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#save194

diritti, italia Gennaio 18, 2016

Niente sesso, siamo italiane

Scusate la brutalità, ma a quanto pare le italiane non fanno più sesso. Spiegatemi altrimenti come potrebbe verificarsi quanto segue.

Dalla recente relazione della ministra Lorenzin sullo stato di applicazione della legge 194, apprendiamo che il tasso di abortività delle italiane è molto basso, tra i più bassi d’Europa, 9 interruzioni volontarie ogni 1000 donne. Avrebbe tutta l’aria  una notizia positiva, e la ministra se ne rallegra. In altri Paesi il tasso di abortività è decisamente più elevato: 15.9 in Gran Bretagna, 18.1 in Francia, 20.13 in Svezia, 31.3 nella Federazione Russa. Come può spiegarsi questa differenza?

Ipotesi A: un maggiore ricorso alla contraccezione? Più delle svedesi? Non siamo ridicoli. L’Italia è agli ultimi posti anche in questa classifica, davanti solo a Cipro, Romania, Lituania e Repubblica Ceca. Del resto manca qualunque campagna informativa, e i consultori non esistono quasi più.

Ipotesi B: nascono più bambini? Via, non scherziamo. Siamo tra i Paesi meno prolifici al mondo, la nostra natalità ha raggiunto il livello più basso dall’Unità d’Italia a oggi.

Ipotesi C: la nostra infertilità è più elevata che nel resto d’Europa? Vero che le nostre primipare sono tra le più attempate al mondo, ma tra i 15 e i 30 anni si resta incinta uguale.

L’unica spiegazione plausibile, a questo punto –immagino che sia quella della ministra Lorenzin, se no quale? – è che le italiane non lo fanno più. 

Oppure ce n’è un’altra, ben più tragica: con un’obiezione di coscienza a livelli mostruosi (una media del 70 per cento, con punte che superano il 90 in alcune regioni), il 40 per cento degli ospedali che non eroga il servizio di Ivg (obiezione di struttura, con punte del 70 per cento in alcune regioni), città come Jesi o Ascoli Piceno dove non c’è più un solo ospedale a cui rivolgersi (ne ha parlato perfino il New York Times) alle donne non resta che rivolgersi all’aborto clandestino, mammane chirurgiche o pillole online, salvo precipitarsi al pronto soccorso quando le cose finiscono male (sono in aumento le procedure d’urgenza). Ne abbiamo parlato fino allo sfinimento, per esempio qui, qui, qui e in decine di altri post.

Quel 9-1o per cento di differenza nel tasso di abortività rispetto a Francia, Gb, Svezia non può che avere questa spiegazione: il ritorno all’aborto clandestino.

Stiamo via via riprecipitando nella situazione pre-194, l’Europa ci sollecita e ci condanna, ed è davvero vergognoso che la ministra insista a giochicchiare con i numeri per sostenere che le cose stanno funzionando.

E’ una donna, abbia almeno pietà delle sue simili. E le parlamentari si diano una svegliata (qui invece gli ultimi assurdi provvedimenti in materia di aborto).

#save194

Qui la proposta di legge sulla 194 a cui ho lavorato insieme alla medica non obiettrice Mercedes Lanzilotta e al costituzionalista Andrea Pertici.

diritti, Politica, salute Marzo 10, 2015

Aborto-Europa: giusto un passetto avanti

Silvia Costa, eurodeputata Pd:
ha sostenuto l’emendamento sull’aborto proposto dal Ppe

Nel 2o13 era andata proprio male, con la bocciatura netta della risoluzione Estrela che ribadiva l’autodeterminazione delle donne in materia di sessualità e riproduzione. Stavolta, grazie anche all’impegno di europarlamentari come Elly Schlein ed Elena Gentile, la risoluzione Tarabella, compresa la parte in cui si sostiene che le donne devono «avere il controllo dei loro diritti sessuali e riproduttivi, segnatamente attraverso un accesso agevole alla contraccezione e all’aborto» è passata a larga maggioranza (441 sì, 205 no e 52 astenuti), nonostante la mobilitazione dei cosiddetti “pro-life”.

