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Donne e Uomini, giovani, Politica Febbraio 27, 2013

Piddini e Grillini? No: Piddine e Grilline!

Laura Bottici e Sara Paglini, senatrici 5 Stelle elette a Carrara

Poiché, come saprete, tendo per biochimica al mezzo-pieno, in questo gran disordine sotto il cielo vedo molte opportunità a portata di mano. E vedo soprattutto un Parlamento stra-ringiovanito -se non sbaglio, il Parlamento più giovane d’Europa: noi! vi rendete conto? da sempre oppressi dalla gerontocrazia! noi, come dopo le primavere arabe, e senza violenze!– e femminilizzato: dal 20 al 30 per cento, decisamente più in linea con le medie europee.

Ma la cosa pazzesca, e anche un po’ comica, è la seguente: centrosinistra e 5 Stelle (ovvero il presumibile governo di minoranza + eventuale sostegno esterno: c’è una fortissima spinta della base in questo senso) portano in Senato 66 donne su 177 eletti contro le 17 su 130 del centrodestra + Monti. E alla Camera 148 donne su 448 deputati contro 16 su 169 del centrodestra + Monti (tutte le analisi qui).

In buona sostanza, quasi tutte le donne stanno a sinistra (+ Grillo) contro un centrodestra supermacho! Il che femminilizza potentemente l’eventuale dialogo tra centrosinistra e 5 Stelle. Meglio ancora, diciamolo così: le donne hanno la grande possibilità di tenere il mazzo della nostra politica (come lo tengono nella vita reale) imponendo temi, priorità, agende.

Se sapranno lavorare insieme, stringendo un patto che moltiplichi la loro forza contrattuale nei rispettivi partiti, potranno rivoluzionare la politica, e cambiare il Paese (se poi sapranno coinvolgere sui loro temi i giovani maschi, capaci di riconoscere l’autorità femminile, sarà l’en plein!).

Non perdano questa grande occasione!

 

AMARE GLI ALTRI, Donne e Uomini, giovani, media, scuola, tv Dicembre 6, 2012

Per i giovani, tutto

Per i

Per il suo documentario “Il corpo delle donne” (5 milioni di contatti online), la mia amica Lorella Zanardo è stata amata, odiata, celebrata, detestata, perfino un po’ perseguitata. Lì si vedeva semplicemente quello che ogni giorno vedevamo in tv: non c’era niente di diverso, se non lo sguardo. In questo caso, lo sguardo di un’italiana poco italiana e non assuefatta, grazie alla frequentazione assidua con altri Paesi. Prova del fatto che il cambio di sguardo sulle cose è tanto, è quasi tutto, e quindi che molto dipende da noi, dalla nostra volontà e dal nostro desiderio.

“Il corpo delle donne” è stato anche un libro, edito da Feltrinelli. Recentemente per lo stesso editore Lorella ha pubblicato “Senza chiedere il permesso-Come cambiamo la tv e l’Italia”, dedicato ai ragazzi. L’intento è l’educazione alla cittadinanza attiva, attraverso un uso consapevole dei media. Le chiedo di raccontarmi il cambio d’oggetto.

“Semplice” dice. “Quando uscì il documentario centinaia di docenti di tutta Italia ci chiamarono per presentarlo e commentarlo nelle  scuole. Insegnanti appassionati e responsabili, ma in qualche modo “vinti” dalla concorrenza imbattibile della tv. Ci siamo andati: qui è l’embrione di questo progetto di educazione ai media, che in altri Paesi è materia obbligatoria. Se non conosci il linguaggio dei media, a cominciare dalla tv, hai scarse possibilità di essere un cittadino attivo e consapevole.

