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stefano boeri

ambiente, Politica Luglio 14, 2011

Cemento arancione

Come qualcuno saprà, il 30 maggio dopo lunghi anni di governo del centrodestra a Milano ha vinto il centrosinistra con Giuliano Pisapia.

Nei fatti il primo atto di governo del nuovo sindaco è stata la sostanziale ratifica delle decisioni prese dal centrodestra in materia di Expo. Ancora prima che la giunta fosse formata, l’accordo con il governatore Formigoni è stato siglato con grandi pacche sulle spalle: c’era molta fretta, il rischio di perdere la manifestazione dopo anni buttati via -dal centrodestra- era molto grande, l’assessore delegato Stefano Boeri si è trovato di fronte un Expo già bell’e confezionato, criticità comprese –terreni comprati dai privati a carissimo prezzo, tanto per dirne una, che dopo il 2015 potranno essere glassati di cemento, e così via- e ieri ha dovuto trangugiare l’amaro calice, con un voto leale e favorevole a qualcosa che non gli piace affatto, come del resto non piace a uno scherzetto come circa 500 mila milanesi che di altro cemento, anche se arancione, di affari e di speculazioni nell’interesse di pochi contro quello di tutti proprio non ne vogliono sapere più.

Si dirà: è un prezzo da pagare. Realpolitik obbliga a ratificare qualcosa che con le logiche, le premesse e le promesse di un governo di centrosinistra non avrebbe niente a che vedere. Trangugiamo in fretta questo boccone, tappiamoci naso, orecchie e occhi e passiamo velocemente ad altro. Il fatto è che Expo non è “qualcosa”. Expo coincide di fatto con la politica di questa città di qui al 2015, e quindi sostanzialmente con l’intera legislatura. Pressochè tutto quello che capiterà a Milano avrà a che fare con Expo e finirà in quel gigantesco tritacarne. Expo è la Milano del prossimi anni. E Milano è laboratorio politico per tutto il paese. Non si scherza. Il cemento è la peste italiana. La questione non è di poco conto.

Il paradosso quindi è questo: che il governo di centrosinistra porterà a termine, con qualche timida variazione, quello che è stato impostato e cominciato dal centrodestra. Che da quell’imprinting, da quell’alvo si rischia di non uscire, e l’esultanza del centrodestra di fronte alla ratifica di ieri ne è la controprova. Detto in malo modo, gli affari sono salvi. Ma i cittadini volevano un’altra cosa. I cittadini volevano il cambiamento. Lo hanno detto con il voto alle amministrative, e solo due settimane dopo accorrendo di nuovo in massa alle urne per i referendum.

Expo va salvato, per carità. Ma prima di tutto va salvato il credito entusiastico con cui questo cambio di governo è stato accolto. Prima di tutto va salvato l’impulso al cambiamento che grida ovunque. Prima di tutto vanno salvati la salute e l’ambiente. Un modo per farlo lo si dovrà assolutamente trovare. Questo è il primo compito di un governo di centrosinistra.

AMARE GLI ALTRI, esperienze, Politica Giugno 25, 2011

Caro assessore Stefano Boeri

Caro Assessore Stefano Boeri,

dove ti giri ti giri e la litania è sempre quella: non ci sono soldi. Neanche in Comune. Mancano per il pane, figuriamoci per le “rose” della cultura (anche se quelle rose si mangiano, eccome). Frugo nelle mie tasche, e come Tom Sawyer e Huck Finn ci trovo una fionda, qualche biglia, una rana morta, ma soldi pochi. In casi come questi si tratta di torcere il difetto -anzi il deficit- in opportunità. Se si prova a intendere la cultura come cultura della carenza, allora siamo ricchi.

Quando mancano i soldi in genere scattano altre cose: un senso più forte dello stare insieme per darsi una mano e per valorizzare quel poco che c’è. Una cultura del dono, del gratis e dell’amicizia che riesce a farsi largo quando l’onnipresenza del denaro, misura onnivora, le lascia un po’ di spazio. Dove c’è povertà e sofferenza noi milanesi diamo in genere il nostro meglio: è inutile che ti ricordi il nostro “volontariato”, un brutto nome per una cosa tanto bella.

Ecco, si tratta forse di fare di questa cultura del dono di cui siamo già naturalmente tanto ricchi l’asse portante della nostra politica culturale, in continuità con quella diffusa generosità che abbiamo visto in azione in questi mesi e che ha prodotto il miracolo della svolta civica. Questa è l’occasione che ci viene offerta dal deficit di bilancio.

Assessore, ti ricordi quando a messa il sacrestano passava con il suo saccoccio per l’offertorio? Dare qualche spicciolo funzionava  anche da collante per la comunità parrocchiale. Poter dare, ciascuno per ciò che ha e che può, alla nostra città, ristabilirebbe anche quel senso di comunità che ci è mancato dolorosamente e per troppo tempo, e sarebbe un fatto culturale, anzi Culturale in sé.

Qualcuno offrirà soldi: ci sono cospicui patrimoni privati, siamo sì un po’ più poveri, ma pur sempre al centro del triangolo più abbiente d’Europa. Qualcun altro idee: siamo pieni di creativi. Altri ancora un po’ del loro tempo, della loro buona volontà, delle loro relazioni. Una generale mobilitazione che, come ti dicevo, è già cultura e fa cultura. La cultura della comunità, dell’amicizia, del dono, del gratis: concetto inattuale ma fondamentale, perché la grazia è già abbondanza.

