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economics, Politica Dicembre 2, 2011

Dio, famiglia e bellezza. Italia 2011per Il Censis

In tempi di crisi, gli italiani riscoprono il valore della responsabilità collettiva: il 57,3% è disponibile a fare sacrifici per l’interesse generale del Paese. Anche se il 46% di questi lo farebbe solo in casi eccezionali.

Risulta da un’indagine del Censis contenuta nel Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2011. Secondo il rapporto, il 65,4% indica la famiglia come elemento che accomuna gli italiani, mentre l’81% condanna duramente l’evasione fiscale. A fronte poi di un 46% di cittadini che si dichiara «italiano», c’è un 31,3% di «localisti» che si riconoscono nei Comuni, nelle regioni o nelle aree territoriali di appartenenza, un 15,4% di «cittadini del mondo» che si identificano nell’Europa o nel globale e un 7,3% di «solipsisti» che si riconoscono solo in se stessi.

Ancora oggi i pilastri del nostro stare insieme fanno perno sul senso della famiglia, indicata dal 65,4% come elemento che accomuna gli italiani. Seguono il gusto per la qualità della vita (25%), la tradizione religiosa (21,5%), l’amore per il bello (20%).

Cosa dovrebbe essere messo subito al centro dell’attenzione collettiva per costruire un’Italia più forte? Per più del 50% la riduzione delle diseguaglianze economiche. Moralità e onestà (55,5%) e rispetto per gli altri (53,5%) sono i valori guida indicati dalla maggioranza degli italiani.

Emerge poi la stanchezza per le tante furbizie e violazioni delle regole. L’81% condanna duramente l’evasione fiscale: il 43% la reputa moralmente inaccettabile perchè le tasse vanno pagate tutte e per intero, per il 38% chi non le paga arreca un danno ai cittadini onesti.

Infine, il Censis sottolinea come il modello di sviluppo italiano abbia sempre trovato nella famiglia un punto di grande forza e la famiglia si sia sempre fatta carico dei bisogni sociali, andando a integrare se non a sostituire le prestazioni di welfare. Ma questo modello, avverte, comincia a mostrare segni di debolezza: se è vero che in proporzione al Pil la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane rimane una delle più rilevanti in Europa, in valore assoluto si è assistito a una erosione significativa di questo patrimonio tra il 2006 e il 2009, il cui ammontare è passato da 3.042 miliardi di euro a 2.722 miliardi. Inoltre, dal punto di vista della capacità di assistenza informale delle famiglie, il numero dei potenziali caregiver (persone che si prendono cura dei familiari) andrà riducendosi in modo netto: se nel 2010 c’erano 18,5 persone autosufficienti in età compresa tra 50 e 79 anni (fascia d’età nella quale rientra la gran parte dei caregiver) per ogni ultraottantenne non autosufficiente, entro il 2040 questa proporzione è destinata a dimezzarsi, scendendo a 9,2 caregiver per ogni anziano potenzialmente bisognoso di assistenza.

La crisi economica in Italia ha colpito in particolar modo i giovani. Lo sottolinea il Censis riferendo: «La crisi si è abbattuta come una scure su questo universo: tra il 2007 e il 2010 il numero degli occupati è diminuito di 980.000 unità e tra i soli italiani le perdite sono state pari a oltre 1.160.000 occupati». «Investita in pieno dalla crisi, ma non esente da responsabilità proprie, la generazione degli under 30 – si legge nel Rapporto Censis – sembra incapace di trovare dentro di sè la forza di reagire. La percentuale di giovani che decidono di restare al di fuori sia del mondo del lavoro che di quello della formazione è in Italia notevolmente più alta rispetto alla media europea: se da noi l’11,2% dei giovani di età compresa tra 15 e 24 anni, e addirittura il 16,7% di quelli tra 25 e 29 anni, non è interessato a lavorare o studiare, la media dei 27 Paesi dell’Ue è pari rispettivamente al 3,4% e all’8,5%. Di contro, risulta da noi decisamente più bassa la percentuale di quanti lavorano, pari al 20,5% tra i 15-24enni (la media Ue è del 34,1%) e al 58,8% tra i 25-29enni (la media Ue è del 72,2%)». Nonostante l’occupazione resti al palo, «non si registra l’emergere di atteggiamenti più intraprendenti». Per esempio gli italiani sono in assoluto i meno propensi, tra i giovani europei, a lavorare in un altro Paese europeo: si dichiara desideroso o disposto a farlo solo il 40,9% degli intervistati. Inoltre i giovani, che dovrebbero rappresentare il segmento più avvantaggiato da una maggiore liberalizzazione dei licenziamenti, «già oggi – rileva ancora il Censis – sono quelli su cui più grava il costo della mobilità in uscita». Nel 2010, su 100 licenziamenti che hanno determinato una condizione di inoccupazione, 38 hanno riguardato giovani con meno di 35 anni e 30 persone con età compresa tra 35 e 44 anni. Solo in 32 casi si è trattato di persone con 45 anni di età o più.

