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elezioni europee

Donne e Uomini, Femminismo, Politica Maggio 28, 2014

Impariamo a dirci: brava!

Grazie ragazze!

Simona Bonafè, capolista Pd nella circoscrizione centro, è stata la più votata fra tutt* i candidat* alle elezioni europee. Che Mr Preferenze sia una Miss Preferenze costituisce una prima assoluta nel nostro Paese. Una notizia -tra i molti commenti di questi giorni- non sufficientemente analizzata, insieme al fatto che, grazie al grande numero di elette soprattutto nel Pd e nel M5S, il drappello femminile a Strasburgo raddoppia (da 17 a 30) e costituisce quasi il 50 per cento della delegazione italiana.

L’azione positiva (su 3 preferenze non più di 2 allo stesso sesso) ha funzionato, ma è stata decisiva anche la volontà politica di scommettere sulle donne, collocandole in posizioni di eleggibilità. Volontà espressa, nel caso del Pd, dal segretario Renzi e dalla direzione del partito; nel caso del M5S, dalle scelte dirette della rete.

Per le madri e le sorelle maggiori delle neo-elette, in gran parte 30-40enni, vedere tutte queste ragazze o quasi nel governo e nei parlamenti è ragione di stupore e perfino di commozione: un risultato quasi impensabile solo fino a poco tempo fa, quando le politiche del Grande Nord e il governo 50/5o del “cugino” Zapatero ci apparivano come miraggi lontani (da noi nel frattempo le donne non dovevano “scassare la minchia”: onorevole Pippo Gianni, al tempo Udc).

Diciamo “brave” a queste giovani donne, e diciamo brave anche a tutte noi che abbiamo lottato in modo furente, ciascuna con i propri mezzi (personalmente sulla faccenda ho scritto addirittura due libri, oltre a scannarmi su questo blog, e a proporre lo slogan “doppio sguardo”) per portare a casa il risultato. E ammiriamo questa nuova generazione di uomini per i quali, a differenza dei loro padri e fratelli maggiori, è ormai impensabile lavorare politicamente tra soli maschi: il “for men only” va bene giusto per il calcetto.

Grande parte del rinnovamento per cui tutte e tutti spingiamo è rappresentato e garantito dalla impetuosa femminilizzazione della nostra politica. Fase 1 completata (ma mai smettere di vigilare!).

Ora si tratta che, insieme a loro stesse, queste donne sappiano portare in politica anche la propria differenza, il proprio linguaggio, il proprio sguardo, la sapienza femminile sulle cose del mondo. Che facendo rete tra loro -fatti salvi le differenze e gli inevitabili conflitti- riescano a cambiare modi, tempi e agende della politica (primum vivere) perché è di questo che c’è un grande bisogno. E che pratichino il sentimento nutriente della gratitudine nei confronti della genealogia di donne “lottatrici” che hanno alle spalle.

Care amiche: riconoscere i propri successi non è meno importante che riconoscere i propri errori. E ci dà grande forza, perché è la dimostrazione del fatto che lottare serve.

Politica Maggio 26, 2014

Grillo: guai ad abbandonare la nave alla deriva

Le indimenticabili “consultazioni” tra Renzi e Grillo

La rabbia è un sentimento indispensabile alla sopravvivenza, tanto quanto la paura: rapida attivazione di tutte le risorse biochimiche necessarie a produrre una reazione in tempi brevi. Un supercarburante: ma se non lo usi per agire, ti ingolfi e ti avveleni.

L’errore del M5S, che ieri ha perso 2 milioni e mezzo di voti, è stato principalmente questo, e qui lo abbiamo detto e stradetto mille volte: non capire che alla rabbia doveva conseguire l’azione costruttiva, con relativo cambiamento di linguaggio. Che il ringhio, le minacce, gli eccessi verbali, l’arroganza del #noivinciamo e #velafaremovedere, il machismo e il sessismo, le sfumature fascistiche, le porte sbattute in faccia, l’ostinazione aventiniana, il manicheismo, la scarsa democrazia interna e tutto quello che abbiamo visto in dosi massicce in queste ultime settimane di campagna elettorale, non avrebbero pagato più.

“Siamo sicuri che urlare in faccia agli Italiani i loro problemi e la strada da perseguire per cambiare il nostro paese?“, twittava stamattina un grillino. Ecco, siamo sicuri?