Per scendere a terra con qualche esempio: invitare i nostri stilisti, che tanto hanno avuto dalla nostra città, a restituire “adottando” un pezzetto di città meno fortunato del Quadrilatero per farci qualcosa di bello, visto che con il bello loro hanno una certa dimestichezza; chiedere ai nostri grandi artisti in ogni campo, dal cinema, al teatro, alla musica, alle arti figurative, di fare il loro dono alla città, con una performance “in sottoscrizione”, come si diceva una volta, finalizzata a qualche obiettivo benefico. Penso proprio a una rassegna, per Amore di Milano. Che se lo merita, perché ancora una volta Milano sta facendo qualcosa di politicamente rilevante per il resto del Paese, e qualcosa di buono, pare. Quindi anche grandi artisti “stranieri”: pensa a Toni Servillo, che a Milano si è sempre detto molto legato, o a Paolo Conte, che sta qui nella bella Asti, praticamente in periferia, per non parlare di Adriano, e pensa a tanti scrittori, che qui hanno avuto l’occasione di incontrare la grande editoria, insomma, pensa a chi vuoi tu.

L’Evento culturale sarebbe questo, caro Assessore: la nostra cultura e il nostro meglio che si mettono insieme per fare un regalo a Milano. E poi si dovrebbe dare l’occasione a tanta gente che smania per poter fare qualcosa, per partecipare direttamente e intensamente alla ricostruzione della città -uso parole un po’ drammatiche, ma non così lontane dal vero: si tratta soprattutto di una ricostruzione morale, anzi spirituale– di poter offrire il loro dono, canalizzando tutte queste buone energie, smistando il traffico della generosità

Insomma, Assessore Boeri, come vedi ci si offre, nella penuria, un’occasione straordinaria: quella di fare Milano almeno un po’ a prescindere dai dané. Parole d’ordine: dono, gratis, amicizia, amore, grazia, spirito. Il tutto simboleggiabile in quel bellissimo Mudra dello yoga, quel gesto delle mani rivolte a palmo in su, che simboleggia la richiesta di aiuto ma anche la capacità di accogliere la grazia -e poi ci vorrai dare la soddisfazione di una bella seduta collettiva di yoga ai Giardini pubblici o anche in piazza Affari, simbolica e distensiva?-

Chiudo con una dichiarazione del poeta coreano Lee Chang-dong, che è anche regista (“Poetry”) ed è stato ministro della Cultura del suo paese: “Mi sono battuto per cambiare la percezione che la cultura dovesse dipendere dall’economia“.

Ciò che impedisce davvero la cultura, più che la povertà di mezzi, è la povertà delle relazioni. Tutto ciò che rende difficile incontrarsi. Oggi c’è più cultura nella chiusura di una piazza o di una strada al traffico delle auto, nella possibilità di risentire il rumore dei propri passi mentre si cammina e di scambiare due parole con l’altro, che nell’apertura di un nuovo museo. C’è cultura ogni volta che si intuisce che il senso delle cose non è quello che appare. Che c’è dell’altro. E che nello spazio tra ciò che appare e quello che invece potrebbe essere corre la possibilità di un tratto di vita meno infelice, e di molte belle cose da fare.

Fare cultura oggi è soprattutto provocare il desiderio di qualcosa che non può essere consumato.

Un abbraccio e buon lavoro, a te e anche al sindaco e ai tuoi colleghi di giunta.

 

economics, Politica Giugno 13, 2011

I cavoli (acidissimi) dell'Orto planetario

Domani il neosindaco di Milano Giuliano Pisapia si recherà al Bie di Parigi per riferire sull’acquisto delle aree destinate a Expo. Ma stamattina, in un dibattito  organizzato da Affaritaliani.it a cui hanno partecipato Giuseppe Sala, ad di Expo Spa, Bruno Tabacci (neoassessore al Bilancio), Pierfrancesco Majorino (Welfare), Stefano Boeri (Expo e Cultura) nonché l’ex assessore all’Urbanistica Carlo Masseroli, si è confermata una notevole divergenza di vedute tra Sala-Pisapia e l’assessore Boeri.

Un confronto decisamente duroBoeri è fermo sul dossier originario del parco agroalimentare planetario, approvato dal Bie e da tutti gli enti preposti, e confortato dall’esito del referendum di ieri. “Quello” ha detto “è la stella polare, insieme all’esito del referendum, che chiede che questa eredità agricola e tecnologica resti a Milano. E il valore delle aree da acquisire non può che discendere da questo“.  Valore che invece è stato stimato 120 milioni di euro con un presunto indice edificatorio dello 0.52 per cento, presunto in quanto mai sancito dal Consiglio comunale, che non corrisponde a quello di un’area agricola.

Sala, secco:  “E’ sbagliato pensare che un cambio di giunta cambi la logica del nostro lavoro. Boeri sta dicendo che Pisapia sbaglia a venire con me a Parigi per l’acquisto dei terreni“. E lascia rapidamente il convegno.

Replica di Boeri in sua assenza: “Non capisco questa reazione, se ne assumerà la responsabilità“.

L’assessore Boeri, paradossalmente da sempre messo sotto accusa come “amico dei costruttori”,  ha anche parlato dell’ipotesi esproprio, dicendo che “sarebbe certamente meglio evitarlo, ma non è pensabile l’uso di questo strumento solo con i piccoli proprietari e non con i grandi”..

A complicare il quadro il fatto che la delega su Expo sarà conferita a Stefano Boeri solo mercoledì durante la prima riunione di giunta, e dopo l’incontro parigino. Solo lì si capirà quanto ampia e con quali poteri.

Infine Bruno Tabacci, che nel suo breve intervento, subito dopo Stefano Boeri, se l’è cavata con un laconico “Condivido questa impostazione culturale”

Donne e Uomini, Politica Giugno 10, 2011

FIDUCIA!

27 maggio 2011, l'arcobaleno beneaugurante su Milano

Se la giunta milanese è questa, lo sapremo ufficialmente oggi, siamo a cavallo. Hanno lavorato fino alle 3 di stanotte. E ora il laboratorio Milano può partire davvero.

Maria Grazia Guida vicesindaco con delega all’Istruzione.

Bruno Tabacci al Bilancio.

Stefano Boeri alla Cultura con delega all’Expo, Moda e Design.

In Giunta il cattolico del Pd Marco Granelli.

Al giovane del Pd Pierfrancesco Maran Ambiente e Mobilità.