La gente guarda moltissima tv, che resta in assoluto il primo mezzo di accesso alle informazioni. Secondo l’Istat la penetrazione è del 98 per cento. In gran parte delle case ci sono 2 o 3 apparecchi televisivi, e i programmi più guardati in assoluto sono quelli della tv generalista. Questo dà un’idea della potenza del mezzo e del livello di responsabilità. Altro dato da smentire è che i ragazzi guardino poco la tv: i bambini la guardano tantissimo, adolescenti e giovani vanno a cercarsi i programmi online. Anche la rete è invasa dalla tv.

A questi dati ne vanno intrecciati altri: il più alto tasso di abbandono scolastico in Europa, il più alto tasso di analfabetismo di ritorno -intendo gente che ormai fa fatica a leggere-, la più bassa percentuale di iscritti all’università (quest’anno c’è stato un crollo).

L’audience di tutti i quotidiani messi insieme probabilmente non raggiunge quella di una puntata di “Striscia la notizia”, 8 milioni di persone. Questo è il Paese con cui abbiamo a che fare. Questo significa non avere avuto, tra le tante altre cose, la legge sul conflitto di interessi. E nel frattempo la scuola viene messa in ginocchio.

Quando giriamo le scuole per portare il nostro corso di alfabetizzazione all’immagine, “Nuovi occhi per i media”, il cui schema è riprodotto nel manuale della seconda parte del libro, partiamo proprio dagli stereotipi di genere: qui sta l’anello di congiunzione con “Il corpo delle donne”. Questi stereotipi producono ancora disastri, in particolare sulle ragazze. In questi giorni ci tocca ancora subire lo spettacolo della valletta muta e seminuda, mi riferisco a una trasmissione di Paolo Bonolis. Fanno come se niente fosse.

Il modello è sempre quello, il vecchio maschio 50-60 enne e la ragazzina passivizzata, presentata come un oggetto, muta e senza cervello. E’ lo stesso vecchio maschio che detta legge dappertutto, in tv, in politica, nei consigli di amministrazione. Tutto il Paese, in ogni settore, è bloccato da questa figura.

Toccherebbe al Ministero della Pubblica Istruzione occuparsi di alfabetizzazione all’immagine, oltre che alla parola. C’è una grandissima domanda, a cui non corrisponde alcuna offerta. Noi riempiamo questo vuoto con i nostri mezzi. Particolarmente interessanti le esperienze che abbiamo realizzato in Toscana e in Trentino, dove abbiamo lavorato sui formatori”.

Il libro è un’ottima guida per gli educatori che vogliano acquisire consapevolezza e metodo per lavorare con i ragazzi sul linguaggio mediatico e la cittadinanza attiva. Un efficace corso di “educazione civica”, che veicola tra gli altri due importanti messaggi: il cambiamento di sguardo è un passaggio decisivo per cambiare ciò che guardi -o sei costretto a guardare-; ogni nostro atto politico oggi deve mettere al centro i piccoli -bambini e giovani, animali e piante- in una chiave di restituzione almeno parziale di ciò che la “generazione perduta” -la nostra- ha loro violentemente sottratto.

 

scuola Ottobre 5, 2012

Caro Sindaco Giuliano

la polizia carica gli studenti oggi a milano

Caro Sindaco Giuliano,

te lo ricordi come eravamo da ragazzi, vero?

E anche tu ti sarai chiesto tante volte com’è che i ragazzi di oggi sopportano tutto, mandano giù tutto, privati del futuro, umiliati dalla mancanza di lavoro, dal fatto di dover vivere ad libitum in famiglia, dall’impossibilità di progettare, di fare coppia, di avere bambini. Rimbambitevi con le canne e gli happy hour, lavorate precariamente e dite anche grazie, accettate lo scadimento della scuola e della formazione disastrate dai tagli e state zitti.

Io non ero a Milano, oggi, ma le immagini tv delle cariche della polizia mi hanno restutuito un’immagine intollerabile della nostra città.

Io spero, caro Sindaco, che tu ritenga opportuno, insieme alla ferma condanna di ogni gesto violento da qualunque parte provenga, ribadire che Milano non tollera che i suoi ragazzi vengano caricati selvaggiamente, che la loro protesta è sacrosanta, e che le forze dell’ordine sono tenute a comportarsi responsabilmente, elevando la tua protesta alla Ministra degli Interni.