Grillo non è stato un leader all’altezza dello straordinario patrimonio politico che si è trovato a gestire. L’inizio della débâcle, quelle consultazioni-farsa in streaming con il premier incaricato Matteo Renzi. La sua gente le aveva volute, lui ci era andato obtorto collo, perché “decide la rete”. In realtà ha continuato a decidere lui, e quelle consultazioni sono state solo un pessimo monologo alla Lenny Bruce.

Il silenzio di queste ore dà l’idea di un pugile suonato, di un Masaniello che nasconde la mano, e anche questo è un grave errore: nessuno che parli, né il leader né i parlamentari. Blog muto, pagine dei social network pietrificate. Ma non si lascia il proprio “popolo” nell’incertezza e nello smarrimento. La sconfitta durissima va ammessa -il nemico Renzi ha addirittura doppiato i 5 Stelle-, 2 milioni e mezzo di persone ti hanno detto che il tuo “no-no-e no” non basta più, una prima diagnosi va azzardata, una strada va indicata. Dare la colpa al popolo bue, come vedo già in molti commenti, sarebbe molto miope.

Probabilmente Grillo sta pensando se tenere fede alla promessa: “se non vinco me ne vado”. Ma senza di lui il M5S crollerebbe, e quella rabbia troverebbe altre strade, quasi certamente rischiose. La rabbia scatenata va responsabilmente gestita. La nave in difficoltà non può essere abbandonata.

Il 21.5 per cento dei consensi resta un patrimonio politico cospicuo, da amministrare oculatamente. Si tratta necessariamente di passare dalla furia destruens alla fase della costruzione, della proposta, del compromesso e delle alleanze.

Il primo round è finito.

Aggiornamento: al momento Beppe Grillo si limita a prendere il Maalox. Questo il suo commento

“Adesso ci state prendendo in giro. Vi capisco. Mettete proprio il coltello nella piaga. Abbiamo perso. Non è una sconfitta, siamo andati oltre la sconfitta. #vinciamopoi, sì #VinciamoPoi. Abbiamo il tempo dalla nostra, è ancora presto. Quest’Italia è formata da generazioni di pensionati che forse non hanno voglia di cambiare, di pensare un po’ ai loro nipoti, ai loro figli, ma preferiscono stare così. Son dei numeri che non si aspettava nessuno, però noi siamo lì, siamo il primo movimento italiano, il secondo partito. Abbiamo preso il 21-22%, abbiamo preso l’IVA, senza avere voti in nero e siamo lì senza aver promesso niente a nessuno, né dentiere né 80 euro. Io sarei anche ottimista, quindi: non scoraggiatevi. Vedo messaggi: “cosa facciamo? andiamo avanti?”, certo che andiamo avanti. Siamo la prima forza di opposizione, faremo opposizione sempre di più, sempre meglio e cercheremo di rallentare il dissanguamento, lo spolpamento di questo Paese, che ci sarà. Noi saremo precisi, puntuali, e ci saremo sempre, non preoccupatevi. Ora Casaleggio è in analisi per capire perché si è messo il cappellino e poi tutti insieme vedremo che cosa fare. State tranquilli, dai, vin… vinciam… Vincono loro. Vincono loro, ma è meraviglioso lo stesso. Intanto io mi prendo un maalox, non si sa mai. Casaleggio, c’è il maalox anche per te, vieni qua.” Beppe Grillo

altro aggiornamento: analizzando il fallimento, Casaleggio si è detto sicuro che il problema non risieda nei contenuti, ma dei toni con cui vengono declinati. Troppa rabbia, troppa aggressività, producono reazione indesiderate, come l’assuefazione, e la fuga di massa verso lidi più rassicuranti.

Ecco, scusate amici del blog: da quanto li invitiamo a “toni gandhiani”?

Politica Maggio 18, 2014

Oltre Hitler. Oltre ogni limite

 

Beppe Grillo ieri a Torino

Chi segue questo blog conosce la mia attenzione e il mio rispetto per i 5 Stelle e per i suoi elettori: digitate Grillo e M5S, i post sono qui da vedere, ad accompagnare la speranza che quel movimento notevolmente innovativo, a forte presenza femminile, con una decisa attenzione all’ambiente, intraprendesse prima o poi quella che ho chiamato “svolta gandhiana”, a cominciare da una maggiore mitezza nel linguaggio: il medium è il messaggio.