Al Welfare il capogruppo uscente Pierfrancesco Majorino.

La direttrice del carcere di Bollate, Lucia Castellano si occuperà di Sicurezza.

Tra le new entry Chiara Bisconti, dirigente delle Risorse umane della San Pellegrino, che si occuperà di Benessere. 

Franco D’Alfonso, coordinatore della lista “Milano civica”, alle Attività produttive.

La giovane funzionaria Cgil vicina a Sel Cristina Tajani al Lavoro.

Per Sinistra Ecologia e Libertà anche il Decentramento che va a Daniela Benelli.

L’avvocato Ada Lucia De Cesaris, presidente del collegio dei Garanti del Comune, all’Urbanistica.

Alla Federazione della Sinistra andrà molto probabilmente la presidenza dell’aula di Palazzo Marino (con il decano dei consiglieri, Basilio Rizzo)

Molte donne in giunta, come promesso, e donne capaci (e adesso tutti quelli e tutte quelle che mi hanno detestata per aver rotto l’anima a Pisapia sul 50/50 vengano a Canossa: pardon, nota personale).

L’età media si è decisamente abbassata. La necessaria mediazione con i partiti non è andata a scapito delle competenze. Insomma, c’è motivo di avere molta fiducia. Fiducia, fiducia, fiducia! Stiamo attorno alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi, tutte e tutti pronti a dare loro una mano.

Un vivissimo buon lavoro a tutti, ma permettetemi di abbracciare in particolare Maria Grazia Guida, Stefano Boeri, Lucia Castellano, Chiara Bisconti, e i due Pier! Vi voglio bene!

eccole/i qui!

Donne e Uomini, esperienze, Politica, TEMPI MODERNI Giugno 3, 2011

DA BERLUSCONES AD ARANCIONES

Quello che è capitato a Milano, spiegato soprattutto ai non-milanesi

Ok, Milano non è facile da capire. Ma bisogna proprio non capirla per niente se hai la faccia di presentarti alle 6 di pomeriggio di fronte a una piazza in festa, accaldata e arancione, per strillare “Abbiamo espugnato Milano”. “Espugnati questa m…a”, chiosa uno sotto il palco accanto a me. Qualcuno spieghi a Nichi Vendola –poi gliel’ha spiegato perfino Pisapia- che Milano non era una cittadella assediata.

Milano aveva scelto liberamente e con entusiasmo un’ipotesi politica, un modello, uno stile, un Cavaliere rampante figlio del suo grembo e intriso dei suoi umori, e aveva voluto anche la sua Cavalieressa, signora della migliore borghesia che migliore non ce n’è. Milan e Inter uniti nella lotta contro Roma statalista lontana mille miglia, i milanesi che si sentono più a casa a Columbus Circle o a Piccadilly Circus che a Via del Corso.

Milano tutta questa roba l’aveva fortemente voluta. E a un certo punto, con sobria determinazione, non l’ha voluta più. A farla breve, la storia è tutta qui.

La prima, forse la vera festa è stata la sera del 16 maggio, primo turno, al teatro Puccini, uno di quegli storici teatri milanesi scampato per un pelo alla riconversione in Zara o H&M, proprio in corso Buenos Aires, arteria commerciale tra le più importanti d’Europa. Lì si è visto che la gran parte dei sondaggisti dovrebbe cambiare mestiere. Contro ogni previsione –le più ottimistiche lo davano pari o un paio di posizioni sotto- l’avvocato Giuliano Pisapia aveva staccato di sette punti Letizia Moratti, sindaca uscente. Lì si è capito quasi tutto. E non tanto per l’ovvia folla di militanti che si accalcava festante nel teatro, nella galleria liberty d’ingresso e sul marciapiede antistante, e che esplodeva in ole a ogni nuova tornata di dati. Quello che stava capitando lo si capiva meglio da quelle auto strombazzanti, utilitarie e suv, professionisti con la ventiquattr’ore sul sedile di fianco, cravatta gioiosamente agitata fuori dal finestrino. Tecnicamente, esteticamente, berluscones. E lo spettacolo dei berluscones esultanti per lo schiaffo a Berlusconi diceva tutto quello che c’era da dire. Partite Iva, professionisti urbani, creativi, addetti finanziari che brindavano con un Ferrarino nei vagoni ristoranti delle Freccerosse di ritorno da Roma dopo aver appreso la notizia sul Blackberry e sull’iPhone, ecco quello che stava capitando.

Si può anche mettere in termini di moderati o non moderati, cattolici e terzopolisti, o addirittura destra e sinistra, ma quell’immagine lo spiega meglio di tutto.

Era così, del resto, che era cominciata, e così stava andando a finire. La borghesia e i ceti medi produttivi non ne potevano più e si agitavano da tempo in cerca di una soluzione. I profili dei 4 candidati alle primarie la dicevano lunga.

Giuliano Pisapia, il primo a scendere in campo, ibrido tra la politica e le professioni. Stefano Boeri, architetto blasonato ma figlio di gente fortissimamente engagé, Cini, nota designer, e Renato, comandante partigiano e grande medico sociale. Uno che la politica l’aveva fatto da ragazzo e poi, come tanti, l’aveva mollata tentando il travaso della passione civile nel mestiere. Valerio Onida, già presidente della Corte Costituzionale, scaricato dal Pd e capace di una rivincita di un certo successo. Il fisico ambientalista Michele Sacerdoti. Nemmeno una donna, peccato, in questo quartetto chiamato in campo da un fermento microfisico. Leggi: la città non va, non è amministrata, è sporca, inquinata, incocainata, infelice, lavorare e produrre diventa sempre più difficile, la burocrazia è soffocante, continuiamo a perdere colpi rispetto alle altre grandi metropoli europee, non c’è strategia, non c’è visione, i giovani sono costretti a fuggire.

