Ci ho creduto? Mah. Mi era solo parso che qualche possibilità ci fosse. Ho votato (per l’ultima volta?). Ho spinto per il rinnovamento. Ho guardato con interesse ad alcune candidate -e anche a qualche candidato-. Ho sperato in una soluzione di governo -e me ne sono beccata un’altra, amen-.

Ho pensato che quelle tre-cose-tre le avrebbero portate a casa. Ma ormai, dopo due mesi, non vediamo altro che rinvii. E la condanna di Berlusconi, che inceppa meccanismi già ingrippati. E l’economia, che sussulta come la Lunigiana.

Un amico mi dice che niente da fare, il mondo della politica è un reality, è un mondo duplex che viaggia sulla sua orbita. Non lo cambi. Temo che sia così. Inutile continuare a farsi illusioni. Il filo con alcuni ex-candidati -ora eletti- si è interrotto. Prima gli servivi. Adesso non gli servi più. Volevano semplicemente entrare nella “Casa”.

Ne ho visti un paio, a una cosa romana. Pettoruti, ebbri, e inefficaci. Ho visto anche un paio di non rielette, non hanno passato le nomination, psichicamente devastate: spaventoso uscire dalla “Casa” e tornare alla normalità. A una che invece è rientrata dico: come mai sulla Turchia avete taciuto? E lei: accidenti, non potevi telefonarmi?

Niente da fare. Non sta funzionando. E’ molto peggio del meno peggio. Non combinano niente. Non sono bravi. Non sanno fare la vecchia politica né inventarne una nuova. Non ci tireranno fuori dai guai. E’ già molto che non ne combinino. Dovremo cavarcela da soli.

Forse quello che si dovrebbe fare è spostare quanta più politica fuori di lì. Portargli via roba. Svuotare progressivamente di significato quei luoghi. Lasciargli sempre di meno da decidere. Inventare altri modi per regolare la convivenza. Riprendere la riflessione sulla centralità politica ed economica delle comunità locali nella gestione dei beni comuni (vedi Elinor Ostrom). Benché anche con le giunte ci sia poco da ridere.

Ricominciare da noi. Farlo in fretta.

 

 

 

 

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