Le cose sono andate in tutt’altro modo: un’escalation incontenibile di violenza verbale, coprolalia, sessismo. Una regressione agli istinti più bassi. L’incapacità di fuoruscire dalla fase del “no”, malattia infantile del grillismo. Le censure, le epurazioni. La mistica -antidemocratica- della rete. Una misoginia senza freni. Fino alla piazza torinese di ieri, che a mio parere segna la svolta definitiva: in piazza Castello il M5S è politicamente morto o, al contrario, si è posizionato irreversibilmente e con successo tra i populismi fascistoidi e antidemocratici alla Le Pen. Ci toccherà aspettare una settimana per saperlo.

Un furente Beppe Grillo ha offerto alla piazza torinese il meglio del suo peggio. Non sono Hitler, sono oltre Hitler” (imbarazzando anche i suoi). “Bisogna ringraziarlo, Stalin… Schultz, vedi di andare affanculo“. “L’ebetino di Firenze è andato a dare due linguate a quel culone tedesco (Angela Merkel, ndr): citazione berlusconiana purissima, così come quel titillare il sentimento antitedesco. “Digos, Dia e Carabinieri sono con noi: le parole più gravi, di sapore golpistico, insieme alla promessa di processi sommari “contro i giornalisti, i politici e gli imprenditori che hanno rovinato questo Paese e alle ingiurie contro l’inno di Mameli. Oltre non si potrebbe, ma mai porre limiti all’Improvvidenza. Sentiremo il comizio conclusivo a Milano: se non è del tutto pazzo un po’ di freno a mano lo tirerà.

Di qui in ogni caso non si torna indietro, questo è certo: ieri Torino ha visto un nuovo Beppe Grillo, che dà ragione a chi fin dal principio ha paventato la sua pericolosità politica e la sua deriva fascistica. Di fronte a quell’one-man-show gni ipotesi di dialogo democratico decade. E stupisce molto che con sfortunato tempismo proprio due giorni fa in un’intervista a “Il Manifesto” la fondatrice della Lista Tsipras Barbara Spinelli, figlia di Altiero, padre fondatore dell’Europa, abbia aperto all’antieuropeista Grillo auspicando “un dia­logo con i 5 stelle e di deci­dere su punti spe­ci­fici poli­ti­che con­cor­date. Ci sono molte cose in comune… Ci sono molte posi­zioni di Grillo com­ple­ta­mente con­di­vi­si­bili, e fra l’altro simili se non iden­ti­che alle nostre. M5S potrebbe svol­gere un ruolo molto impor­tante”.

Grande, grandissima, enorme confusione sotto il cielo.

 

 

Femminismo, Politica, pubblicità, questione maschile Maggio 7, 2014

Lato B-sipras

Ho fatto di tutto per resistere -per amicizia, per affetto- e forse ormai sono l’unica giornalista d’Europa a non aver scritto sul tema Tsipras-culo, a questo punto indivisibile, come l’atomo. Ma il titolo di El Mundo sulla vicenda (Una “velina” de Izquierda) mi produce uno sconforto definitivo.

Che ciò che proviene dal Paese delle Veline venga regolarmente interpretato in questa chiave (ho girato per dibattiti vari posti d’Europa, nell’ultimo ventennio, e non c’era modo di parlare d’altro: “Ma è vero che le ragazze italiane vogliono fare tutte le veline?”) , be’, non è così strano. Era un rischio da mettere nel conto. A noi sembra passato un secolo ma il resto del mondo, che ci si è tanto divertito, si attacca nostalgicamente a ogni indizio e vorrebbe che tutto continuasse come prima.

L’unico modo è tagliare di netto con questa roba, e senza pietà. L’unico modo è essere inequivoci e inequivoche. La politica è una cosa, e ha molto bisogno delle donne e del loro sguardo, e anche dei loro corpi, ma giocati per sé, non per il piacere maschile. La seduzione sessuale è un’altra. Entrambe padrone nei rispettivi territori. Le svedesi possono anche permettersi gli sconfinamenti, noi no. Le afghane o anche le Pussy Riot devono permetterseli: lì la resistenza si fa anche dai parrucchieri clandestini o esibendo una spalla. Noi no, non possiamo, come convalescenti a cui anche poco più di un brodino di pollo può fare male. E infatti si è visto: ci è andato di traverso.

Viva il sesso, il corpo, il piacere e pure la lussuria. W chi se la spassa allegramente, e che Dio lo benedica. E del resto il femminismo -altro che veterofemministe- nasce proprio di lì: dal corpo e dal piacere, magari ci si informi prima di blaterare.

