(NELLA FOTO SOPRA, GLI OCCHI DI GRETA)
La scorsa settimana Greta M., 16 anni, si è buttata sotto il metrò di Milano, fermata Primaticcio. Ricoverata all’ospedale Fatebenefratelli, le è stata amputata una mano ed è finita in coma. La sua mamma, Elisabetta, mi ha scritto:
“Per ragioni che se hai voglia e tempo ti spiegherò sento questa istintiva necessità di parlare con te. Sei una donna, una mamma, una giornalista e ti sento un po’ vicina tutte le settimane attraverso i tuoi articoli… In questo momento sono solo una mamma addolorata e gridare al mondo il nome di mia figlia stranamente mi placa. Sapere che persone intelligenti e sensibili come te la pensano con affetto e tenerezza mi è di conforto, anche se non la conosci. Greta ha smosso un’onda di affetto, preghiera e interesse che va oltre a quanto avrei mai potuto immaginare. E questo dice molto di lei e della bellezza della sua anima. La mia speranza è che tutta questa energia le arrivi e la sostenga in questo momento così drammatico della sua vita. Andando oltre invece, la storia di Greta solleva molti temi: la sofferenza degli adolescenti, la loro fragilità, la sicurezza nelle metropolitane, il suicidio, il coma, i suoi esiti e il recupero. Dov’è in questo momento la coscienza di Greta. Il gruppo Amico Charlie, il loro centro, il loro meraviglioso lavoro”.
Poi stamattina Elisabetta mi ha scritto questo, dandomi una grande gioia in questa bella giornata di sole: “Gentile Marina, meravigliose notizie: Greta si è svegliata, tra l’incredulità dei medici che mi parlavano di un possibile non-risveglio, o di coma profondo per mesi e mesi… Greta ha aperto gli occhi, mi riconosce, capisce tutto, mi abbraccia e mi bacia, non riesce a parlare, ma piano piano stiamo trovando dei modi per
comunicare. La strada sarà lunga e difficile, ma lei c’è ancora, con tutto il suo essere e già questo mi sembra un dono meraviglioso. Le preghiere sono state così intense da non poter rimanere inascoltate… La stampa ha scritto un sacco di sciocchezze e io mi trovo a dover gestire anche questo: pettegolezzi e falsità.
Non ero pronta. Così come non sono pronta a scriverti qualcosa per Greta in questo momento, ma ho solo bisogno di un altro po’ di tempo. Sono stata anche contattata da Ale e Franz, il duo comico, i quali, inteneriti dalla storia di Greta, mi hanno chiesto il permesso di potersi occupare della protesi della mano sinistra (persa nell’incidente). Mi sembra un bellissimo gesto, che si unisce agli altri gesti di affetto e
solidarietà che stanno riempiendo Greta di calore”.
Questa è la “cronaca autogestita” di un tentato suicidio in metrò, a parziale risarcimento delle cose spiacevoli uscite sui giornali. Racconta le cose che Elisabetta dice; che le preghiere, i pensieri d’amore funzionano, e che Greta e tutti ne abbiamo bisogno per vivere. Che dietro ogni suicidio in metrò, tentato o riuscito, c’è una storia che vale la pena di ascoltare e una chiamata a cui vale la pena di rispondere. Che il metrò, a Milano, è un punto sensibile, dove passano, insieme ai treni, enormi e vorticosi flussi di sentimenti. Che ci vorrebbero degli angeli a girare lì, sulle banchine, per intercettare questi sentimenti e reindirizzarli verso il bene, quando stanno precipitando nel dolore assoluto. Che è un’idea per i volontari, preziosa risorsa di cui abbonda il nostro affaticato paese: una truppa di angeli, riconoscibili dai passeggeri (basta una tunica, un segno qualunque), che stiano lì, semplicemente disponibili ad ascoltare. Che un giorno o l’altro magari lo farò, perché la cosa mi torna in mente da troppo tempo.
Un abbraccio grande a Greta e alla sua mamma.