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Politica Febbraio 16, 2014

Showdown Pd: potrebbe essere andata così

Se aveste visto il viso raggiante di una vecchia deputata, giovedì 13 in direzione Pd, subito dopo lo scannamento della “giraffa” Letta… Un’inutilissima signora alla sua QUINTA legislatura che presumendo di non vederne una SESTA, sta cercando di tirare almeno fino al 2018. Sarà interessante vedere che cos’altro escogiterà per non tornare a casa.

La manovra di palazzo così poco renziana per il governo Renzi è l’esito, come si dice con un’espressione insopportabile, del “combinato disposto” della volontà dei “poteri forti” (altra espressione antipatica, ma rende); dell’ambizione fuori misura del giovane candidato premier -forza ma anche grave limite-; e della somma degli interessi particolari dei singoli parlamentari: pur con onorevoli eccezioni, questo è il Parlamento più autoconservativo della storia repubblicana, pericoloso mix di rottamandi e miracolati. Chiunque o qualunque cosa consenta di non tornare alle urne se lo/la voteranno. Il che non è tranquillizzante.

Potrebbe anche essere andata così: caro Matteo, vuoi portartelo a casa, il tuo Italicum? perché sulla legge elettorale possiamo farti vedere i sorci verdi e farti andare rapidamente a sbattere. E allora vai a fare il premier e portaci fino al termine della legislatura, senza se e senza ma. E molla un po’ il partito: a quello penseremo noi.

Ma il seguito della storia potrebbe essere questo: che prima o poi -io dico poi, vedrete che cercheranno di farla scivolare in fondo all’agenda- la stramaledetta legge elettorale la faranno, e il Matteo, forte di questo e magari di qualche altro risultato consolidato, alle urne deciderà di andarci. Perché con l’alleanza che si ritrova l’idea di tirare il 2018 è pura fantascienza. Sempre che una maggioranza, per quanto traballante, riesca a metterla in piedi. 

Nel frattempo speriamo ci sia ancora un Paese da governare.

Aggiornamento ore 23.00: Richetti a Ballarò conferma il mio ragionamento sul “ricatto” dei parlamentari a Renzi:

“Chissà il parlamento quando avrebbe rilasciato la legge elettorale”.
Ovvero: o ci garantisci fino al 2018 o ti mandiamo a sbattere.

Che brave persone, che senso del Paese!

esperienze, Politica Novembre 4, 2013

Politica-Bostik: incollati alla poltrona

 

Flavia Perina la chiama “nevrosi del parlamentare”. Lei che parlamentare lo è stata, e dalle ultime elezioni non lo è più a causa dell’evaporazione del suo partito (Fli), si è riassestata nella sua vita: fa la giornalista free lance, è alquanto tosta e continua ad amare e seguire la politica. Ma ha visto da vicino la sindrome di chi, eletto nelle istituzioni, vive nel terrore di perdere la poltrona, per dirla in modo pop. Terrore che oggi ha raggiunto i livelli di guardia e dal quale la politica è fortemente condizionata: quello che conta è che il governo duri il più a lungo possibile per evitare di andare a nuove elezioni, con il rischio di non venire ricandidati. Una quota considerevole di parlamentari che rinuncia alla propria autonomia di giudizio e a rappresentare il suo elettorato per evitare di indispettire la nomenclatura di partito, che potrebbe decidere di non ricandidarli. Le ragioni personali pesano sempre e ovunque. Ma nella politica di oggi sembrano pesare ben oltre il livello fisiologico: la rappresentanza democratica coincide sempre più strettamente con la rappresentazione del proprio utile.

“Il fatto è che ormai nei partiti è una roulette russa” dice Perina. “Nel Pd molti veterani non potranno godere di ulteriori deroghe, e poi ci sono i miracolati delle primarie di Capodanno, entrati con una manciata di voti, che rischiano di tornaresene per sempre a casa. Nel Pdl, il “padrone” che, come se gestisse una sua azienda, potrebbe decidere di nominare una qualunque soubrette al posto tuo, senza doverti alcuna spiegazione. Il terrore di non rientrare è trasversale alle larghe intese. E colpisce anche il Movimento 5 Stelle”.

Anche se questo fa in qualche modo parte del patto a 5 stelle: negli incarichi si ruota, sai che potresti durare giusto una legislatura…

“Sì. Ma anche per loro la carne è debole. Anche qui pesa l’istinto di autoconservazione. Sai che sei entrato con un consenso occasionale e contingente. Che non ci sarà il secondo giro e che non diventerai mai un professionista della politica”.

E questo è un male? Per loro sì, certo: ma per noi?

“Be’, alcuni cominciano a “studiare” da ragazzini per fare questa carriera: prima consiglieri di zona, poi in comune, poi tenti il salto regionale e nazionale. Una costruzione faticosa”.