Ma come abbiamo detto -come la più grande manifestazione del dopoguerra, il 13 febbraio, ha gridato, come quel moto quasi risorgimentale ha testimoniato-: basta scambi tra i due territori, basta con i favori sessuali in cambio di un posto al sole, e mi pare di dire cose talmente ovvie che mi annoio da sola. Non siamo ancora guariti, tanto che un povero bikini fa saltare per aria la campagna elettorale. Tanto che basta non essere del tutto cessa perché qualcuno sospetti o, peggio, si permetta quello che abbiamo visto che tanti si sono permessi nei confronti di deputate, ministre e via dicendo (il repertorio è tutto illustrato in questo blog, buon viaggio). Qualunque cosa faccia pensare a quello, meglio di no.

Per questo, appena intravisto l’ormai celebre bikini per Tsipras mi sono permessa di sconsigliare Paola Bacchiddu, che è una giovane giornalista intelligente e in questo momento coordina la comunicazione per quella lista: tipo Cassandra, avevo immaginato quello che sarebbe capitato. Be’, ero stata ottimista (mi sono anche beccata una rispostaccia fuori tema).

Quasi nessuno, in questo Paese afflitto da analfabetismo di ritorno, sa chi sia il signor Tsipras e che cosa voglia da noi. Ma il bikini per Tsipras è stato elogiato perfino da Libero e da Bruno Vespa, che forse troppo tsiprasiani non sono, e la piccola idea è diventata immortale.

Dico piccola idea e non “geniale” idea, come definita da tanti, perché troppo idea forse non è: senza menzionare quella cosa che tira più di un carro di buoi, mi limito alle campagne di Cetto Laqualunque. Il corpo femminile è bello, accende il desiderio, fa vendere (per la pubblicità, per la tv, per i giornali la dignità femminile costituisce una catastrofe economica, tant’è che il famoso bikini, come in un loop angosciante, è stato ripreso su tutte le homepage, corredato di gallery di tutti gli altri bikini della giornalista) e, come abbiamo visto per un paio di decenni, fa anche votare.

Qui l’intento era spiritoso, certo. Ma oggi non ci sono le condizioni per certe uscite di spirito. Non ci sono ancora. Forse un giorno ci saranno. Ma al momento mi pare proprio di no. La cosa ha certamente rotto il silenzio mediatico -scandaloso- su Tsipras: personalmente mi auguro che la lista passi la soglia di sbarramento, e in particolare penso a un paio di candidate che mi piacerebbe vedere in Europa. Ma ha rotto il silenzio per dire che cosa? Giusto per segnalare il silenzio mediatico. Che continua su tutto il resto, salvo che per il bikini.

Questo servirà a portare i voti che servono? Qualche voto di donne, lo so per certo, elettorato molto importante per quella lista, è andato perduto. Speriamo compensato da qualche altro voto: ma su questo non ho prove certe. E comunque -per carità, non si butta via niente- ma che voti sarebbero? A occhio l’operazione non mi sembra riuscitissima.

Infine mi è molto spiaciuto che per difendere l’iniziativa si siano tirate in ballo le “veterofemministe che hanno fatto carriera passando dal letto dei potenti”, accusate di moralismo suoristico. Intanto perché il soggetto (la veterofemminista) andrebbe definito con maggiore precisione: chi sono? le femministe in menopausa? o le più vecchie? quelle che hanno reso possibile anche la nostra libertà? le madri di tutte noi? Quanto poi alla carriera, dovrebbe essere arcinoto che l’essere femminista non l’agevola affatto -semmai funziona bene il non esserlo- e infatti di anziane femministe quasi indigenti ne conosco alcune. E di quali diavolo di “potenti” si parla? E di quale diavolo di moralismo si va cianciando, donne che  per la loro gioia sessuale ne hanno fatte più di Bertoldo -avete presente la sex revolution– quando oggi mi pare di vedere una marea di ragazze andare in bianco?

Si è perfino sciaguratamente tirato in ballo il docufilm “Il corpo delle donne” come pietra miliare dell’irriducibile moralismo -sul quale docufilm, per carità, è legittimo esprimere qualsivoglia giudizio-. Si sarebbe tuttavia dovuto tenere conto del fatto che l’autrice di quel docufilm, Lorella Zanardo, è candidata proprio nella lista Tsipras, e forse non è stata un’ideona non pensarci prima.

E condannarla, lei e le altre candidate femministe, perché ce ne sono altre, a sprecare anche quei due minuti di visibilità che saranno loro concessi per parlare di un bikini, e non dei loro temi. Che forse, per le vite di tutte e tutti, pesano un po’ di più.