Tutta gente che conosce il mondo, che va in giornata a Parigi, a Londra, a Berlino e a Barcellona –ma basterebbe anche Torino- poi torna la sera e mentre fa la fila di un chilometro ai tassì dell’aeroporto rimugina: “Perché loro sì e noi no?”. Come mai, per dirne una, questa città produce ed esporta bellezza nel mondo e non riesce a trattenerne neanche un po’? Perché i nostri bei palazzi ottocenteschi e Liberty deturpati da orribili recuperi di sottotetti geometra-style? Perché siamo costretti a scappare il venerdì sera a far respirare i bambini, sempre malati di bronchi? Decine di migliaia di macchine –provate a prendere la Milano laghi alle sette e mezzo del mattino-, una fiumana sgasante in ingresso con un solo passeggero a bordo non essendoci altro modo di venire a lavorare in città. Perché tanti luoghi cittadini, piazza XXV Aprile, porta di Brera, e la Darsena, sventrati da anni per farne parcheggi attira-auto? Perché tanta gente nata qui, soprattutto ragazzi e giovani coppie, costretta a sfollare nell’hinterland causa caro-affitti, con tutte le case vuote che ci sono? Perché la cultura muore? Perché le nostre scuole civiche, orgoglio municipale, sono state chiuse?

Se poi mentre sei lì e il tassì non arriva –essendo che la sindaca non smolla altre licenze per non irritare la lobby dei tassisti- ti torna in mente che per tutta la giornata hai dovuto dare spiegazioni sul bunga-bunga e sulle cazzate internazionali del premier ai tuoi colleghi parigini o berlinesi, se hai parlato a un convegno, come per esempio è capitato a me all’università di Barcellona, e per buona parte del tempo ti è toccato assicurare che le italiane non sono affatto tutte troie, che non tutte le ragazze vogliono diventare veline e favorite del sultano, che un conto è la rappresentazione che delle donne viene data da quella stramaledetta tv, un altro è la realtà, be’ non è difficile capire che il pieno è fatto.

C’è molto da dire sulla parte che le donne hanno avuto in questa storia. Ma prima voglio dire questo: com’è che Berlusconi e Bossi non hanno capito? Allora è proprio vero che quando uno da Milano va a Roma perde la trebisonda e si sconnette. Com’è che hanno perso totalmente il polso della città, e non hanno percepito che Moratti era una candidata non debole ma debolissima, detestata dalla Lega e anche da molta parte del Pdl, e che il malcontento montava in modo irresistibile ed esponenziale?

A un certo punto molti si erano fatti l’idea che al suo posto sarebbe stato candidato Roberto Maroni, tanto per dirne uno. Lo stupore è stato grande quando invece si è capito che la scelta sarebbe caduta nuovamente su di lei. Spiegano che non si poteva dire di no ai Moratti, con particolare riferimento al dovizioso supporto di Gianmarco alla candidatura della moglie. Una marea di milioni bruciati come in una tremenda sessione di borsa: anche questo ha infastidito, in un momento di sobrietà obbligatoria, ha ricordato le consulenze d’oro elargite dalla sindaca a personaggi improbabili e contestate dalla Corte dei Conti. Ecco: prendete tutto questo e shakeratelo con quella che in tutta tranquillità si potrebbe definire “questione morale”, le vicende di Arcore, la nipote di Mubarak, mesi di sconcezze e di balle spaziali che hanno paralizzato il dibattito politico e l’azione di un governo già in sé poco attivo. Una città poco propensa all’esibizione che si ritrova al centro di un megagossip internazionale con centinaia di troupe televisive piazzate in permanenza fuori da Palazzo di Giustizia. Prendete tutto questo, e il design della sconfitta si profila chiaramente.

Come hanno fatto Berlusconi e Bossi a dimenticare che la gente di questa città è sobria e misurata, capace di apprezzare l’estro e perfino una certa follia cabarettistica ma poco incline alle ostentazioni, gente che esce volentieri dalle righe ma ci rientra rapidamente: alle otto del 31 maggio, dopo una notte di festa, eravamo tutti calvinisticamente a laurà. Gente che ha in orrore la volgarità, capace di ingoiare molti rospi, come una moglie saggia e paziente che però a un certo punto ti presenta il conto e allora, come si dice qui, non ce n’è più per nessuno. Come hanno fatto a non sentire questo ardente desiderio di tornare a un minimo buon senso, ai fondamentali dell’esistenza: famiglia, lavoro, casa, salute, back to the basic, altro che tv, escort e Lele Mora. Ornella Vanoni per Letizia raccatta 38 voti, leggi: è meglio che canti, qui serve gente seria. Ascoltare Radio Padania avrebbe aiutato –detto tra parentesi, il Trota Bossi consigliere regionale non è stato mai mandato giù-. Ma bastava annusare nell’aria.

Incontro la sindaca per un dibattito tv poco prima del ballottaggio. E’ elegante, composta, spaesata. Sembra crederci ancora. Maschera perfettamente i suoi sentimenti. Dalla sua bocca escono cose inaudite: i campi rom “azzerati”, genere soluzione finale, gli zingari “liberi” in città –dovremmo imprigionarli?-, la moschea che va garantita da una specie di concordato con “uno stato islamico” –quale? l’Iran?-. Un’insipienza e un estremismo verbale che stonano con le fibbie argento delle sue Roger Vivier e che provocano la reazione della Chiesa ambrosiana e dei volontari dell’accoglienza.

Malgré moi l’empatia scatta, non posso farci niente: è una donna, sta sbagliando tutto, e l’hanno scaricata. Le telefonano che pure Gigi D’Alessio ha dato forfait e non canterà al concertone di chiusura campagna. Lei non si scompone. Sembra sedata. Vuole parlare di donne, mi dice. E’ stato uno dei suoi più colossali errori: una sola donna in giunta, Mariolina Moioli, pochissime ingaggiate per Expo –il Bureau parigino è costretto a richiamarla- nessun legame con la vitalissima e sempre più forte società femminile milanese. Signore che, tra le altre cose, hanno anche i dané.