Come per una carriera professionale. Salvo che poi in questo modo vengono eletti quelli che hanno “timbrato”, i padroncini delle tessere, piccoli funzionari, burocrati. E mai i talenti che magari non hanno frequentato circoli e sezioni, ma che servirebbero davvero al Paese. Raro che i due profili coincidano.

Qui c’entra la crisi dei partiti. Una volta c’era una forte attività di scouting nel senso nobile del termine: per riequilibrare l’eccesso di nomine interne e per evitare un andamento asfittico si cooptavano esterni talentuosi. Intellettuali, professionisti, imprenditori che portavano la loro visione e il loro valore aggiunto, e magari anche la scomodità di un po’ di eresia e di anticonformismo, che al partito facevano bene. Poi è intervenuto un mutamento genetico profondo, connesso al racconto berlusconiano-televisivo: pochi esterni e tutti mediatici, a destra come a sinistra. Per lo più gente passata in tv: le veline candidate in Europa, previo corso accelerato di politica, ma anche figure come quelle della sportiva Valentina Vezzali, deputata di Scelta Civica. La quale, mi dicono, alla Camera si vede molto poco…”.

Tornando al tema, un Parlamento in cui le logiche autoconservative sono prevalenti: che soluzioni vedi?

“Una legge elettorale basata su piccoli collegi e con doppio turno, sul modello della legge per i sindaci. Questo obbliga i partiti a candidare gente presentabile, con una biografia riconosciuta dalla comunità locale, bypassando le logiche mediatiche. Si tratta di rivalutare le reputazioni. Così oltretutto si potrebbe anche ridurre la nevrosi del parlamentare: se lavori bene, la tua comunità ti riconfermerà e un secondo giro lo farai”.

E stabilire un limite del numero di mandati? E magari pure degli emolumenti?

“Il limite dei mandati potrebbe anche essere un aiuto psicologico: sai che in ogni caso dopo il secondo vai a casa, e sei più libero. Quanto agli stipendi, sono meno d’accordo”.

Ricordaci quanto porta a casa un parlamentare.

9-10 mila euro netti. Lavoro ben pagato, certo. Ma se lo fai bene è molto impegnativo e comporta spese cospicue. E se guadagni abbastanza puoi permetterti di dedicarti solo a quello, evitando conflitti di interesse”.

Da europarlamentare Alex Langer non volle una lira in più rispetto al suo stipendio di insegnante.

“Scelta nobilissima. A Roma gli assessori prendono 2500 euro. Ma quale professionista di valore si sentirebbe di rinunciare ai suoi introiti e di mettere in discussione la sua reputazione per meno di quella cifra? Mentre per uno che per esempio fa l’impegato e prende 2000 euro il salto è enorme: proprio questa tipologia di parlamentari è la più soggetta a tentazioni, disponibile a ogni compromesso e salto della quaglia in cambio di una garanzia di permanenza”.

Ma perché questa “addiction”? Perché non essere rieletti è talmente devastante? Ci sono molte cose da fare a questo mondo. Anche la politica, da non eletti.

“La droga dello stare in quei posti è lo status. Una cosa che può dare alla testa, specie se sei un neofita. Il 90 per cento dei parlamentari non vive nelle metropoli, non sta a Milano o a Roma, vive in piccole realtà. Ti chiamano onorevole, ti senti un principe. Ho visto neo-eletti rifarsi daccapo il guardaroba. E’ una nuova nascita nella casta”.

Fuoruscirne, quindi, è una pre-morte… Tu però sei ancora viva, mi pare.

“Dirigevo un giornale. Non ho perso solo il posto da parlamentare, ho perso anche quella direzione per volontà di Berlusconi, e la perdita più grande è stata questa. Ma continuo a seguire la politica e a farla, da un’altra posizione. Dicevo che è più che altro una questione di status, perché poi il potere del parlamentare è pressoché nullo. Sia il Pd sia il Pdl hanno rinunciato da tempo all’idea di vincere. L’idea definitivamente introiettata è quella di una politica che gestisca consociativamente gli interessi. Qualcuno l’ha chiamata la politica del Gps, ovvero del posizionamento: non sei lì per la polis, per portare temi, per rappresentare i cittadini. Il gioco è tutto interno, stretto sulle alleanze e sugli accomodamenti tra schieramenti. Il consociativismo al suo massimo livello“.

 

 

economics, esperienze, Politica Giugno 25, 2013

La politica non funziona più

Ci ho creduto? Mah. Mi era solo parso che qualche possibilità ci fosse. Ho votato (per l’ultima volta?). Ho spinto per il rinnovamento. Ho guardato con interesse ad alcune candidate -e anche a qualche candidato-. Ho sperato in una soluzione di governo -e me ne sono beccata un’altra, amen-.

Ho pensato che quelle tre-cose-tre le avrebbero portate a casa. Ma ormai, dopo due mesi, non vediamo altro che rinvii. E la condanna di Berlusconi, che inceppa meccanismi già ingrippati. E l’economia, che sussulta come la Lunigiana.

