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piefrancesco majorino

Politica Febbraio 8, 2016

Fine del modello Milano: #tuttacolpadiPisapia. O quasi

Milano, ieri sera all’Elfo Puccini: il vincitore delle primarie Beppe Sala. A fianco, il suo grande elettore Piero Bassetti e Paolo Limonta. Sullo sfondo il sindaco uscente Giuliano Pisapia e la candidata sconfitta Francesca Balzani

 

Il sindaco in scadenza Pisapia è visibilmente mesto, un sorriso stampato e tirato che di tanto in tanto cede a una maschera livida tipo Padre Pio. #TuttacolpadiPisapia stavolta è vero. Se non tutta quasi, e tutti lo pensano. All’Elfo Puccini, la Bastiglia della Rivoluzione arancione (se non vi ricordate quei giorni leggete qui) la resa è rovinosa. Dal momento dell’annuncio della sua non-ricandidatura, ormai quasi un anno fa, Pisapia non ne ha fatta una giusta: un libro inopportuno per bruciare il suo ex-supercompetitor Stefano Boeri e Pierfrancesco Majorino, la caparbia convinzione di poter decidere il successore, un’andatura da Sor Tentenna che ha logorato la fiducia dei suoi adoratori, il cedimento su Beppe Sala, il lancio –in ritardo- di Balzani, due umilianti viaggi a Roma da Matteo Renzi, e poi “sarò arbitro imparziale” e invece no, in extremis, “sto con la mia vicesindaca”. Un disastro.

L’errore più grave è stato scappare dal secondo mandato. “E dire” giura un super-renziano nel foyer “che Matteo sperava davvero in una sua ricandidatura. L’avrebbe sostenuto. Il rischio a Milano era troppo grande. Preferiva non correrlo. Ma non c’è stato verso”. Pisapia non sarà più sindaco, ma non sarà neanche il leader politico che progettava di essere. Solo tiepidi applausi, qualche fischio e qualche “buu” quando pronuncia il suo discorsetto retorico, ai limiti dell’afasia, per onorare il vincitore delle primarie Beppe Sala. Un’uscita ingloriosa.

La sala dell’Elfo Puccini si riempie solo intorno alle 22.30, quando lo spoglio conferma gli exit poll. Prima di quel momento solo un centinaio di fedelissimi, prevalentemente balzaniani e majoriniani. Clima da funeral house. Il morto è il modello Milano. Un sottofondo di musica funky e groove rende tutto più surreale. Sembra una convention di rappresentanti di spazzole.

La prima ad arrivare è Francesca Balzani, elegantemente sorridente (34 per cento). Si mangerebbe Majorino con patate ma non lo dà a vedere. Il carattere freddo e controllato aiuta. A ruota Majo (23 per cento) accolto dalla ola dei supporter. Raggiante e baldanzoso come se avesse vinto lui (ma forse qualcosa l’ha vinto uguale). Ultimo, il vincitore vero, Beppe Sala. Non proprio trionfatore, ma comunque vincitore. Altre due settimane di campagna l’avrebbero sfibrato: partito con un 60 per cento di consensi, si è dovuto accontentare del 42, mentre Balzani cresceva a vista d’occhio.

Jeans, camicia bianca e giacchetta kaki, la faccia ancora segnata da una ragionevole preoccupazione, Sala si arrampica sul palco accompagnato da un incongruo “Heroes”, un po’ tantino per un ragiunatt. Giura che non deluderà Milano, ringrazia Pisapia (niente applausi), parla di squadra e di politica “dal basso” (mamma che noia). Nessun trionfalismo, l’italiano scabro e un po’ incerto da uomo dei conti. La soddisfazione di essere andato bene in periferia: sarà anche il più destro dei candidati, ma forse è anche l’unico, da ex-manager Pirelli, ad aver visto le tute blu. Balzani giura fedeltà. Majorino giura fedeltà. Perché “la battaglia vera comincia adesso” etc etc. E ciao.

Non giurano fedeltà i loro sostenitori, quelli che per tutta la campagna hanno detto “però poi se vince Sala poi sto a casa”. Sel prende una bella botta e si ritira per l’ennesimo seminario di terapia e pallottole. Con Sala, con Passera sempre più destro, con Parisi o chi per lui come candidato del centrodestra vero, la voglia di stare a casa (o andare al mare o, a scelta, in uno slancio dadaista, di votare la sciura Bedori detta Misery) è più che giustificata.