Una società «fragile, isolata ed eterodiretta», con una dialettica politica «prigioniera del primato dei poteri finanziari»: così ci vede il Censis, nel suo 45/mo Rapporto sulla situazione sociale del Paese. I nostri antichi punti di forza non riescono più a funzionare, dice l’istituto, che avverte: è «illusorio» pensare che i poteri finanziari disegnino sviluppo, perchè lo sviluppo «si fa con energie, mobilitazioni, convergenze collettive». È quella dunque, secondo il Censis, la direzione da seguire.

«Mentre l’occupazione ufficiale stenta a dare segnali di ripresa, quella sommersa sembra al contrario dare prova di tenuta e trarre semmai un nuovo stimolo di crescita dal difficile momento». Lo evidenzia il Censis. A partire dal 2008, a fronte di un calo generalizzato dell’occupazione regolare (-4,1%), quella informale aumenta dello 0,6%, portando il livello di irregolarità del lavoro nel 2010 alla soglia del 12,3% e lasciandosi alle spalle i positivi risultati di un decennio.
«I cittadini e le imprese si trovano a fare i conti con un sistema dei servizi che mostra evidenti segnali di criticità»: lo sottolinea il Censis nel 45/o Rapporto sulla situazione del Paese spiegando che «la politica di riduzione della spesa pubblica che ha contrassegnato gli ultimi 3 anni, e che segnerà anche il biennio 2012-13, realizzata in molti casi attraverso tagli lineari, sta lasciando il segno». In particolare il trasporto pubblico locale, già «inadeguato» è stato «drasticamente ridimensionato».

La crisi economica degli ultimi anni ha ridotto il reddito disponibile delle famiglie e ha provocato conseguentemente una «caduta della propensione al risparmio» anche «a causa dell’irrigidimento» di alcuni consumi. In questo contesto la riduzione della quota di risparmi sembra però non avere colpito gli investimenti fissi, come le abitazioni. È quanto emerge dal 45/o Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese del Censis. In 10 anni risulta inoltre raddoppiato il valore delle abitazioni.

«In un quadro economico stagnante, le esportazioni sono una delle poche variabili in crescita: +15% nel 2010 e +16% nel primo semestre del 2011»: lo riferisce il Censis nel Rapporto annuale sulla situazione del Paese sottolineando che «molti comparti del made in Italy possono fungere da puntello attraverso cui evitare un ulteriore scivolamento dell’economia nazionale». Per il Censis il commercio estero «può e deve rappresentare il volano della ripresa».

La tv resta il mezzo più diffuso del panorama mediatico italiano (lo usa il 97,4% della popolazione), ma al suo interno è avvenuto un «ampio rimescolamento» dovuto all’arrivo del segnale digitale terrestre. Lo evidenzia il 45/o Rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del paese. E se l’ascolto della radio resta stabile, a confermarsi è il «periodo di grave crisi» della carta stampata. I quotidiani a pagamento perdono il 7% dei lettori nel periodo 2009/2011, cresce poco la free press, resistono i settimanali, tengono i libri, mentre non decollano gli ebook. Ed è l‘utenza del web ad aumentare: nel 2011 ha superato la fatidica soglia del 50% della popolazione arrivando al 53,1%: l’87,4% tra i giovani, il 15,1% tra gli anziani. Con una particolarità: l’affermazione progressiva di percorsi «individuali dei contenuti e l’acquisizione delle informazioni da parte dei singoli».

