, dai mariti meno furiosi, portavano sulla faccia sfigurata i segni delle percosse; parlando con le amiche, esse inveivano contro la condotta dei mariti, ed ella contro la loro lingua… E poiché esse, ben sapendo quale marito violento dovesse sopportare, si maravigliavano che non si era mai sentito né constatato che Patrizio (il marito, ndr) avesse battuto la moglie o che vi fosse stata un solo giorno domestica discussione tra loro e, in via di amicizia, gliene domandavano come fosse possibile, ella esponeva loro il suo metodo, quello che ho sopra ricordato.

Quelle che ne facevano la prova, dopo l’esperimento ne la ringraziavano; quelle che non volevano farla, continuavano a essere schiave e malmenate”.

da Sant’Agostino, “Le confessioni”.

Archivio Giugno 30, 2008

ACTING OUT

Ero in macchina a Milano, verso le sette di ieri sera. Una roba tecktonik sul cd. Mi piaceva, la tenevo un po’ altina. Un tale mi si affianca a un semaforo, facendo rombare il motore. Intravedo con la coda dell’occhio destro che fa dei cenni, cerca di attirare la mia attenzione. Io non mi volto -le donne mi capiranno-. Ma lui insiste, si sporge verso di me. Abbasso la musica, lo guardo. E’ un tipo sui trentacinque-quaranta, con la faccia inferocita. “Deve abbassare quella musica. Lo sa che sta commettendo un’infrazione?”. “Grazie per avermelo fatto notare” gli rispondo gentilmente. Lui fa un balzello in avanti, la mia cortesia eleva il livello della sua rabbia. “Tu lo sai con quella musica alta non senti le sirene? Lo sai?”. Scatta il verde, per fortuna. Non credo che sarei stata ugualmente cortese, adesso. A mio rischio.

Più tardi, verso le 11, dopo uno spettacolare nubifragio, porto il mio vecchio cane a pascolare nel parco. C’è una ragazza, poco più di una bambina, con un grosso e nerboruto meticcio, magnifico, il pelo lustro, i denti bianchissimi. Stazionano intorno a una macchina con altri quattro ragazzi dentro. Il suo cane è senza guinzaglio. Lei gli corre dietro, cerca di acchiapparlo. Ci riesce all’ultimo. Chiunque si intenda un poco di psicologia canina sa che se metti il guinzaglio a un cane già all’erta, quello attacca di sicuro. E sa che quando due cani al guinzaglio stanno regolando aggressivamente i loro conti, a volte è meglio mollarli, per contenere la furia. Per farla breve, io mollo il mio povero vecchietto, mentre il giovane cane legato diventa una furia. Allora riprendo il mio, e cerco di trascinarlo lontano. La bambina ha la bava alla bocca: “Che cazzo fai? Perchè non l’hai tenuto?”. Vi risparmio il dialogo successivo: credetemi sulla parola, la piccola ha dato i numeri. I ragazzotti suoi amici si mostravano pronti a intervenire.

Forse non era esattamente la mia giornata, ma  di sicuro c’è molta aggressività in giro, soprattutto quando se ci sono automobili di mezzo. Lo verifico personalmente ogni giorno, capiterà di sicuro anche a voi. I delitti si possono censire, misurare l’aggressività è molto difficile. Si può dire che l’aggressività sempre più spesso viene agita. Violenti acting out, che la dicono lunga su come stiamo. Si possono fare delle ipotesi sul perchè. Più difficile capire come se ne esce. C’è poco da fare Expo, se stiamo così.

Archivio Giugno 25, 2008

IL PROBLEMA DEGLI UOMINI

“Se c’è un tema che ritorna in tutti i miei libri è la questione dell’identità maschile. Di questi tempi il soggetto interessante non è più la donna ma il maschio. E il problema dell’uomo è la violenza. Anche le donne possono rivelarsi violente, ma la storia dimostra che all’origine di tutti i nostri mali non ci sono certo loro”: così lo scrittore inglese Martin Amis (“L’informazione”, eccetera), intervistato da Le Nouvel Observateur.

Il problema dell’uomo è la violenza. E capire, aggiungo io, che cosa ne è di un uomo se si estirpa quel nucleo doloroso. Questo è il pensiero che oggi i maschi hanno da pensare, e nei loro modi, che probabilmente non sono quelli -il parlarsi autocosciente- delle donne.

Direi anche questo, sugli uomini e le donne di oggi: che le donne hanno la forza, e talora anche l’arroganza, di desideri forti, precisi, trainanti, e gli uomini non più. Gli uomini girano a vuoto, tra rabbia e smarrimento, e questo li rende molto umani. In “American Beauty”, film magnifico e profetico, io mi sentivo dalla parte di lui.

Archivio Maggio 29, 2008

UN ACTING OUT

Domenica di elezioni, una primavera angosciosamente fredda. Sul tergicristallo della mia auto trovo un bigliettino scritto in pennarello blu: “Mi hai rovinato la macchina. Abbi la cortesia di chiamarmi. Che poi oltretutto hai devastato la tua!! Complimenti!! Mirko”. Segue numero di telefono. Penso a uno scherzo, o all’acting out di un esaurito. Alle otto di sera suona il citofono. Mi affaccio alla finestra. Un ragazzotto un po’ sovrappeso e una ragazza dall’aria scarmigliata. “Sei tu la proprietaria della macchina! Ti rendi conto di quello che hai fatto?”. Lei è una furia, gli fa da coro, mi ricopre di insulti. Ci metto un po’ a realizzare. Ah sì: “Lei è quello dei bigliettini”. “Sì che sono io. Perché non hai telefonato?”. Lei continua a strillare. La domenica l’hanno passata così, un’inchiesta per scoprire chi era il fottuto proprietario della macchina assassina. “Lei vaneggia” gli dico. “Io non ho danneggiato nessuna macchina”. “Allora vado dai carabinieri” (lei: “Str.., p…”). “Ho le foto!” . Le foto?
Mi rendo conto del fatto che se fossi lì, alla loro portata, mi riempirebbero di botte. Non c’è margine per farli ragionare. Io non ho urtato nessuna macchina, ma loro hanno passato il pomeriggio a darmi la caccia, e niente gli farà cambiare idea. Chiudo la finestra. Sento gli urli dalla strada.
Potrei diventare la protagonista di un caso di cronaca: “Urta la macchina del vicino, e lui la uccide”. Infamata, oltretutto, perché io non ho urtato un bel niente. La violenza che mi ha investito mi resta dentro e non so come liberarmene. Faccio qualche respiro profondo. Tento la strada della compassione per i miei aggressori. Sono giovani, avranno fatto fatica a comprarsi quella dannata macchina. Ma io sono innocente come l’acqua.
Sembra uno di quei racconti neri di Raymond Carver. Una di quelle storie in cui il vicino ti perseguita per trent’anni solo perché un giorno, inavvertitamente, i tuoi panni hanno sgocciolato sui suoi.
Sono triste e desolata. C’è un sacco di disperazione in giro, che aspetta solo l’occasione per travasarsi. Io posso scrivere, almeno, per purificarmi. Ma loro?
(pubblicato su “Io donna”-“Corriere della Sera”)