Ma il PPE ha presentato un emendamento approvato dall’Aula che specifica che la legislazione sulla riproduzione deve comunque rimanere di competenza nazionale. Il che significa che le irlandesi, le polacche e le maltesi, cittadine di Paesi in cui dove l’aborto resta illegale, dovranno continuare a vedersela da sole. L’emendamento del PPE è stato sostenuto anche dalla parlamentare Pd Silvia Costa, che ha precisato di aver votato a favore della mozione solo perché è stato garantito il principio di sussidiarietà. Ecco il suo tweet: “Con emendamento PPE che ribadisce che sanità e diritti sessuali e riproduttivi sono competenza nazionale ho votato a favore della #Tarabella” (Luigi Morgano, altro eurodeputato Pd, ha reso noto di essersi astenuto).

Quindi un passo avanti, ma a metà.

Sarebbe a questo punto interessante che Silvia Costa, proprio in forza del principio di sussidiarietà che lei ha caldeggiato, a differenza della quasi totalità del partito a cui appartiene, ci dicesse che cosa dovremmo fare con la nostra legge 194, svuotata da un’obiezione di coscienza che in alcune regioni italiane, come il Lazio, supera il 90 per cento. Se ogni Paese europeo, come lei ritiene, deve vedersela da sé, ci dica come dobbiamo vedercela nel nostro: giusto qualche giorno fa una ragazzina genovese ha rischiato la pelle per aborto clandestino, scene da pre-’78 che dovrebbero preoccupare tutte e tutti, Silvia Costa compresa.

Restiamo quindi in attesa di una sua efficace proposta in materia, eventualmente anche di una proposta di Morgano, magari ne hanno di migliori delle nostre (il 50 per cento dei posti riservati ai non obiettori: tutta la proposta qui) : permettendoci di ricordare che la legge 194 è stata voluta dalla maggioranza delle cittadine e dei cittadini di questo Paese, cattoliche e cattolici compresi, consenso ribadito in un successivo referendum. E che fare tornare a crepare le donne non è una buona strategia anti-aborto. Silvia Costa che è una donna dovrebbe saperlo.

#save194

aggiornamento 11 marzo: a proposito di “competenza nazionale”. L’Europa ha autorizzato la commercializzazione della “pillola dei 5 giorni dopo”, contraccezione d’emergenza dopo rapporti a rischio (il farmaco ritarda l’ovulazione) senza necessità di ricetta medica. Molti Stati europei, fra cui la Germania, hanno già autorizzato la libera vendita. Non l’Italia, come potete leggere qui.

 

 

 

Corpo-anima, diritti, Donne e Uomini Marzo 4, 2015

Diciassettenne rischia la vita per aborto fai-da-te. Martedì il voto in Europa

A Genova una ragazza di 17 anni ha rischiato di morire per emorragia interna dopo aver assunto un farmaco abortivo, a quanto pare acquistato online con l’aiuto del fidanzato di 20 anni. In quanto maggiorenne, ora il ragazzo è indagato dalla Procura per procurato aborto, mentre la ragazza è ancora ricoverata in ospedale- Con ogni probabilità si trattava di un noto farmaco antiulcera: molto siti indicano come acquistarlo e come assumerlo per l’aborto fai-da-te.

Con il sostanziale blocco della legge 194 siamo tornati in pieno all’aborto clandestino. Le giovani donne non si stanno affatto mobilitando in difesa una legge che garantirebbe loro di non rischiare la salute, e che le loro madri hanno conquistato a prezzo di molte lotte. Le nuove generazioni sono tornate ad “arrangiarsi” tra contraccezione del giorno dopo e farmaci abortivi, e capita con una certa frequenza che le cose finiscano male, con ricoveri d’urgenza per finti aborti spontanei.

Ignorando la questione nonostante un richiamo del Consiglio d’Europa, il governo sceglie la strada della resistenza passiva, sostenendo che la 194 è sufficientemente applicata e che il problema non esiste, e ritenendo la ri-clandestinizzazione una buona strategia contro l’aborto.

Costringere le donne a rivolgersi alle mammane online non è politica contro l’aborto, è politica contro le donne.

Con la speranza che qualche parlamentare italiano rivolga un’interrogazione sul caso genovese alla ministra per la Salute Beatrice Lorenzin, si segnala che il prossimo martedì 10 marzo il Parlamento Europeo si esprimerà sulla risoluzione Tarabella, in cui tra l’altro si afferma “che le donne debbano avere il controllo dei loro diritti sessuali e riproduttivi, segnatamente attraverso un accesso agevole alla contraccezione e all’aborto; sostiene pertanto le misure e le azioni volte a migliorare l’accesso delle donne ai servizi di salute sessuale e riproduttiva e a meglio informarle sui loro diritti e sui servizi disponibili; invita gli Stati membri e la Commissione a porre in atto misure e azioni per sensibilizzare gli uomini sulle loro responsabilità in materia sessuale e riproduttiva».