Milano non accetta lo stile “Diaz”.

esperienze, TEMPI MODERNI Settembre 7, 2012

Non uccidono

Ok, lasciamo perdere l’evento mondano. Spostiamoci dal quadrilatero verso piazza del Duomo, via Torino, le Colonne, Ticinese, i Navigli.

Una marea di giovani, una folla impressionante di ragazze e ragazzi con la pelle lucente, street style variegatissimo, tanti jeans, short e magliette, ma anche glitter, zeppe, capelli sciolti sulle spalle. Una gigantesca onda ormonale -l’età è quella, il lavoro da fare è quello- che travolge la città romana. Per la fashion night vengono da tutti i quartieri, dalle periferie, dall’hinterland, dalla regione, da altrove, dal mondo. Fioeu e guaglio’. Via Torino ha una festosità napoletana, sembra di stare a via Toledo. Colori e fogge swingin’ nelle vetrine illuminate. Ci passo in mezzo, mi sento bene. Misuro la distanza generazionale, fa meno male del solito. Vorrei proprio il meglio del meglio per ciascun* di loro, uno per una. Una splendida vita per tutti.

Sono miti, quieti, gentili (salvo eccezioni). Questa è una generazione mite e gentile. I giovani maschi sono molto cortesi con le giovani femmine (salvo eccezioni). Fors, finalmente, la protesi del dominio non gli serve più?

Una massa gigantesca si infila nei vagoni del metrò. Lì li osservi meglio, uno per una. I riflessi dorati dei capelli, le gambe abbronzate delle ragazze, il rigo di eyeliner -nostalgia dell’eyeliner…-, le risate a gola spiegata.

Leggo stamattina del vecchio e increspatissimo Robert Redford a Venezia (accidenti, ti ricordi com’eri, biondo, nella tua divisa bianca? ), dice che il cinema gli ha salvato la vita: “Di guai ne ho combinati parecchi”. Dice che lotta per i giovani, perché gli lasciamo “un mondo marcio”.

Mi pare troppo. Un mondo intatto e perfetto non c’è mai stato. Ma lottare per i giovani è un’ottima causa. Se anche loro lottassero, almeno un po’. Se lottassero con noi. E contro di noi.

Schiacciata nella dolce folla teen del metrò, provo una curiosa paura fisica, qualcosa di simile a un estremo senso di colpa. “Perché poi non dovreste uccidermi, per farvi un po’ di spazio?”, qualcosa di me si chiede. “Perché non mi mettete le mani alla gola e non mi uccidete?”.

Sto facendo abbastanza per loro?

Politica Agosto 31, 2012

Fujetevenne! (ragazzi con la valigia)

 

Sono un po’ avvilita, stamattina. Parli dei figli con altre madri e altri padri, ed è regolare: “Devono fare un’esperienza all’estero”. Sotto sotto sperando e temendo che a Londra, Parigi, Berlino o Shanghai, dopo aver imparato bene la lingua, lui/lei trovino un’occasione per non tornare più.

Risparmiare, tirare la cinghia per dare ai ragazzi questa chance, che vuole dire che se tutto va bene potresti anche averli tanto lontani, magari per sempre. Ho in mente una coppia di amici, con la loro unica amatissima figlia a lavorare in Cina, flosci come una pianta senz’acqua. Ora che si è trasferita in Europa, a un’oretta di volo, sembrano rinati.

Tantissimi di noi hanno alle spalle lontananze e bastimenti. Mia nonna Elena era nata americana di Pittsburgh. E’ tristissimo che ci debba ricapitare. Anche se li chiamiamo master, esperienze e così via. Dover dire a tuo figlio “Vattene”, quando invece vorresti tenertelo vicino (non è umano?). Fujetevenne: una volta era un destino che toccava soprattutto ai giovani del Sud. Ora tocca a tutti.