A Milano #thedayafter niente arcobaleni, né singoli né doppi, un grigio londinese. Era tutto scritto, la parentesi arancione stava per chiudersi, ma tanti sembrano pugili suonati. Tutti a lavorare, è lunedì. I morti sono già bell’e sepolti. Ma un certo terrore ligure serpeggia. Che cosa fa Sel? E se si candida Civati? Capiterà qualcosa a sinistra? E’ giorno di riunioni politiche, più o meno carbonare. Milano ha retto agli austriaci e ai sabaudi. Qualche problema potrebbe crearlo anche al Partito Nazione.

Majorino ha ragione: la battaglia vera comincia adesso. Forse non solo nel senso che intende lui.

 

 

Politica Ottobre 25, 2015

Il sindaco di Milano non potrà non dirsi renziano

A Milano volano gli stracci (tra l’ex vicesindaca Ada Lucia De Cesaris e il candidato Pd alle primarie Pierfrancesco Majorino, accusato di usare il proprio ruolo istituzionale per farsi campagna elettorale) e si gira a vuoto alla vana ricerca di un candidato civico che si sacrifichi per non far sembrare le eventuali imminenti primarie quello che effettivamente sono: primarie del Pd, e non del centrosinistra. Oltretutto con candidati deboli e inadeguati a sostenere la sfida con il centrodestra.

Primarie ben diverse da quelle “risorgimentali” del 2010. Quindi molto poco attrattive per il centrosinistra (figuriamoci per la città nel suo complesso, che del dibattito sulle primarie se ne sta sbattendo allegramente).

Una cosa molto pericolosa e deprimente, il cui esito potrebbe essere quello di consegnare la città al centrodestra.

Lo stato di salute della coalizione è pessimo.

I civici di sinistra divisi e delusi: la promessa di partecipazione è stata tradita.

Prc si è già chiamata fuori.

Sel continua a cambiare idea sull’eventuale candidatura di Giuseppe Sala, commissario di Expo: dal “parliamone” al “no” nel giro di una settimana.

Pippo Civati, fondatore di Possibile, ha parlato senza mezzi termini di fine del modello Milano. E il sindaco Pisapia lo ha ricambiato con un sostanziale “tu non esisti”.

E’ il Pd a tenere saldamente il mazzo, dettando modi e tempi, lo sguardo puntato sul business miliardario palazzinaro del dopo Expo, vero punto programmatico: il nuovo sindaco di Milano non potrà non dirsi renziano.

Non che a Milano manchino possibili ottimi candidati civici, come Ferruccio De Bortoli, molto inviso a Renzi –che l’ha già bocciato come presidente Rai- per le sue ferme prese di posizione. Perfino piddini renziani come Stefano Boeri sostengono che “non ci sono le condizioni” per candidarsi.

Le condizioni in atto sono che il Pd di Renzi, com’è nel suo stile consolidato, intende designare il sindaco di Milano, o più precisamente gestire il business della città-holding Milano. Preferibilmente senza primarie o, nel caso non se ne potesse fare a meno, gestendole in modo consono. Se non sarà Sala, potrebbe anche andare il ministro Martina.

Tutto qui. Il Pd renziano è il vero responsabile della rottura del modello Milano, con tutto ciò che ne conseguirà. Il vero tema è che un centrosinistra con dentro il Pd non è più immaginabile.

Se c’è una speranza per questo modello virtuoso, pur con tutti i suoi limiti, è fuori da queste primarie-trappola, in uno scatto di libero orgoglio creativo. Al momento nessuna traccia.

P.S: una differenza notevole, rispetto al 2010, è che allora i candidati -oltre a non essere tutti del Pd come stavolta- erano rinomati professioni sti che rischiavano anche il reddito -in alcuni casi notevole- per amore della città e della politica. Stavolta invece sono tutti del Pd e tutti politici professionisti in cerca di conferma.

Politica Giugno 27, 2015

Milano, il Bisindaco e altre chimere

Qualche svagato pensiero del week end sul prossimo sindaco di Milano.