Moratti è una di quelle donne a cui non piace affatto esserlo: si vede dalle sue tristi longuette, dal fatto che si sente potente e libera non perché è una donna, ma nonostante questo. Appare a tutte come un infelice ostaggio dei poteri forti e degli uomini. Promette meraviglie, adesso. Vuole imbarcare un bel po’ di compagne d’avventura, forse ha capito davvero. Troppo tardi. La sua lontananza dalle donne e dal loro linguaggio è il nucleo ghiacciato della sua algidity.

Di Michael Bloomberg, sindaco di NYC e 17mo nella classifica Forbes degli uomini più ricchi del mondo, si favoleggia che ogni mattina prenda il metrò dalla sua casa nell’Upper East Side fino al municipio per non perdere il polso della città. Forse è una balla, ma il metodo è buono.

Se Mrs Auto Blu Moratti l’avesse preso più di quella decina di volte in 5 anni, se non fosse andata in periferia come una sussiegosa signora che va far visita alla cameriera, avrebbe scoperto tra l’altro: a) che quella che per lei è la periferia per definizione, via Padova, da mortificare con i coprifuochi, sta a 3 fermate dal Quadrilatero; b) che gli “stranieri” magari mangiano un po’ troppo aglio, ma sono portatori di quella grande risorsa detta desiderio che secondo Giuseppe De Rita è proprio ciò che manca al Paese; c) che un’ordinaria mamma con passeggino, in mancanza di comunissimi scivoli, non può prendere il metrò e deve per forza muoversi in macchina: ne ho aiutata una giusto l’altro giorno, “tu tira su il carrozzino da dietro che io te lo sollevo davanti”.

Il 13 febbraio femminista Letizia Moratti l’ha proprio ignorato. Ora, una poteva essere d’accordo o non d’accordo, ma tutte quelle donne furibonde sono le tue cittadine, tu devi ascoltarle, metterti in qualche relazione con loro, parlarci. Quel moto di dignidad, sentimento sia pure ambiguo che sta traversando l’Europa, onda lunga delle rivolte che hanno scosso il Mediterraneo sud e che arriva indebolita a lambire le coste nord, nel nostro paese si è espresso anzitutto in queste piazze di donne, esacerbate dal machismo della politica italiana in generale, e da quello del premier Berlusconi in particolare.

L’avrai gradito o no, ma non puoi non tenerne conto. Molti milanesi, anche maschi, dicono di aver trovato in quel 13 febbraio la motivazione, l’energia e il mood che hanno alimentato il ribaltone del 30 maggio. Quel che è certo, non si poteva fingere che non fosse capitato. Non ci si poteva crogiolare nell’illusione dell’invincibilità. Non si poteva continuare a trattare le donne come minori da blandire.

In piena campagna, quando la debacle è ancora lontana, lo staff della sindaca mette in piedi una cena per mille donne all’hotel Marriott, impiegate e commesse precettate ed eccitate dall’invito al seratone vip: sembra quasi di essere in tv. Telefonata regolamentare del premier barzellettiere a metà cena, il coordinatore lombardo del Pdl Mario Mantovani che torna sul topos delle belle tope di destra, altro che le cesse di sinistra, reiterato poche ore dopo dal ministro Ignazio La Russa. Letizia Moratti non fa un plissé e mimimizza: “Battute”. Che però nel living del suo superattico non sarebbero certamente ammesse. E’ campagna elettorale anche questa: se sei veramente gnocca stai per forza a destra. E invece le donne, le gnocche e le meno gnocche, hanno portato il loro peso a sinistra. Decisive nella vittoria di Pisapia, attivissime nella campagna per le primarie e per l’elezione del sindaco, pazienti e determinate nel contrattare e strappare quel 50/50 che tutte le nuove giunte del centrosinistra hanno garantito, rebound inevitabile della politica supermacha –qualcuno davvero credeva che si sarebbe potuto continuare così?- e delle amichette piazzate nelle istituzioni rappresentative.

Ma la debacle assoluta è tra i giovani: tra i 18 e i 24 è un plebiscito per Pisapia. Guardatevi online l’incredibile show di una premiazione sportiva all’Arena, pochi giorni prima del voto. Ragazzini delle medie, 12-13 anni, che spontaneamente, come se fosse scontato, il massimo dell’up to date, di fronte alla sindaca cominciano a scandire “Pi-sa-pia! Pi-sa-pia!”. I prof imbarazzatissimi e il sorriso pietrificato di Moratti. La stanno condannando a morte. Le stanno dicendo: tu e i tuoi e la vostra tv siete il vecchio, roba da buttare, non siete smart, non capite niente. Pisapia probabilmente non l’hanno mai visto, ma è un dettaglio. Il fatto non è che lui vinca, ma che la Moratti perda. L’analisi del voto conferma: per la sindaca votano i più vecchi e i meno scolarizzati. La cosa vibra nell’aria, le antenne dei ragazzini captano e restituiscono.

I giovani hanno anche lavorato sodo per la vittoria del centrosinistra. Come per Zedda a Cagliari e per De Magistris a Napoli, anche per lo staff di Pisapia si è trattato di un contributo decisivo. Hanno lavorato gratis, portando in dote tutto il loro know how di nativi digitali –senza la rete questa svolta sarebbe stata impensabile-, la loro velocità, i flash mob, la naturalezza nel fare squadra: l’individuo per loro non esiste, la rete non è solo il medium, è il messaggio. L’altro pezzo della dote è stato la non-violenza, il non-odio. Questa dei figli dei baby boomer è una generazione innocente e quieta, che ha avuto la fortuna di non conoscere il male. L’etica e l’estetica resistenziale, che hanno nutrito l’immaginario militante della nostra generazione, si è esaurito. Noi occhiuti, sempre all’erta, alla ricerca di nemici, e questi che non lottano neanche contro i loro genitori. Non capivamo che cosa fossero, e qui si è visto: post-antagonismo, non-violenza, non-individualismo e rete, è questo a comporre la cifra. Oltre a un forte europeismo. Risposte virali e interstiziali, il nuovo che prende forma in micro-pratiche quotidiane, infinitesime, reticolari, subliminali. Un linguaggio più femminile che maschile. Yin, si potrebbe dire. E finché lo dico io, niente di nuovo. Fa tutt’altro effetto se a dirlo è Piero Bassetti: classe 1928, imprenditore, ex-olimpionico (staffetta 4X100) ed ex-politico Dc, primo governatore della Regione Lombardia, fondatore di quel Gruppo 51 (per cento) che nella contesa elettorale ha rappresentato il supporto a Pisapia da parte della cosiddetta “borghesia illuminata” milanese, e che oggi rivendica un ruolo decisivo in questa svolta. “La forza di Pisapia è una forza yin”.

