Cgil pro utero in affitto: ecco gli appelli delle femministe a Maurizio Landini per un franco e definitivo confronto
LA PRESIDENTE PARI-OPPORTUNITA’ DEL COMUNE DI MILANO DIANA DE MARCHI PRO UTERO IN AFFITTO. E QUESTO E’ UN BEL PROBLEMA
Diana De Marchi, presidente Pari Opportunità del Comune di Milano, dice sì all’utero in affitto. Contro la legge italiana -e di tutto il mondo, tranne 18 Paesi- contro la Corte Costituzionale, e in contrasto con il movimento delle donne: nessun gruppo si è mai espresso pro Gpa
L’immagine dell’assemblea di Liberi&Uguali sembra quella di un partito iraniano. Uomini, uomini, uomini. Nemmeno il tempo di un frettoloso pinkwashing. Quando il gioco si fa duro e i posti sono pochi, le donne sono ricacciate ai margini. E perfino la destra appare più women friendly. E’ la principale debolezza della “nuova” sinistra
Quando Saviano parla di donne. E sbaglia
Dopo aver dato delle egoiste alle italiane perché non donano i propri ovociti, Roberto Saviano minimizza per correctness la questione migranti-libertà femminile. Alimentando il consenso alle destre xenofobe
Si voterà la fiducia al governo Renzi, non la riforma. E le alternative sono un partito-nazione in cui la destra avrà un peso ancora maggiore, o il populismo 5Stelle, che capitalizzeranno anche il no di sinistra. Perché la sinistra oggi non esiste e sarà l’ultima tra i creditori. E poi c’è il modello Milano…
E’ ora che la sinistra dica con chiarezza che cosa pensa dell’utero in affitto
Perché sull’utero in affitto la sinistra tace, esprime obliquamente il suo favore o farfuglia imbarazzata? Essere di sinistra vuole dire vendere diritti e dirittini al mercato del qui e ora, avendo rinunciato a ogni prospettiva? E garantire il libero accesso al libero mercato della carne umana?
Dopo un’estenuante serie di preliminari, le primarie milanesi del centrosinistra (più Pd che altro) sono entrate nel vivo.
Il gioco tra i tre principali contendenti (Francesca Balzani, Pierfrancesco Majorino, Giuseppe Sala) non è proprio all’insegna del fairplay. Balzani entra in campo baldanzosamente, ostenta da subito un parterre de reine, chiede perentoria al collega Majorino candidato da tempo di mollare il colpo, porta a casa un bel picche, e al momento arranca un po’, affaticata dalla scarsa notorietà, dai troppi appelli eccellenti in suo favore e dall’accusa di salottismo.
Majorino sembra ringalluzzito, campagna molto social e luogocomunista, esagera con la promessa un po’ molto pacchiana di un assessore Lgbt –quei voti gli servono, vuole perdere bene-, sostanzialmente è raggiante perché Giuseppe Sala, il probabilissimo vincitore, lo omaggia riconoscendogli una sensibilità sociale di cui lui difetta. Leggi: tranquillo, come minimo ti rifaccio assessore. In fondo è quello che, sparando alto, l’abile Majorino sperava di portare a casa. Qualcuno grida scandalosamente al ticket occulto.
Quanto a Sala, asso pigliatutto, campione del Partito-Expo-Nazione, entusiasma perfino certe furbette assessore di Sel, Cristina Tajani e Daniela Benelli: le idee non si mangiano. Piace a Cielle, a Ncd, a Scelta Civica (Scelta Civica????) e a un bel pezzo del centrodestra, orientato a candidare un uomo di paglia per non dare troppo disturbo all’uomo che garantirà un po’ tutti. E si comincia a intravedere la cospicua fila dei saltatori sul carro dell’ultim’ora. L’impatto mediatico dell’ex-ad Expo, oltretutto, è sorprendente: chi tra i suoi antagonisti sperava in un’immagine scostante da manager anglofono ha dovuto ricredersi. L’uomo ha la concretezza del gran lombardo, dà del tu all’interlocutore, non si perde in chiacchiere e promesse volatili, punta dritto al tema delle periferie -vulnus della gestione Pisapia- dove intende radicare il suo successo, ha quella faccia un po’ francese da sindaco di Milano. Forse è tutta fuffa, ma presentata bene. In breve: per i competitor un osso durissimo.
A meno di miracoli sempre possibili o di fattori esogeni imprevisti, tipo irruzioni della magistratura, l’8 febbraio, il giorno dopo le primarie, Milano si sveglierà di fronte alla seguente scena politica: un candidato centrista (Sala), un altro candidato centrista (Passera), un candidatuccio di centro destra (?), e la signora Bedori, carneade 5 Stelle, che dal momento della sua candidatura è totalmente sparita dai radar.