La cattiva politica, tra il molto male che ha fatto alle nostre vite, ha fatto anche questo. Perciò non sopporto l’idea che quelli che hanno fatto questa cattiva politica ritengano di avere il diritto di ritornare, pressoché tutti, liquidando con arroganza ogni volontà di rinnovamento. Perché chi ha fatto male oggi dovrebbe sapere fare bene?

Non sono semidei. Sono solo uomini -e quelle pochissime donne cooptate da uomini- che hanno mostrato di non essere all’altezza delle responsabilità che si sono liberamente assunti. Chi amministra male un’azienda, presto o tardi deve lasciare. Perché mai la regola non dovrebbe valere, e a maggior ragione, per chi ha amministrato male un Paese?

Non parlo di maggioranze e opposizioni. Parlo di un’intera classe politica, vecchia e fallimentare, che dovrebbe rassegnarsi a mollare. Non può essere che il legittimo desiderio di rinnovamento, condiviso dalla grandissima maggioranza delle cittadine e dei cittadini, venga tacciato di grillismo e liquidato sprezzantemente a parolacce. Sono loro, non i giovani, che se ne devono andare.

E se contano sulla rassegnazione fanno un grandissimo errore.

AMARE GLI ALTRI, lavoro, scuola Agosto 27, 2012

I giovani! I giovani! I giovani!

Rieccomi amic*! Non mi farò tentare dalle disgustose risse a sinistra. Non intendo certo dedicare il primo post della ripresa a questo spettacolo immondo -solo, mi domando: chi si candida alla premiership, mi riferisco a Pierluigi Bersani, crede di guadagnare fiducia da una simile scompostezza?-.

Voglio ricominciare da quello che conta davvero, e se permettete parto dai miei principi politici assoluti, che voglio ribadire. Sono due, e semplicissimi: riduzione del danno per il maggior numero, tenere i più piccoli -piccoli umani, animali, piante- al centro di ogni decisione pubblica. Sono convinta che le cose andrebbero molto meglio per tutti se passassimo ogni scelta al vaglio di questi due principi.

Dal governo Monti mi aspetto che i giovani -e i piccoli in generale- siano il fuoco del rush finale, di qui alle prossime elezioni. Pensare a loro. Ascoltarli. Interpellarli. Coinvolgerli. Mobilitare la loro attenzione e la loro partecipazione. Ma più l’orribile espressione “generazione perduta”. La generazione perduta sarà la nostra, se non sapremo finalizzare ogni sforzo e ogni sacrificio a questo irrinunciabile obiettivo.

Il governo Monti finora ha fatto davvero poco per i giovani. La riforma del lavoro è stata una grande delusione soprattutto su questo fronte. A breve dovrebbe entrare in vigore il provvedimento sullo start up delle aziende innovative, che tra l’altro consentirebbe agli under 35 di aprire una srl con un solo euro. Perfetto, ma serve ben altro. Sappiamo tutti benissimo che cosa: misure davvero efficaci contro il precariato, incentivi alle aziende virtuose e penalità per gli sfruttatori, efficaci misure per l’apprendistato, serie politiche per la casa, mutui agevolati, servizi per le giovani coppie e i loro bambini, e così via.

Qui voglio dire qualcosa di più sul tema della formazione: di cui va garantito l’alto standard, ma l’imbroglio della formazione-parcheggio deve finire. Università, specializzazione, master, corsi e contro corsi: se va tutto bene si arriva alle soglie dei trent’anni. Ma è a venti e something che si apprende un lavoro.