Un amico mi dice che niente da fare, il mondo della politica è un reality, è un mondo duplex che viaggia sulla sua orbita. Non lo cambi. Temo che sia così. Inutile continuare a farsi illusioni. Il filo con alcuni ex-candidati -ora eletti- si è interrotto. Prima gli servivi. Adesso non gli servi più. Volevano semplicemente entrare nella “Casa”.

Ne ho visti un paio, a una cosa romana. Pettoruti, ebbri, e inefficaci. Ho visto anche un paio di non rielette, non hanno passato le nomination, psichicamente devastate: spaventoso uscire dalla “Casa” e tornare alla normalità. A una che invece è rientrata dico: come mai sulla Turchia avete taciuto? E lei: accidenti, non potevi telefonarmi?

Niente da fare. Non sta funzionando. E’ molto peggio del meno peggio. Non combinano niente. Non sono bravi. Non sanno fare la vecchia politica né inventarne una nuova. Non ci tireranno fuori dai guai. E’ già molto che non ne combinino. Dovremo cavarcela da soli.

Forse quello che si dovrebbe fare è spostare quanta più politica fuori di lì. Portargli via roba. Svuotare progressivamente di significato quei luoghi. Lasciargli sempre di meno da decidere. Inventare altri modi per regolare la convivenza. Riprendere la riflessione sulla centralità politica ed economica delle comunità locali nella gestione dei beni comuni (vedi Elinor Ostrom). Benché anche con le giunte ci sia poco da ridere.

Ricominciare da noi. Farlo in fretta.

 

 

 

 

Donne e Uomini, giovani, Politica Marzo 15, 2013

Preliminari infiniti

 

Non so voi, io sto cercando di seguire ancora i talk politici. Devo farlo, quanto meno per lavoro. Mi pare di non farcela più. Mi pare che nessuno di noi ce la faccia più.

Ci manca, amic*, la necessaria concentrazione per seguire nel dettaglio i non accordi, i tatticismi, le schede bianche, la deflagrazione del Pd (in cui è rappresentato tutto il ventaglio delle ipotesi: dall’accordo con i 5 stelle, al governissimo con il Pdl, a un’alleanza con la Lega, al ritorno alle urne), le vicende giudiziarie di Berlusconi, il conflitto tra il Presidente Napolitano e il partito di Repubblica… Non riusciamo a eccitarci per l’elezione dei presidenti della Camera e del Senato, no.

Non per cattiveria, ma quelle poche energie che ci restano dobbiamo riservarle a far quadrare il bilancio familiare, a cercare le offerte per la spesa, a non perdere il lavoro, o a cercarne uno se l’abbiamo già perso, a preoccuparci per i figli, a organizzare i turni per occuparci dei bambini, dei vecchi e dei malati, visto che che il welfare siamo noi, a tenere in qualche modo viva la fiducia… stupidaggini così.

Sbrigatevi: non ce la facciamo più, con questi preliminari infiniti. Nessuno vi ha costretto a candidarvi: è stata una vostra libera scelta, siete stati eletti, ora fate in fretta, senza clamore, responsabilmente, tutto quello che dovete fare per il bene del vostro Paese. Lavorate per unire, non per dividere. Gettate ponti: e invece di giorno in giorno vediamo aumentare le lacerazioni. Come se ognuno giocasse solo la propria partita personale, eventualmente su più tavoli, tutti contro tutti. Non perdete i contatti con la realtà. Non lasciatevi drogare dall’eccitazione della politica politicante. Fate parlare le vostre coscienze.

Ma la vera grande paura è quella di nuove elezioni. Il Paese potrebbe rivoltarsi. La protesta disciplinata del Movimento 5 Stelle potrebbe non bastare più. L’argine potrebbe crollare.

Dovreste conoscerlo, questo Paese che avete voluto rappresentare. Dovreste sapere della sua grande resilienza, della sua capacità di assorbire tutto, di adattarsi a tutto, fino allo stremo. Ma dovreste tenere presente anche il modo in cui, all’improvviso, questo Paese si rivolta e fa saltare il banco.

Io spero che il Presidente Napolitano, rompendo ritualità e indugi, saltando ogni inutile cerimonia, sappia rapidamente indicare il nome di un candidato presidente del Consiglio la cui personalità abbia qualche chance di rompere schemi e schieramenti sollecitando la coscienza di ogni singolo parlamentare. Abbiamo un parlamento ringiovanito e femminilizzato: spero che sappia reinterpretare il suo ruolo, che si riprenda la propria centralità, ridimensionando il ruolo del governo, buttando all’aria la scacchiera dei tatticismi politicanti, rompendo da subito con le logiche imposte dalle vecchie leadership e avendo come stella polare il bene del Paese, non quello angusto del proprio schieramento. Non dimenticate di essere donne, non dimenticate di essere giovani, non smettete di parlare la vostra lingua.

Disubbidite!

E fate in fretta.  Stiamo soffrendo troppo. Non c’è più tempo.