  

Donne e Uomini, Politica, TEMPI MODERNI Giugno 14, 2011

Nessuno pensi di cavarsela con 4 collanine

L’immagine di Silvio Berlusconi che dopo la botta dei referendum compra collanine (per chi?), e non da Bulgari, ma in uno di quei negozietti che vendono pietre sciolte e accessori per farsele da sé, la faccia mesta di uno che comincia finalmente a capire che la festa è finita, e che lui è rimasto da solo sulla pista da ballo, potrebbe essere il presagio di un’uscita di scena a breve e senza troppi clamori, molto diversa dalle fantasie alla Caimano. Tutto finisce, ed è finito anche il berlusconismo, e ormai lo sa anche Berlusconi: il primo colpo a Milano, quello definitivo probabilmente fra pochi giorni a Pontida. Forse un governo balneare, poi un premierato Tremonti, e infine al voto, questo è uno degli scenari a oggi. Anche se qui si naviga a vista.

Questo post solo per dire che se Berlusconi piange, è un’intera classe politica a non poter ridere: la valenza antiberlusconiana del quorum e della valanga di sì è stra-evidente, ma -e lo dico avendo vissuto intensamente la vicenda milanese- il messaggio è inviato a tutti. Il voto referendario parla di una rivolta civica, e chiede un cambiamento vero. Non piccoli aggiustamenti e pateracchi, ma una stagione di riformismo radicale, nei tempi e nei modi.

Anche altre facce, sì: i leader politici e i veterani di Montecitorio e di Palazzo Madama ne prendano atto. I nostri indignados vogliono una nuova classe politica. La vogliono più femminile e la vogliono più giovane e quindi più efficace e più capace di innovare. Che prendano la foto ufficiale della neonata giunta milanese e la studino attentamente: il modello è quello, e non si torna più indietro. Donne e giovani, gli esclusi della politica, le uniche e gli unici a offrire la garanzia del cambiamento. E fine dei compromessi e dei lassismi di qualunque tipo.

L’accanimento con cui grande parte degli elettori di Giuliano Pisapia sta chiedendo che il neoassessore al Bilancio Bruno Tabacci, sia pure apprezzato per la sua onestà e la sua competenza, rinunci al suo mandato di parlamentare per non ricoprire un doppio incarico -accanimento che personalmente non condivido- è lì a dire con chiarezza un’esigenza di rigore e una fortissima richiesta di partecipazione a ogni atto di governo della città. Capita qui, e capiterà ovunque.

Sono queste le novità, e sono ineludibili. Nessuno pensi di cavarsela con quattro collanine.

AMARE GLI ALTRI, Donne e Uomini, esperienze, Politica Maggio 31, 2011

SOUVENIR DI UNA LOTTA

Ci svegliamo in una città nuova, stamattina, nata ieri sera in una festa meravigliosa a cui avrei voluto davvero invitarvi tutti. Ma è anche la città che conosco, è la città di quando ero bambina, e che mi mancava tanto. L’ho riconosciuta. Una città a cui la provvidenza ha dato il compito di moltiplicare i doni (laurà), di accogliere, meticcia continua, di correre con frenetica e stralunata allegria, di non dormire mai.

Sono così stravolta, stamattina, ma voglio dire in due parole quel che è stata, questa lotta.

Senza soldi: abbiamo avuto la prova che il desiderio può davvero tutto, e si fa beffe di quell’illusione che è il denaro. Nemmeno un centesimo dell’investimento dell’avversario, ed è bastato.

Senza odio: una piccola (piccola?) rivoluzione che, come ho già detto, ha fatto a meno della violenza, e si è fatta bastare l’ironia. Non c’è stato bisogno del sangue di nessuno.

Con i ragazzi: tantissimi, che hanno lavorato indefessamente, nativi digitali, che hanno convinto i più vecchi a stare in rete. Miti, la lezione del non odio ci è venuta soprattutto da loro. Ecco il tesoro che questa generazione silenziosa e gentile nascondeva, e ci ha offerto! E noi a loro, in cambio, abbiamo dimostrato che si può fare, che non ci si deve rassegnare perché le cose possono cambiare. Glielo dovevamo. Adesso è finalmente bello avere vent’anni.

Con le donne: che hanno dato una prima prova della forza del desiderio, capace di riempire le piazze del paese come vi ho detto, appunto. Senza organizzazione, senza soldi, senza potere. La prova generale di tutto questo l’hanno fatta loro.

Con la rete: senza il web tutto questo non sarebbe stato nemmeno lontanamente immaginabile.

Con la bellezza: lo vedete dalle immagini che trovate online. La bellezza, la luce, l’arancio radioso ci hanno nutrito e incoraggiato.