Ecco. Se non si capisce tutto questo, non si capisce che cosa sta capitando a Milano.

Donne e Uomini, Politica Maggio 26, 2011

SCARICATA

Forse l’unico che si sta comportando da gentiluomo con Letizia Moratti è proprio il suo competitor Giuliano Pisapia. Che non si nega a una stretta di mano, anche se nessuno potrebbe biasimarlo se si sottraesse.

Si vede un bel po’ di gente, in quest’ultimo scorcio di campagna elettorale, saltare sul carro di quello che potrebbe essere il vincitore: segnale che vale più di mille sondaggi. Quanto agli alleati della signora Moratti, il governatore Roberto Formigoni invita doverosamente a votarla, dicendo che è meglio la sua padella che la brace di Pisapia. Il leghista Matteo Salvini dice che chiunque verrà eletto sarà anche il suo sindaco, affermazione pleonastica per il futuro prossimo, ma significativa per il presente. Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti sostiene che al sindaco uscente è andata già di culo con quel 41 per cento al primo turno, che non la voleva nessuno, il fatto è che si chiama Moratti, come si poteva fare? Umberto Bossi le tira le orecchie e le dà buca a un’iniziativa. E infine ieri sera a Porta a Porta il premier Silvio Berlusconi, oltre a dare con il consueto garbo della “gente senza cervello” a tutti quei milanesi, più della metà, che hanno votato Pisapia, assesta l’uppercut scrollandosi vigorosamente Moratti di dosso, dicendo che è una candidata debole, e facendo capire che il governo non andrà in nessun modo a fondo con lei.

Quasi in contemporanea a Linea Notte su Rai Tre, in un confronto con Stefano Boeri la signora Moratti annaspa, si contraddice, dà segni di grande fatica fisica e psicologica. Fossi in lei, essendo data per sconfitta, mi concederei un’uscita alla grande, togliendomi tutti i sassolini che posso dalle scarpe. Magari dicendo che sì, probabilmente lei non è una candidata così forte, ma che sfiderebbe chiunque a farcela, avendo dovuto correre zavorrata dalla presenza ingombrante di questo vecchio uomo senza il senso del limite, che ogni lunedì di campagna ha dovuto presentarsi in tribunale, a cui la maggioranza dei milanesi, stanchi della sua inefficacia, della perdita di buon senso e di misura e dai deliri di onnipotenza, e soprattutto le milanesi, umiliate dal suo disprezzo e dai suoi priapismi, hanno presentato il conto.

Prima o poi doveva capitare. Letizia si tolga la soddisfazione, lasci perdere Zingaropoli e tutte le volgarità che è stata costretta a dire, e metta in piedi un gran finale degno.

Donne e Uomini, esperienze, Politica Maggio 18, 2011

COSE ARANCIONI

L’arancio è un bellissimo colore, è anche liturgico, come sappiamo, e la scelta non è casuale.

ARANCIO PER TUTTI In linea con quanto scrivevo ieri, c’era un umore della città che aspettava soltanto le parole per dirsi e rivelarsi. Lo dico soprattutto per chi legge da fuori: c’è un fermento reale, per le strade, nei negozi, una partecipazione intensissima alla campagna per il ballottaggio. Tutti guardano al 29 maggio -che è anche il giorno del mio compleanno, acc…- come al giorno della rinascita, della fuoruscita dal tunnel della tristezza, dell’inefficienza, delle solitudini. Vai in banca e agli sportelli ti dicono: “Ancora due settimane!”. Il messo del comune -maledetto- che arriva a portarmi una multa, la butta lì: “Ringrazi la sciura Moratti. E poi salutiamola”. Dov’erano, finora? C’erano, e soffrivano silenziosamente. Si deve dare un modo a questa gente di significare la sua partecipazione con un segno: sciarpe, magliette, camicie arancio, un drappo arancione alla finestra, un palloncino, qualcosa. L’idea potrebbe essere lanciata all’appuntamento di stasera al teatro Smeraldo.

CENTRODESTRA SUPERMACHO Anche per il fatto che abbiamo lottato tanto, Giuliano Pisapia ribadisce l’intenzione di mantenere la sua promessa di una squadra 50/50. In Consiglio non è andata benissimo. Il centrosinistra porta una decina di donne -complimenti a tutte, a proposito, in particolare a Mariagrazia Guida, Marilisa D’Amico, Paola Bocci, con cui c’è amicizia e condivisione, ma anche ad Anita Sonego, a Daniela Benelli, a Carmela Rozza, la  più votata, che giustamente manifesta esplicitamente a sua intenzione di protagonismo politico, e a tutte, e un abbraccio di incoraggiamento a quelle che non ce l’hanno fatta, Rosaria Iardino, Milly Moratti, e anche Barbara Ciabò di Fli, queen maker di Affittopoli), mentre il centrodestra elegge solo Mariolina Moioli: nessuna eletta nel Pdl, nessuna per la Lega, così come non ci sono donne nei tavoli Expo. Si conferma e si aggrava il paradosso Moratti, sindaca donna non-amica delle donne, con le quali non ha saputo stringere alcune legame, nemmeno difenderle dalle volgarità dei suoi sodali. E la sta pagando caramente. La maggioranza delle donne ha scelto Pisapia: sembra un paradosso, ma non lo è affatto. Meglio uomini come lui e come Stefano Boeri (bravo Stefano,  splendido exploit, quasi 13 mila preferenze, il più votato dopo Berlusconi), che si sono messi in ascolto e in legame con le donne, di una donna intrappolata nel potere maschile, con grande ed evidente infelicità a segnarle il viso, che si sente tanto più libera quanto più riesce a dimenticare e a far dimenticare di essere nata di sesso femminile, che in questo non vede un’opportunità ma un grave handicap. E’ in gran parte il vento della libertà femminile, e la bufera del 13 febbraio, questo vento del Nord.