Il dibattito è già acceso. La speranza è che la risoluzione venga sostenuta dalla maggioranza degli europarlamentari, con particolare riferimento a quegli esponenti Pd (Toia, Sassoli, Costa e altri) che nel 2013 con la loro astensione impedirono l’approvazione di una risoluzione dai contenuti analoghi presentata dalla portoghese Estrela. Stavolta gli auspici sembrano migliori: un gruppo di deputati di partiti diversi ha lanciato l’iniziativa All of us, per difendere il diritto della donna alla scelta in tema di salute sessuale e riproduttiva. Tra loro le piddine Elena Gentile ed Elly Schlein.

Occhi puntati su Strasburgo.

 

 

 

diritti, Donne e Uomini, Politica Febbraio 3, 2015

Aborto e contraccezione: altro 8 marzo di lotta. In Italia e in Europa

La Commissione Europea ha recentemente autorizzato la vendita in farmacia senza ricetta dellapillola dei 5 giorni dopo” (ulipristal acetato 30 mg). Il contraccettivo d’emergenza funziona soprattutto nelle prime 24 ore dopo il rapporto a rischio, bloccando o ritardando l’ovulazione: se non serve ricetta, l’assunzione è velocizzata e l’efficacia maggiormente garantita. I vari Paesi europei dovranno decidere se recepire o meno il pronunciamento Ue. In Italia l’accesso al farmaco è attualmente una corsa a ostacoli: non è necessaria solo la ricetta, ma anche un test di gravidanza che escluda il concepimento. Non è improbabile che il Consiglio superiore di Sanità decida per eliminare l’obbligo di test di gravidanza, mantenendo quello di ricetta: in sede Ue, infatti, i rappresentanti italiani si sono espressi contro il nuovo regime di dispensazione.

L’ulipristal acetato non può essere considerato un abortivo: è a tutti gli effetti un contraccettivo –come dicevamo, agisce bloccando l’ovulazione-, che contiene il numero dei concepimenti indesiderati e quindi delle interruzioni di gravidanza, in una prospettiva di riduzione del danno (meglio un non-concepimento che un aborto). 

Qualche giorno dopo il pronunciamento Ue, la Commissione sui diritti delle donne del Parlamento europeo ha approvato una Relazione sulla parità tra donne ed uomini, che comprende un documento dell’eurodeputato Marc Tarabella secondo il quale: “Il Parlamento europeo (…) insiste sul fatto che le donne debbano avere il controllo dei loro diritti sessuali e riproduttivi, segnatamente attraverso un accesso agevole alla contraccezione e all’aborto; sostiene pertanto le misure e le azioni volte a migliorare l’accesso delle donne ai servizi di salute sessuale e riproduttiva e a meglio informarle sui loro diritti e sui servizi disponibili; invita gli Stati membri e la Commissione a porre in atto misure e azioni per sensibilizzare gli uomini sulle loro responsabilità in materia sessuale e riproduttiva”.

A marzo il Parlamento europeo sarà chiamato a votare sulla relazione. Potrebbe capitare nuovamente quanto accaduto nel dicembre 2013, quando la risoluzione firmata dall’eurodeputata socialista Edite Estrela (che prevedeva, tra l’altro, che la Ue invitasse tutti gli Stati membri a garantire l’aborto e i diritti sessuali e riproduttivi delle donne) non passò con il contributo attivo (astensione) dei deputati del PD Silvia Costa, Franco Frigo, Mario Pirillo, Vittorio Prodi, Patrizia Toia, e David Sassoli. La Federazione delle Associazioni Familiari Cattoliche (FAFCE) è già mobilitata sollecitare i membri del Parlamento europeo a riaffermare nel voto di marzo la posizione già con la bocciatura della risoluzione Estrela.

Il voto degli eurodeputati Pd potrebbe essere nuovamente decisivo. Nel nuovo drappello Pd a Bruxelles uscito dalle ultime elezioni europee, un buon gruppo di eurodeputati che dovrebbe certamente sostenere il documento Tarabella. Ma serve l’impegno esplicito di tutto il partito, fatta salva la libertà di coscienza, perché possano essere tutelati i diritti sessuali e riproduttivi delle donne, nel nostro Paese già fortemente limitati dal sostanziale svuotamento della legge 194 a causa della massiccia obiezione di coscienza.