Con gratitudine: noi grati a Giuliano Pisapia, e anche a Stefano Boeri, a Valerio Onida e a Michele Sacerdoti, che si sono offerti generosamente come guide, e loro grati a noi. Ieri sera Giuliano Pisapia nel suo discorso “obamiano” ha detto “Sono il vostro sindaco. Sono il mio sindaco”. E ha ribadito: “Non lasciatemi solo. Ho bisogno di voi!”. Tutti abbiamo bisogno di tutti. Da soli non siamo nulla. La politica oggi si fonda su questo reciproco bisogno, è questo che potrà cambiarla.

La mia mamma: che ieri mi ha detto con quella semplicità abbagliante, quella vicinanza alla luce dei vecchi: “Il bene ce la fa sempre, hai visto. Ma ades gh’è de laurà, c’è da lavorare” . Ecco, tanto per cambiare!


Politica, TEMPI MODERNI Giugno 25, 2010

CAUSE SENZA RIBELLI

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Un’università qualsiasi, in un giorno qualunque. 400 studenti si accalcano fuori da un’auletta da 100 posti per assistere a una lezione. 400 meno 100 fa 300: tre quarti degli aventi diritto restano fuori. Il che a vent’anni può anche essere fantastico: bar, parco, eccetera. Ma qualcuno che coscienziosamente si arrabbia c’è. E sapete che cosa fa? Niente.
Sapete che cosa avrei fatto io, a vent’anni, al posto loro? Bar, parco, eccetera (ci mancherebbe altro). Poi però sarei tornata e mi sarei piantata davanti all’ufficio del Magnifico Rettore. Avrei strillato che il servizio io lo pagavo, anche piuttosto salato, e mi doveva essere garantito. Avrei fatto casino anche perché a vent’anni fare casino è un fatto naturale come respirare. Avrei colto la splendida occasione per scaraventarmi contro gli adulti responsabili di ogni nefandezza di questo mondo. E invece loro niente. Non gli passa nemmeno per la testa. Come se avessero le pile scariche. Acquiescenti, rassegnati, muti. Tutti al bar, ed è finita lì.
Non vorrei attirarmi l’odio dei ragazzi. Io li amo. Li adoro. Sto dalla loro parte. Ma non riesco a farmi una ragione della loro atarassia. Gli si può fare di tutto. Trattenerli nella formazione permanente per anni e anni. Laurea, e poi master e contro-master: così finché si è studenti non si è disoccupati. Costringerli fino a trent’anni o più nella loro cameretta con i peluche. Fargli contratti di lavoro da una settimana, eventualmente rinnovabili, mentre per i più vecchi il lavoro è garantito. E loro, zitti.
Credo sia andata così: che sono venuti su in un’epoca di affluenza, senza che gli mancasse nulla, figli spesso unici, amatissimi, coccolatissimi. Non hanno conosciuto i morsi della fame -quella spirituale, quanto meno- la rabbia del bisogno, l’energia del desiderio che chiede di essere appagato, l’antagonismo con il mondo adulto: e perché mai? non siamo forse genitori adorabili, permissivi e giovanili?
In definitiva, non sono attrezzati alla lotta. Il caso però ha voluto che il mondo fuori si sia messo nel modo che sappiamo. Che di lottare non si può proprio fare a meno, anche per la mera sopravvivenza.
E allora, giovanotti? Cosa vogliamo fare?

pubblicato su Io donna-Corriere della sera il 26 giugno 2010

Donne e Uomini, economics, Politica Dicembre 11, 2008

LUSSI CHE NON CI POSSIAMO PERMETTERE

madonna dei raccomandati

madonna dei raccomandati

L’Italia è tecnicamente in recessione, e ci sono lussi che decisamente non ci possiamo più permettere. Il primo lusso a cui è necessario rinunciare è quello di tenere fuori i meritevoli, i talentuosi e i creativi perché fanno paura e sono poco controllabili, non si accomodano placidamente otto ore alla scrivania a limarsi le unghie o a cincischiare al computer, hanno idee innovative, pretese di cambiamento e costituiscono una minaccia per le gerarchie sonnacchiose.

La meritocrazia non è solo uno slogan elettorale, e può comportare manovre molto dolorose. La congiura dei mediocri contro il talento, perversione della democrazia, deve essere fermata. La quota di raccomandati, cooptati, garantiti, assistiti deve essere riportata a dimensioni fisiologiche. Va restituito spazio ai migliori, nel lavoro, nella ricerca, in politica. Ovunque. Si devono creare le condizioni perché la loro eccellenza non venga più sacrificata.