 

Politica Marzo 13, 2014

80 euro per fare male a Grillo

Matteo Renzi ha un problema urgente: uscire vincitore dalle europee, che sono la sua prima e inaggirabile prova elettorale. Come dicevamo qui, tra delusi del Pd –e i motivi di delusione non mancano- che decideranno di astenersi, lista Tsipras e M5S, il suo partito rischia molto.

Il senso di Renzi per il popolo è formidabile, in questo senso sì, somiglia davvero a Berlusconi. C’era bisogno di far capire alla gente, anche con slide da scuola media, che questo governo non è affatto come gli altri. E c’era bisogno di dare una prova tangibile di questo, mettendole –cash- un pochino di soldi nelle tasche: che poi, per chi guadagna mille euro, 80 euro pochissimi non sono (Camusso ashtonished, con le unghie tagliate).

Come si dice, prima cammello… vediamo che cosa succede effettivamente a maggio. Ma di certo, magari non tanto dal punto dell’economia –non siamo gufi, tifiamo pro, ma questa crisi è una cosa piuttosto seria, e 80 euro non cambiano il paradigma-, quanto dal punto di vista degli esiti elettorali, questi 80 euro per un voto sono un eccellente investimento.

p.s.: per chi avesse ancora qualche dubbio sulla possibilità che Matteo Renzi consideri un’alleanza “a sinistra” con i 5 Stelle e affini. Non ci pensa proprio.

Politica Febbraio 26, 2014

Farsi male in Europa

il mito di Europa raffigurato dalla tedesca Ursula

Il problema democrazia nel M5S è sempre più serio: con un “processo” sommario l’assemblea dei Parlamentari ha deciso di valutare l’espulsione dei colleghi colpevoli di avere espresso un’opinione non conforme a quella della maggioranza, e oggi la consultazione online potrebbe ratificare la sentenza.

I reati di opinione, con relativo confino, sono un classico delle dittature.

Anche del parere della rete Beppe Grillo tiene conto solo quando coincide con il suo. Inviato controvoglia alle consultazioni con il premier incaricato Matteo Renzi, nel famoso streaming il capo-comico non si è consultato per niente: giusto uno show alla Lenny Bruce. E i 4 parlamentari che hanno osato rimarcarlo rischiano l’esilio nel gruppo misto.

Non basta più che fra i 5 Stelle siano tanti i bravi e i competenti, né che molti punti di programma siano sensati e condivisibili. C’è un gravissimo problema di democrazia interna che non può più essere aggirato. Di quegli uno-che-valgono-uno, ce ne sono un paio che valgono centomila. Problema tanto più serio se è vero, come annunciato ieri da Roberto Fico, i 5 Stelle prenderanno molto sul serio le elezioni europee di maggio: “La nostra asticella” ha detto “è un voto sopra il Pd”.

Al momento i punti che mancano sarebbero 5-6 punti: secondo uno degli ultimi sondaggi, realizzato da Ipr-Ixè, il Pd è al 29.3 per cento – meno 2.5 punti, persi con la defenestrazione di Enrico Letta-, mentre crescono M5S e Forza Italia, rispettivamente al 23,7 e 22 per cento. Quanto alle coalizioni, il centrodestra risulta sempre in testa.

L’interesse degli italiani per l’Europa è sempre più scarso: solo il 41 per cento crede che la partecipazione all’UE sia un bene, e le politiche di austerità aumentano l’euroscetticismo. Al voto di maggio è prevedibile un’astensione record, che i 5 Stelle contano di contrastare stramobilitandosi in una guerra contro l’euro e l’Ue e presentandosi come un’alternativa propositiva al non-voto. Dal canto suo, Forza Italia potrà probabilmente contare sul martirologio di Silvio Berlusconi, che salvo sorprese a maggio starà scontando i domiciliari, “ingiustizia” contro la quale mobiliterà il suo popolo.

I veri problemi sono del Pd: la luna di miele con Matteo Renzi sarà fisiologicamente finita a meno che, grazie a provvedimenti dall’effetto immediato -di sicuro non basta una nuova legge elettorale, serve qualcosa che abbia a che vedere con le tasche dei cittadini-, i primi cento giorni del nuovo governo non saranno stati veramente entusiasmanti, capaci di tenere viva la “passione” e di rinnovare la fiducia. In caso diverso, tra astensione dei delusi, transfughi nei 5 Stelle e fuga a sinistra nella lista Tsipras, sarà il Pd a rischiare di più. Inutile sottolineare che quell’eventuale “voto in più” ai 5 Stelle avrebbe effetti clamorosi anche sul quadro nazionale.