Qui una petizione al presidente del Consiglio e segretario del Pd Matteo Renzi.   

 

 

 

 

 

 

 

 

Corpo-anima, Donne e Uomini, Politica Giugno 21, 2012

#APPLY194

E’ accaduto ieri.

Mentre i giudici della Consulta decidevano sulla legittimità costituzionale dell’articolo 4 della legge 194 sull’interruzione di gravidanza, erano a Roma, Napoli, Salerno, Bologna, L’Aquila, Mestre, Torino, Milano, Livorno, Reggio Calabria. Erano a Londra. Erano in rete: su Facebook, dove venivano condivise notizie e fotografie dai presidi. Erano su Twitter, dove l’hashtag #save194 veniva rilanciato continuamente fino all’annuncio: la Corte respinge il ricorso giudicando “manifestamente inammissibile” la questione di legittimità sollevata.
Erano le donne e gli uomini che ribadivano diritto di scelta. La sentenza ha dato loro ragione.
Tutto finito? No. Tutto comincia, e comincia adesso.

Accendere i riflettori su una questione significa porla in primo piano, dove è giusto che sia. In queste settimane molte donne e uomini si sono chiesti come mai occorra, ancora, difendere una legge degli anni Settanta.
Occorre difenderla, è la risposta, perché quella legge non solo viene posta sotto attacco da anni, in innumerevoli campagne che da questo momento non vanno più, per motivo alcuno, definite “pro life”, ma solo e unicamente “no choice”.
Occorre difenderla perché è come se non ci fosse. Perché la percentuale di obiezione di coscienza (oltre il 90% nel Lazio, ma con numeri altissimi in tutte le regioni italiane) fa sì che per molte donne sia più semplice andare altrove. Rivolgersi a un privato, o espatriare (come fanno altre donne: quelle cui la legge 40 impedisce, di fatto, di diventare madri).
Occorre difenderla non solo perché verrà attaccata ancora, ma perché, fra pochi anni, non ci saranno più neanche quei pochi  ginecologi che la attuano, oggi, fra mille difficoltà.

Occorre difenderla e rilanciare:
– con una legge che introduca educazione sessuale nelle scuole, e campagne sulla contraccezione
– con il rafforzamento dei consultori
– con una presa di posizione netta e pubblica sulla non liceità dell’obiezione di coscienza dei farmacisti per quanto riguarda la pillola del giorno dopo
– con la possibilità reale e diffusa di usufruire della ru486
– con misure che garantiscano l’ingresso negli ospedali di nuovi medici non obiettori e di tutte le altre che sarà possibile mettere a punto in Italia e in Europa, con un coinvolgimento dei rappresentanti dei cittadini che non sia occasionale.

Perché il momento è adesso. I diritti che garantiscono libertà e dignità non sono un ripiego, non sono questione da rimandare a causa di una delle crisi economiche più drammatiche vissute da questo paese. I diritti sono ciò su cui questo paese si regge.

Da questo momento, dunque, #apply194.

 

Blogger Unite(D)

Giovanna Cosenza

Loredana Lipperini

Giorgia Vezzoli

 

 

 

 

Corpo-anima, Donne e Uomini, Politica Giugno 11, 2012

#SAVE194

Sembra, ogni volta, di dover ricominciare da capo.

Facciamolo, allora, e partiamo da una domanda. Questa: “tutte le donne italiane possono liberamente decidere di diventare madri?”. La risposta è no.
Non possono farlo, non liberamente, e non nelle condizioni ottimali, le donne che ricorrono alla fecondazione artificiale, drammaticamente limitata dalla legge 40.
Non possono farlo le donne che scelgono, o si trovano costrette a scegliere, di non essere madri: nonostante questo diritto venga loro garantito da una legge dello Stato, la 194.
Quella legge è, con crescente protervia, posta sotto accusa dai movimenti pro life, che hanno più volte preannunciato (anche durante l’ultima marcia per la vita), di volerla sottoporre (di nuovo) a referendum.

L’articolo 4 di quella legge sarà all’esame della Corte Costituzionale – il prossimo 20 giugno – che dovrà esaminarne la legittimità, in quanto violerebbe ” gli articoli 2, (diritti inviolabili dell’uomo), 32 I Comma (tutela della salute) e rappresenta una possibile lesione del diritto alla vita dell’embrione, in quanto uomo in fieri”.