Parlo ad esempio del mio mestiere, quello di giornalista. Dopo la laurea (da tre a cinque anni, se va tutto liscio), le strade possibili sono due: il praticantato di 18 mesi in una redazione (con regolare assunzione) al termine del quale si affronta l’esame di stato, opzione oggi meramente teorica; o un biennio di scuola di giornalismo -se non ho capito male solo scuole italiane: i master all’estero, incredibilmente, non sono riconosciuti-. A cui vanno aggiunti eventuali corsi specialistici, più quelli obbligatori di lingue, e via dicendo. Se tutto va come deve, insomma, si comincia a lavorare -precariamente, e chissà per quanto- solo sui 27-30 anni. Da quello che pare l’intenzione sarebbe quella di abolire del tutto la via del praticantato sul campo per rendere obbligatoria la scuola. Insomma, di fatto si abolirebbe l’apprendistato, che a mio parere resta la via maestra per imparare un mestiere. Una follia. L’apprendistato andrebbe favorito, introdotto, regolamentato, defiscalizzato in tutte le professioni e i mestieri. Si sta andando invece nella direzione opposta.

Così proprio non va. I ragazzi devono cominciare a lavorare prima possibile, alternando lavoro e formazione -solo strada facendo si capisce che cosa è necessario approfondire-. Il business dei corsi e dei master, per i quali le famiglie si costringono a enormi e spesso inutili sacrifici, va in ogni modo ostacolato.

Su questa sterminata questione -i giovani, cioè le nostre famiglie, la nostra vita- ancora un paio di cose: tutti dovremmo darci da fare per loro, mettendo in campo con generosità politica la nostra esperienza, offrendo le nostre consapevolezze e il nostro meglio. E infine: è assolutamente impensabile che la nostra futura rappresentanza politica non ringiovanisca, oltre a femminilizzarsi.

Ma a quanto pare non ci stanno pensando affatto.

 

scuola Agosto 9, 2012

Test e cast: quelli che rubano ai bambini

Ok, sarei in vacanza, ma leggo stamattina sul “Corriere” che per la preparazione ai test di ingresso all’università le famiglie sono costrette a spendere fino a 4 mila euro e mi imbufalisco, e allora ritardo la spiaggia e riapro il blog.

Non so se i test d’ingresso siano una buona idea, io sono di mia costituzione per la massima apertura, vedo che i ragazzi maturano più tardi rispetto alle generazioni preceeenti, e l’idea che un solo talento della medicina o della fisica vada perduto solo perché a 19 anni era troppo bighellone per studiare per il test mi pare una follia. Mi dicono che oggi l’orientamento espresso dagli insegnanti alla fine delle scuole medie inferiori può pregiudicare l’iscrizione a un buon liceo: anche in molti licei c’è il numero chiuso, e quel giudizio rischia di essere definitivo.

Anyway: se sono abbastanza contro i test d’ingresso, sono risolutamente contro l’odioso business dei test d’ingresso, che raddoppia lo sbarramento in base alle possibilità economiche della famiglia. Quindi, nei panni del Ministro della Pubblica Istruzione riprenderei in esame tutto quanto il pacchetto. Di riforme del sistema formativo si parla troppo poco, e invece è proprio lì che dovremmo “crescere”.

L’altro giorno incontro una ragazzina. Carina, con una gran massa di riccioli neri. La bellezza dell’asino, come si dice, e forse qualcosa in più. Mi racconta che vuole fare la modella. Qualche delinquente che ha messo in piedi un’agenzia per povere piccole gonze l’ha convinta che ha tutti gli atout. Non è vero: le mancano almeno venti centimetri, è vezzosamente tonda, i fianchi ampli, e che Dio ce la conservi. Ma una modella, proprio no. La povera piccola, e quell’idiota di sua madre, pagano il delinquente perché la infili in miserabili concorsini di bellezza e la faccia sfilare per qualche sarta di paese. Non solo non prende nulla, ma deve pure pagare per essere fatalmente disillusa.

Ecco, io edificherei un apposito girone dell’inferno per quelli che rubano i bambini, per quelli che li illudono e li imbrogliano.

(se siete al corrente di storie del genere raccontatele qui)

economics, esperienze, Politica Luglio 9, 2012

Come prima, meno di prima (in fondo al tunnel)

Cerco di immaginarmi come saremo, all’uscita dal tunnel.