ARIANNA! Qui avevamo lanciato la proposta di Arianna Censi vicesindaca, e dopo che l’idea ha fatto festosamente il giro delle donne di Milano, la riprendiamo. Arianna è perfetta per le ragioni che abbiamo già detto: ha legami storici con le donne di questa città, è giovane e baldanzosa, è un’ottima mediatrice, ed è già stata sindaca, quindi ha tutta l’esperienza amministrativa che fatalmente manca a Giuliano Pisapia. Sarebbe per lui una splendida compagna di viaggio, e un ulteriore segnale da parte sua di voler intensamente ascoltare quello che le donne hanno da dire.

S-VIP non c’è un segno dei tempi, rivelatore dello Zeitgeist, più interessante dell’insuccesso elettorale dei vari vip ingaggiati come specchietti per le allodole: da Ornella Vanoni a Gianni Rivera (ottime persone, per carità, ma evidentemente lì come acchiappavoti), ma anche Emma Bonino e Marco Pannella superstar (per non parlare del povero vecchio Silvio). Gli elettori chiedono serietà, sostanza e capacità di squadra. Anche l’idea del leader più o meno carismatico o showy (neologismo che mi invento sul momento, ma rende l’idea) è al tramonto. La società dello spettacolo sta finendo. Semplicità, autenticità di relazioni, back to the basic, ritorno a quello che conta davvero nella vita: è questo a contare, sempre di più.

p.s. Attendo con grande curiosità -e anche un po’ d’ansia- un’uscita di Silvio Berlusconi. Quasi mi manca: è da tanto che non sta zitto così a lungo. Mi aspetto una cosa delle sue, tipo: tutti in vacanza a spese mie, quest’anno.

p.p.s.: Quello che sta avvenendo a Milano è straordinario soprattutto perché dimostra che contro l’energia vera i soldi non possono nulla! Vale anche per la vita personale!

p.p.p.s.  Ma perché diamo ancora retta ai sondaggi? Imbrogliano o semplicemente non la imbroccano?

AMARE GLI ALTRI, esperienze, Politica Maggio 17, 2011

FRECCIA ROSSA, ANZI ARANCIONE

il bellissimo abbraccio tra giuliano pisapia e stefano boeri

Sono nella bolgia festante e arancione dell’Elfo Puccini, mio marito sta rientrando da Roma sulla Freccia Rossa e mi manda questo sms: “Incredibile, nella carrozza ristorante del treno si sta brindando tra estranei alla sconfitta della Moratti. Un’atmosfera da liberazione. Baci“. Mio marito è un uomo di un certo rigore -pure troppo- e non si fa prendere da facili entusiasmi. “Non ti dico qui”, gli rispondo. Nel frattempo mi arrivano felicitazioni dal mondo, da Marsiglia -una che si è presa uno champagnino e brinda da sola al porto-, da Boston: Miracolo a Milano. Non dico che il mondo ci guardi, ma un’occhiatina ce la dà.

La folla del Puccini canta “Bella ciao”, e per una volta non mi pare retorico ed eccessivo -ho in orrore la retorica-. Stamattina leggo sul Corriere Piero Bassetti che richiama la liberazione dal fascismo, anche stavolta è stato un ventennio, e mi dico definitivamente che il senso  è questo, che è uno di quei momenti in cui il corso delle cose prende quella forza, quella chiarezza e quell’accelerazione che di solito chiamiamo Storia. La Storia, questa notte, erano soprattutto quegli automobilisti che passavano per corso Buenos Aires, vedevano la folla davanti al teatro e strombazzavano festanti, nei giovani baristi che uscivano dal locale per venirti a dire: “Era ora, non ne potevamo più“. Lì capivi che tutta questa gente soffriva in silenzio, irretita dalla sfiducia, piegata dalla rassegnazione, e ora stava dicendo grazie a chi aveva trovato la forza di reagire e di scuotersi, a cominciare dai generosi candidati alle primarie fino al più piccolo militante di questi mesi di supermobilitazione. Abbiamo fatto bene a darci dentro, lo abbiamo fatto anche per loro, soprattutto per loro: a certi nella vita tocca un surplus di energie e si stratta di spenderle anche per chi non ne ha. Abbiamo intercettato il desiderio di cambiare, il bisogno -in noi stessi, e in tutti gli altri- e abbiamo cercato disperatamente di rispondere.

Treni, macchine, impiegati con la ventiquattr’ore sul sedile che schiacciavano sul clacson e si allentavano il nodo della cravatta, motociclisti che sfrecciavano con il braccio teso nel saluto, e giovani baristi con i loro grembiuloni che mollavano la macchina del caffé per venire a ringraziarti: è stato soprattutto questo a commuoverci e a ripagarci di tanta fatica, di tanta tensione, dei molti momenti di conflitto e di sfiducia. Gente che non l’avresti detto mai, che tu ti dicevi “Ma com’è che sopportano tutto?”, compresa l‘arroganza di una sindaca padrona che si fa i suoi giretti sussiegosi di fine mandato nelle bocciofile e nelle periferie come una che va a fare frettolosamente visita alla cameriera. E invece erano solo ammutoliti, e avevano bisogno che tu gli dessi le parole che da soli non riuscivano a trovare. Abbiamo cercato di dargliele, queste parole, e il lavoro è appena cominciato.