Inoltre,  quella legge è svuotata dal suo interno da anni. Secondo il Ministero della Salute sono obiettori sette medici su dieci (per inciso, i cattolici praticanti in Italia, secondo i dati Eurispes 2006, sono il 36,8%): in pratica, si è passati dal 58,7 per cento del 2005 al 70,7 per cento del 2009 per quanto riguarda i ginecologi, per gli anestesisti dal 45,7 per cento al 51,7 per cento e per il personale non medico dal 38,6 per cento al 44,4 per cento. Secondo la Laiga, l’associazione che riunisce i ginecologi a difesa della 194, i “no” dei medici arriverebbero quasi al 90% del totale, specie se ci si riferisce agli aborti dopo la dodicesima settimana. Nei sette ospedali romani che eseguono aborti terapeutici, i medici disponibili sono due; tre (su 60) al Secondo Policlinico di Napoli. Al Sud ci sono ospedali totalmente “obiettanti”. In altre zone la percentuale di chi rifiuta di interrompere la gravidanza sfiora l’80 per cento, come in Molise, Campania, Sicilia, Bolzano. Siamo sopra l’85% in Basilicata. Da un’inchiesta dell’Espresso di fine 2011, risulta che i 1.655, non obiettori hanno effettuato nel solo 2009, con le loro scarse forze, 118.579 interruzioni di gravidanza, con il risultato che più del 40% delle donne aspetta dalle due settimane a un mese per accedere all’intervento, e non è raro che si torni all’estero, alla clinica privata (o, per le immigrate soprattutto, alle mammane). Oppure, al mercato nero delle pillole abortive.
Dunque, è importante agire. Vediamo come.

Intanto, queste sono alcune delle iniziative che sono state prese:
1) Lo scorso 8 giugno, Aied e Associazione Luca Coscioni hanno inviato a tutti i Presidenti e assessori alla sanità delle Regioni un documento sulle soluzioni da adottare per garantire la piena efficienza del servizio pubblico di IVG come previsto dalla legge. “Siamo altresì pronti a monitorare con attenzione l’applicazione corretta della legge e, se necessario, a denunciare per interruzione di pubblico servizio chi non ottempera a quanto prevede la legge”, hanno detto.
Le proposte sono:
Creazione di un albo pubblico dei medici obiettori di coscienza;
Elaborazione di una legge quadro che definisca e regolamenti l’obiezione di coscienza;
Concorsi pubblici riservati a medici non obiettori per la gestione dei servizi di IVG;
Utilizzo dei medici “gettonati” per sopperire urgentemente alle carenze dei medici non obiettori;
Deroga al blocco dei turnover nelle Regioni dove i servizi di IVG sono scoperti.

2) La scorsa settimana ha preso il via la campagna contro l’obiezione della Consulta di Bioetica Onlusqui trovate le informazioni e qui il video.

Diffondere queste informazioni è un primo passo. Ce ne possono essere altri. Fra quelli a cui, discutendo insieme, abbiamo pensato, ci sono:
1) Raccogliere testimonianze. Regione per regione, città per città, ospedale per ospedale, segnalateci gli ostacoli nell’accesso all’IVG e alla contraccezione d’emergenza. Potete farlo anche in forma anonima, nei commenti al blog. Ma è importante: perché solo creando una mappa dello svuotamento della legge è possibile informare su quanto sta avvenendo ed eventualmente pensare ad azioni anche legali.
2) Tenere alta l’attenzione in prossimità del 20 giugno. Lanciate su Twitter l’hashtag #save194, fin da ora.
L’intenzione di questo post è quella di informare. Non è che il primo passo: perché la libertà di scelta continui a essere tale, per tutte le donne italiane.

postato in contemporanea da

Associazione Pulitzer

Giulio Cavalli

Giovanna Cosenza

Loredana Lipperini

Giorgia Vezzoli

Lorella Zanardo

e molti altri

 

P.S. Questa riflessione a margine invece è tutta mia: siamo ancora qui a parlare di aborto -e di violenza-, a dover difendere i minimi vitali. Ok, è da fare e si fa. Ma con la consapevolezza del fatto, per quanto mi riguarda, che questi minimi vitali – e anche di più, se Dio vuole- saranno garantiti solo quando le donne parteciperanno al governo del Paese. Occorre perciò non lasciarsi distrarre dalla lotta per la rappresentanza che oggi richiede il più e il meglio delle nostre energie. Anche se mi rendo conto che non tutte ne sono convinte.