Il popolo arancione, rosso, rosa e verde si ritroverà desolatamente alla deriva, anche e soprattutto a causa di una partita condotta davvero malissimo dal sindaco uscente. Un popolo frantumato tra una mesta realpolitik, un orgoglioso aventino e la tentazione 5 Stelle che a Milano non è mai andata oltre la protesta pre-politica. A meno che, ed è la variabile su cui tenere lo sguardo, a questo popolo non venga offerta a sorpresa un’alternativa, un/a candidato/a che potrebbe puntare a replicare l’exploit ligure, quel 10 per cento guadagnato dal candidato “civatiano” Pastorino, o perfino bypassarlo se la proposta sarà sufficientemente suggestiva.
Del resto nemmeno Renzi può pretendere che un bel pezzo di Milano, quello che ha dato carne e sangue all’anomalia pisapiana, a questo punto si dissolva come neve al sole, parola turna indré, come si dice da queste parti. Anche perché questa gente, altro che indré, ha l’ambizione di andare avanti.
Sabato 21 novembre, in una giornata storica per Napoli (la candidatura a ri-sindaco di Antonio Bassolino e l’addio a Don Luigi Condurro, noventaduenne maestro della storica pizzeria “Da Michele”), sull’Arenile di Bagnoli flagellato da marosi e libeccio è nato Possibile, nuovo soggetto politico fortemente voluto dal no-leader Pippo Civati (la fase congressuale si concluderà a febbraio).
Un migliaio tra partecipanti e delegati eletti dalle centinaia di comitati di tutte le regioni, età media più da concerti che da politica –stupefacente, di questi tempi-, molte donne –anche questo non scontato-, gran quantità di competenze e di giovani “professori”, libertà da schemi novecenteschi, clima creativo e da work in progress.
E’ nato “’nu criature” che non somiglia a nessuno e crea non pochi interrogativi: è rosso? è verde? è rosa come il suo logo? e come diavolo si comporterà?
Uguaglianza ma non egualitarismo, lavoro, casa, lotta alla povertà e reddito minimo, vera battaglia sull’evasione fiscale, decisa svolta ambientale, alternativa energetica, punto sui diritti, fine della questione maschile. Umori langeriani. Quanto alla guerra in corso: basta con la vendita di armi, e miglior cordinamento delle intelligence europee. Centralità del Sud, con tutto il suo potenziale inespresso. Forma: partito semi-liquido, con piattaforma web e indispensabili dotazioni virtuali – ma con i piedi solidamente piantati nei contesti, nei posti dove si vive e si lavora, si soffre, si cerca di essere felici, si costruiscono relazioni, dove già si stanno sperimentando buone pratiche e dove c’è sempre qualcosa di importante da fare (qui l’intervento di Civati).
(5 stelle di sinistra? si chiede qualcuno)
Un passo avanti, dalla retorica della partecipazione verso la pienezza della sovranità: il che poi non sarebbe un grande azzardo, essendo che la Costituzione lo prevede. Quindi un’assemblea sovrana e comitati locali altrettanto sovrani, coordinati tra loro per temi e progetti. La piramide gerarchica perde pezzi e si appiattisce in una forma reticolare con un segretario eletto, primus inter pares.
Ambizioni di governo ma nessun “vincismo”, e niente soluzioni politiciste calate dall’alto: per le prox amministrative, ad esempio, saranno i singoli contesti a decidere se, come e con chi, in una prospettiva di dialogo con i soggetti di sinistra, gli ambientalisti, i riformisti e i radicali interessati a un’idea di Italia che si distanzia dal mainstream governativo.
La proposta “nessuna alleanza con il Pd” è stata accolta dall’assemblea napoletana con un boato festoso e inequivocabile.
Prima che ne parlassero molte prime pagine, ieri ho postato sui s/n che “il Sud sta peggio della Grecia”, dati Svimez.
Un paio di amiche “di giù” si sono risentite. Una mi ha dato della Salvini: capisco la reazione orgogliosa. E capisco anche chi dice: vivo qui, non c’è bisogno che qualcuno mi dica come sto. Ma i dati Svimez fotografano un dramma perfino superiore a quello percepito: nel periodo 2000-2013 il Sud è cresciuto metà della Grecia; nel 2014 i posti di lavoro in Italia sono cresciuti di 88.400 unità, tutti concentrati nel Centro-Nord (133.000), il Sud ne ha persi 45.000; 1 famiglia su 3 è a rischio povertà (contro 1 su 1o al Centronord); le culle vuote lì sono vuotissime, il che comporta anche uno snaturamento antropologico, culturale e sociale. In breve, il Sud è destinato alla desertificazione e al sottosviluppo permanente.