L’idea del ticket Sala-Majorino per il centro sinistra -una specie di chimera paralitica, il Bisindaco, la cui principale attività sarebbe litigare- dà un’idea di disperazione che non aiuta: twu is megl che uàn, dato che uàn perderebbe a sinistr, l’altr perderebbe a destr. Bisogna un po’ riabituarsi all’idea strambissima che chi vince a sinistra potrebbe perdere a destra e viceversa, anzi oggi più che mai visto la fregatura che i cittadini hanno preso dalle larghe intese. Faccio peraltro notare che la novità del 50/50 donne e uomini non può essere archiviata con tanta nonchalance, anche se sarebbe comodo.

Serve semplicemente il coraggio della propria proposta, chiara e semplice, e ne serve molto in tempi di elettorato liquido e malmostoso, che non garantisce più nulla e rende i sondaggi del tutto inaffidabili: quello che il campione ti ha risposto il lunedì potrebbe non valere più già il martedì.

Ai sondaggisti è consigliabile una riflessione, e ai candidati di andare “nudi” alla meta, con semplicità e generosità, accettando il fatto di essere lì a correre un rischio.

Quanto a Roma, al premier e ai suoi incaricati, meno si faranno vedere e meglio sarà per il centrosinistra. E per almeno due ragioni: Milano non l’ha mai capita nessuno, milanesi a parte, e mai del tutto nemmeno loro; al tradizionale orgoglio meneghino si va vieppiù assommando un compiaciuto tiro al Renzi di cui forse il Renzi stesso non ha del tutto contezza. E del resto chi sbandiera un programma e ne realizza un altro, chi accende vertiginose speranze col turbo, con tanto di fogli excel (per chi ci è cascato: tantissimi) e altrettanto vertiginosamente e col turbo le tradisce, il conto non può essere questo: vertiginoso e col turbo.

 

Donne e Uomini, Politica Giugno 10, 2011

FIDUCIA!

27 maggio 2011, l'arcobaleno beneaugurante su Milano

Se la giunta milanese è questa, lo sapremo ufficialmente oggi, siamo a cavallo. Hanno lavorato fino alle 3 di stanotte. E ora il laboratorio Milano può partire davvero.

Maria Grazia Guida vicesindaco con delega all’Istruzione.

Bruno Tabacci al Bilancio.

Stefano Boeri alla Cultura con delega all’Expo, Moda e Design.

In Giunta il cattolico del Pd Marco Granelli.

Al giovane del Pd Pierfrancesco Maran Ambiente e Mobilità.

Al Welfare il capogruppo uscente Pierfrancesco Majorino.

La direttrice del carcere di Bollate, Lucia Castellano si occuperà di Sicurezza.

Tra le new entry Chiara Bisconti, dirigente delle Risorse umane della San Pellegrino, che si occuperà di Benessere. 

Franco D’Alfonso, coordinatore della lista “Milano civica”, alle Attività produttive.

La giovane funzionaria Cgil vicina a Sel Cristina Tajani al Lavoro.

Per Sinistra Ecologia e Libertà anche il Decentramento che va a Daniela Benelli.

L’avvocato Ada Lucia De Cesaris, presidente del collegio dei Garanti del Comune, all’Urbanistica.

Alla Federazione della Sinistra andrà molto probabilmente la presidenza dell’aula di Palazzo Marino (con il decano dei consiglieri, Basilio Rizzo)

Molte donne in giunta, come promesso, e donne capaci (e adesso tutti quelli e tutte quelle che mi hanno detestata per aver rotto l’anima a Pisapia sul 50/50 vengano a Canossa: pardon, nota personale).

L’età media si è decisamente abbassata. La necessaria mediazione con i partiti non è andata a scapito delle competenze. Insomma, c’è motivo di avere molta fiducia. Fiducia, fiducia, fiducia! Stiamo attorno alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi, tutte e tutti pronti a dare loro una mano.

Un vivissimo buon lavoro a tutti, ma permettetemi di abbracciare in particolare Maria Grazia Guida, Stefano Boeri, Lucia Castellano, Chiara Bisconti, e i due Pier! Vi voglio bene!

eccole/i qui!