Per questo stamattina non ho voglia di parlare del Terzo Polo, dei voti grillini, eccetera -datemi un paio d’ore e mi verrà- e voglio restare ancora per un attimo nell’incanto di questa gratitudine, di questa città sballata e festante come quella della mia infanzia, quando i treni facevano ancora sognare, tutto splendeva come nuovo e nessuno aveva mai voglia di andare a dormire perché c’era da “fare su” il mondo e da divertirsi insieme. L’ho rivista, non si vedeva da così tanto, sono cadute tutte le maschere che malcelavano dolore e solitudini, è la Milano autentica, vitale, generosa, democratica nel midollo, meticcia -come me- e mi fa commuove tanto.

Voglio solo dire grazie, per adesso. E basta.

fuori dal teatro puccini, ieri sera



Donne e Uomini, Politica Maggio 2, 2011

COME VOTERO'

Vi ho mai nascosto nulla? Vi ho detto come si vota, vi ho parlato perfino del voto disgiunto, e mica tutti l’hanno apprezzato. E ora vi dirò in tutta sincerità e a grandi linee anche come voterò il 15-16 maggio alle prossime elezioni amministrative milanesi.

Ma intanto voglio dirvi che sono veramente arrabbiata: con la doppia preferenza di genere il problema sarebbe risolto, per ogni preferenza espressa per un uomo, una obbligatoria per una donna, e viceversa. Una forzatura transitoria, per assestare un colpo alla nostra democrazia vecchia e machista. Non sarebbe il rimedio definitivo –le questioni sono molto più complesse- ma funzionerebbe: un po’ come quando si dava una botta alla vecchia tv, e quella miracolosamente si risintonizzava.

E invece, in mancanza di vere affirmative action –non basta mettere tante donne nelle liste, si tratta di eleggerle– almeno noi elettrici (e chi se no?) dovremmo preferire una candidata. Dovremmo farci attivamente carico della questione. Sono arrabbiata perché vorrei sentirmi libera di esprimere la preferenza per una donna o per un uomo, se mi andasse: e ci mancherebbe.

Fuori dai denti, io esprimerei volentieri una preferenza per Stefano Boeri, capolista del Pd (www.stefanoboeri.it/). Mi ritrovo nella sua visione, nel suo pragmatismo e nella sua generosità, che ho visto e vedo da vicino: sconfitto alle primarie, non ha mollato, come invece hanno fatto altri, e ha tenuto fede all’impegno di lavorare per il candidato sindaco eletto. E’ un professionista affermato e non ha alcun bisogno di sedere in consiglio comunale, ma ha voluto dare corso alla sua passione politica. Ha uso di mondo, come si dice, proprio in forza della sua professione. Ha relazioni internazionali. Sa muoversi bene in ambienti diversi, dal mondo delle professioni e dell’impresa a quello dei “nuovi milanesi”, e gli piace connetterli. Sa quanto conta la bellezza e qual è il suo valore politico. Spera di poter contribuire al rinnovamento del Pd, e anche a me pare una buona scommessa, non solo cittadina. Sa dialogare efficacemente con tutti quelli che vogliono il cambiamento, anche fuori dallo schieramento di centrosinistra, e dà il giusto valore all’antica tradizione riformista ambrosiana: potrà essere in prima fila e garante del dialogo necessario con tutte quelle forze, comprese quelle che per un certo periodo hanno sostenuto Letizia Moratti e Berlusconi, che si dimostreranno realmente interessate a voltare pagina in città. Nei prossimi anni ci sarà da lavorare su Expo e lui se ne è già occupato direttamente. E infine, Stefano sa ascoltare le donne, ha assunto sinceramente e attivamente la questione della democrazia dimezzata, e “autolesionisticamente” dà una mano a tutte le candidate della sua lista, anche se è molto importante che prenda molte, moltissime preferenze per dare corso ai suoi progetti (dilemma, casino, tragedia…)

Qui vi indico anche, tra le molte -e mi scusino tanto le altre, vorrei poterle aiutare tutte- tre candidate che conosco, tutte nella lista Pd: Maria Grazia Guida (http://www.comunalimilano2011.it/users/viewprofile/453/elections), ai vertici della Casa della Carità insieme a Don Virginio Colmegna, rappresentante di un cattolicesimo attivo e solidale che oggi sta lavorando in particolare sull’integrazione e sulle nuove povertà; Marilisa D’Amico (www.marilisadamico.it/) costituzionalista attenta al discorso dei diritti, con particolare riferimento ai diritti delle donne, ha lavorato tra l’altro sulla legge 40 sulla fecondazione assistita; Maria Rosaria Iardino ((http://npsitalia.net/article1192.html) impegnata nel mondo gay e nell’aiuto delle persone HIV-positive. Nei rispettivi siti web troverete informazioni dettagliate.

Ma se io fossi un’elettrice di destra –e qui ne elettori di destra abbiamo, ci mancherebbe altro-, una dei tanti che “a destra, ma un voto alla Moratti e Berlusconi neanche morti”, darei la mia preferenza a Barbara Ciabò (www.barbaraciabo.it/) pasionaria del Nuovo Polo, donna disubbidiente e già scoperchiatrice di Affittopoli (io non la voterò, ma le auguro un’ottima performance).

Tutte e quattro le potrete conoscere, insieme ad altre, la sera di giovedì 5 maggio al Cicip&Ciciap di via Gorani 9, dalle 20.30. Ci sarò anch’io, vediamoci lì (maschi non veniteci, è una serata per sole donne, il Cicip è un locale separatista).

Credo che esprimere una preferenza –una sola, purtroppo- sia un modo per dare più efficacia al proprio voto. Quindi fate bene i vostri conti, interrogate le vostre dilaniate coscienze e scrivete un nome sulla scheda.

Incrociando le dita dell’altra mano, per favore.