Dai dati si deduce l’insostenibilità delle due velocità: al Nord, isole di sviluppo -produttività, occupazione, servizi etc- che battono la media tedesca, al Sud quello che vediamo. La non-normalità ma anche la straordinarietà del nostro Paese sta in questa forbice, mai così spalancata.
Straordinarietà perché nel Sud ho sempre visto un’enorme occasione, per il Sud e per tutto il Paese, che i dati Svimez non rilevano. Come dico spesso ai miei amici, da nordica (meticcia) esausta corro “giù” appena posso a ricaricarmi, amo guidare in solitudine per quelle strade che traversano la grande bellezza in lungo e in largo, nella disperazione evidente percepisco un potenziale enorme, un’energia formidabile che mi invade e non sento in nessun altro luogo, un senso di vigilia che dura ormai da troppo tempo e che tuttavia mi riempie di fiducia. E sono certa che se qualcosa di davvero buono capiterà a questo Paese comincerà a capitare lì. Come dice Paul Valery, il Mediterraneo è un dispositivo che produce civiltà: è stato vero più volte, può esserlo ancora.
Il Sud è stato sostanzialmente dimenticato dai governi di centrodestra, che l’hanno utilizzato come mero serbatoio di voti, eventualmente sporchi. Ma anche il governo di centrosinistra ha continuato in modo miope per questa strada, abbandonando il territorio ai califfati locali e contribuendo alla desertificazione con metodici disinvestimenti: es., ottobre 2014: Ferrovie dello Stato destina 4.8 miliardi per il centro-nord e 60 milioni al sud; novembre 2014: vengono sottratti 3.5 miliardi di fondi FAS destinati al Sud per finanziare gli sgravi fiscali.
Si dovrebbe fare esattamente il contrario: una grande politica di investimenti sul Sud, un vero e proprio new deal accompagnato da una stretta vigilanza anticorruzione, una stra-mobilitazione nazionale per favorire la “restanza” e la ripopolazione, perfino un moto migratorio inverso, da Nord a Sud, nella certezza che il “nuovo modello” che si va cercando potrebbe delinearsi proprio lì.
Una sfida politica meravigliosa, la madre di tutte le sfide.
Ma anche alla sinistra, nel Pd, fuori dal Pd, un po’ dappertutto, mi pare che del Sud importi troppo poco. Senz’altro meno della Grecia, investita di attenzione molto maggiore. Quella battaglia è intesa come “meridionalismo” di retroguardia. Strano, dico: perché se non è una battaglia come questa a conferirti senso, baricentro e identità politica, che cosa te li può dare?
domenica 2 agosto: oggi c’è questa interessante novità, il piano del governo per il Sud .
Sia chiaro: anche Franco Piperno e Oreste Scalzone, leader di Potere operaio e imputati nell’inchiesta 7 aprile, hanno tutto il diritto di partecipare a una manifestazione politica come la due giorni della Coalizione Sociale di Maurizio Landini.
Ma certo, alla domanda: che cosa diavolo è questa Coalizione Sociale? la loro presenza e altre simili agevolano la più facile e deprimente delle risposte: la solita cosetta rossa, il solito zero-virgola, il solito dopolavoro chiassoso e marginale per ex-combattenti e reduci. Vecchi narcisi irriducibili, e rigorosamente tutti maschi, che dopo aver molto sbagliato e fatto sbagliare non sanno rinunciare a un’occasione di protagonismo, non sono capaci di starsene saggiamente e generosamente a casa a seguire in streaming, smaniano per il podio o, più prosaicamente –non sarà il caso di questi due ma lo è per molti altri- cercano il modo per assicurarsi qualche rielezione.
C’è un egoismo saturnino nel fatto che, appena “a sinistra” freme qualcosa, un piccolo esercito di vecchietti avidi e rancorosi accorre per sbranarlo e tsipras-tizzarlo, mettendoci il cappello liso e vagheggiando una revanche collettiva che invece è solo personale, l’eterno ritorno di un moi–même più volte sconfitto e sempre più microscopico e politicamente irrilevante.
Questo il rischio che incombe su ogni operazione “a sinistra”: virgolettatura non casuale, e del resto pure Landini dice che la sua coalizione non è di sinistra, né di destra, né di centro, e via sottraendo. Rischio che per esempio i 5 Stelle, magari un po’ autistici nelle loro logiche non compromissorie, hanno sventato disponendo un cordone sanitario che ha impedito ogni invasione di campo.
Ecco: in questo andrebbero copiati pari-pari.