Questo significa che le regole di accesso, i tempi e i modi dell’organizzazione del lavoro, la logica delle retribuzioni devono rapidamente cambiare, e che le classi dirigenti si devono rapidamente rinnovare. L’obiettivo numero uno è questo. Il che, nel nostro malconcissimo paese, non così lontano dalla Grecia, si fa piuttosto facilmente. Basta aprire da subito spazi alle donne e ai giovani, tenuti fuori dalla gerontocrazia maschile. Un ricambio sessuale e generazionale bell’e pronto. Da subito, però. O di qui non usciremo vivi.

Politica Novembre 8, 2008

UN PAESE PER VECCHI (E MASCHI)

(125.photobucket.com)

(125.photobucket.com)

Con tutto l’amore e il rispetto che ho per i vecchi, vi dirò che ho sempre trovato piuttosto ridicoli i discorsi sul sesso nella terza età, e relative prescrizioni (fa bene all’umore, combatte l’artrosi, ecc.). La terza età, che a questo punto non so più bene quando cominci, dovrebbe godere di ben altri privilegi e dedicarsi fecondamente ad altre attività. C’è di peggio, in ogni modo, e ben più socialmente pericoloso del sesso, che resta comunque cosa squisitamente privata: ottantenni e dintorni che guidano gli autobus sui

tornanti di montagna, che tengono saldamente in pugno aziende pubbliche e private, che sbarrano saturninamente la strada ai giovani in ogni campo -odiandoli-, che danno deliranti consigli ai governi in materia di pubblica sicurezza, che rischiano il coma in diretta tv, che scambiano le relazioni internazionali con la bocciofila, che pretendono di essere presidenti di tutto e di tenere le redini dei paesi nonostante gli inevitabili scompensi cardiovascolari.

La si mette un po’ troppo spesso e pleistocenicamente in termini di destra e di sinistra. Si dovrebbe prestare più attenzione, piuttosto, alla questione della gerontocrazia.

Archivio Maggio 29, 2008

SBALLO CHIMICO

Man mano che ringiovanisco, come diceva la mia cara nonna, vado convincendomi di quello che va sostenendo un mio amico dottore di talento e di buona volontà, e con pochi pregiudizi: che l’età matura andrebbe sostenuta con qualche tipo di aiuto psicotropo. Un po’ di sballo chimico, meglio sotto controllo medico, per fronteggiare un’età in cui le prospettive fatalmente si riducono: non troppi anni da vivere, e oltretutto senza amore, a basso tasso calorico, con l’artrosi o qualche altra rognetta di salute. Senza Eros, per farla breve. L’esercizio della saggezza –sempre meno richiesto, peraltro- dovrebbe poter essere nutrito da una riserva di dissennatezza. Del resto quasi non conosco anziana e rispettabile signora che non si “cali” per dormire o per alzarsi la mattina. E allora perché non anche per divertirsi un po’, anziché limitarsi alla mera sussistenza?
Mi preoccupa invece molto che siano i giovani a vivere immersi in un’universo addicted, in cui la sostanza, di qualunque tipo, è diventata centrale. Nella socialità o anche peggio, in solitudine. Dentro e fuori di loro, nell’altissimo potenziale ormonale e in tutte le altre delizie endogene che titillano i loro neuroni, e nell’epifania del mondo, nuovo e luccicante come una mattina di primavera dopo un temporale, dovrebbero reperire energie sufficienti a saltare i fossi per il lungo, come dice invece mia mamma, e a scatenarsi nelle loro formidabili scorrerie di creature moleste e incontinenti.
Non è moralistico, quindi, il mio dispiacere. Mi domando se anche per loro il mondo ormai sia la poltiglia grigiastra che i nostri occhi adulti vedono, e come mai. E chi ce ne indicherà i colori smaglianti se non lo fanno loro, come faceva il mio bambino che seduto nel suo passeggino mi faceva notare con gorgoglii di felicità lo splendore di una carta svolazzante nel vento di marzo, e la magnificenza di un portoncino –aveva questa mania dei portoni- smaltato di verde. Mi chiedo anche come mai, se il mondo gli piace così poco, non si ribellino, non inchiodino noi adulti alle nostre responsabilità, si accontentino dei colori fasulli di qualche milligrammo di MDMA.
(pubblicato su “Io donna”-“Corriere della Sera”)