Ma ci sarà un’uscita? e si tratta esattamente di un tunnel? Temo che questa figura non ci aiuti affatto. Si tratta semplicemente di tenere duro e di stare un po’ in apnea, finché non saremo fuori di qui? O di abituarsi a vivere in questa semioscurità, con poco di tutto, in equilibrio su un surf, inventandosi la vita ogni giorno?

Avremo meno futuro e più presente? Che cosa si deve insegnare ai figli? Non stanno già vivendo esattamente in questo modo, attaccati al presente come a una zattera sempre più stretta, finché dura dura, senza nemmeno guardare se per caso si vede terra all’orizzonte?

E’ possibile essere non-infelici, in una situazione come questa? Oppure, al contrario, qui c’è un’occasione di minore infelicità?

Quanti di noi pensano che presto o tardi tutto tornerà esattamente come prima?

Politica Febbraio 7, 2012

O con lui o contro di lui?

Posta un lettore qui sotto, dove si dibatte sulla battutona della ministra Anna Maria Cancellieri (peraltro stigmatizzata un po’ da tutti):

“La sintesi dei partecipanti al blog:  per fare quello che ha fatto Monti non serviva un professore, bastava un bidello.
David Thorne, ambasciatore americano in Italia: Monti ha cambiato la dinamica europea.
Che ignorante questo rappresentante dei poteri forti che non ha letto le vostre critiche”.

Non è l’unic*, anzi sono in tanti ad assumere questa posizione, che definirei fideistica: o in questo governo ci credi senza riserve e senza critiche, o non ci credi affatto. O bianco, o nero. O stai con Monti, o sei un nostalgico del Cav. E così via.

E invece è possibile, e anzi auspicabile, avere fiducia in questo governo e dissentire da alcune delle sue azioni o posizioni. O, viceversa, non crederci, ma convenire sulla bontà di certe operazioni. Ed esprimere le proprie posizioni, opportunamente dialettiche.

L’uomo della salvezza non esiste. Essere politicamente adulti richiede di prenderne atto.

Soprattutto in un Paese come il nostro, storicamente propenso all’Amministratore Unico.

economics, lavoro Dicembre 19, 2011

I poveri che abbiamo in casa

Seguo il dibattito sull’art. 18 e provo a farmi un’opinione, senza pregiudizi.

Al momento dico solo che non è sopportabile che in uno stesso luogo di lavoro, a parità di mansioni, vi sia chi è garantito e non lo è -situazione che conosciamo bene tutti- e nemmeno che il sistema delle garanzie vada a esaurirsi con la progressiva uscita degli attuali assunti a tempo indeterminato, che nel prossimo futuro rischiano di diventare una vera rarità.

Dico che i poveri ce li abbiamo in casa, e sono i nostri figli, destinati, in assenza di nuove regole, a un precariato senza fine. Toccherà a noi doverli garantire, fargli da welfare, assicurargli un tetto, arrivare dove non arrivano, investire i nostri risparmi nella tutela delle loro famiglie. E poi?

Dico anche che non possiamo rinunciare, nemmeno in queste circostanze, a ragionare sulla qualità del lavoro e dell’esistenza. Che non possiamo sacrificare sull’altare delle garanzie il senso di un’intera vita. Conosco molti ragazzi che pur di non rassegnarsi all’alienazione di un lavoro deludente ancorché garantito, che non corrisponde affatto alle loro aspirazioni, riducono al minimo le loro pretese e rinunciano a perseguire l’idea del posto fisso. Una generazione di downshifter, nata e cresciuta nel relativo agio e pronta alla frugalità del molto-meno.

Si dovrebbe tenere conto anche di questo, nei ragionamenti. E ripensare tutta quanta la questione del welfare in questa prospettiva. Una parte consistente delle moltissime tasse che eroghiamo siano destinate a un sistema di garanzie che preservi il senso di ogni singola vita.

Anche questa è crescita.