Ecco perché Matteo Renzi tiene molto alta l’attenzione sull’Europa -a cui è dedicata anche la direzione nazionale del partito convocata per domani- attivando l’orgoglio-Italia.

La sfida per i 5 Stelle è notevole. Ma anche per il Pd la strada è in salita. Specialmente se Matteo Renzi non saprà ricucire le lacerazioni interne al partito e riconquistare fiducia a sinistra.  

aggiornamento ore 19.30: i 4 “dissidenti” sono stati espulsi. Molti 5 Stelle, dentro e fuori dal Parlamento, si rivoltano. Mi sa che la campagna per le europee parte malissimo.

Questo è un giro di boa, e Beppe Grillo stavolta si è fatto molto male.

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Gennaio 23, 2014

50/50: una furbata “italica”

Uno può anche non essere d’accordo sul 50/50 allo scopo di femminilizzare i luoghi dove legifera o si decide -o almeno in liena teorica si dovrebbe decidere-, dai board aziendali al governo alle istituzioni rappresentative. Ma se il principio lo si assume, lo si fa davvero.

Vendere il 50/50 nelle liste bloccate dell’Italicum come un’effettiva femminilizzazione del Parlamento non è onesto. Che sia farina del sacco di Renzi, o di Berlusconi, o di entrambi, o che l’idea sia venuta in extremis ad Alfano, il giochino è piuttosto puerile.

Lo spiega bene l’amica Cinzia Romano, di cui sintetizzo il post:

“La nuova legge elettorale all’articolo 14 ter, comma b, afferma che le liste di candidati nei vari collegi dovranno essere formate da metà uomini e metà donne, pena la loro esclusione. Ma non è affatto detto che tale presenza la ritroveremo in Parlamento, anzi.

Si prevede infatti che, “non possono esservi più di due candidati consecutivi del medesimo genere”. Tradotto: se ai primi due posti in lista ci sono maschi, al terzo dovrà esserci una femmina. Che con ogni probabilità resterà fuori, visto che nella stragrande maggioranza dei collegi saranno i primi due candidati in lista di ogni partito ad essere eletti. E solo nei collegi più grandi, al massimo, si potrà sperare di eleggere un 30% di donne.

Al di là del giudizio che ciascuna e ciascuno dà sulla legge elettorale (liste bloccate più o meno lunghe, nessuna preferenza etc), colpisce come l’enfasi sulle liste paritarie, 50e50 venga di fatto smentita e svuotata nello stesso articolo che pure la proclama. Che vieta (giusto) le candidature multiple ma non obbliga  i partiti all’alternanza uomo donna né tra i capolista (se pure ci fosse, maliziosamente sono portata a pensare che alle donne verrebbero rifilati i collegi “a perdere”) né soprattutto nelle liste, unico modo per garantire una soglia di rappresentanza vicina al tanto declamato 50%.

Le donne, attraverso oltre cinquanta associazioni, si sono ritrovate nell’Accordo di azione comune per la democrazia paritaria, che da anni si batte ed elabora proposte che con qualsiasi sistema elettorale, possano garantire quella parità tra uomini e donne nelle istituzioni come prescrive l’articolo 51 della Costituzione. E anche le Parlamentari tutte (dispiace la non adesione delle donne del Movimento 5 stelle e di Fratelli d’Italia) hanno fatto un patto analogo fra loro e con le donne del Paese. Anche le donne di Se non ora quando, che partecipano all’Accordo di azione comune per la democrazia paritaria, hanno fatto sentire la loro voce e le loro richieste.

Ancora più urgente la necessità per le elezioni europee che si svolgeranno a fine maggio. E’ venuta meno infatti la clausola (prevista solo per due tornate elettorale e quindi non per questa) che le liste garantiscano almeno la presenza del 30% per il genere meno rappresentato (le donne appunto) e in presenza di tre preferenze, nessun obbligo di “dividerle” tra i due generi come invece prescive la recente legge per le elezioni comunali che ha introdotto la doppia preferenza di genere. Una nuova legge per le Europee si impone quindi con urgenza, ancor prima di quella per il Parlamento”.

Come al solito, non puoi distrarti un attimo.

Arriva anche una presa di posizione dalle senatrici Valeria Fedeli (Pd), Alessandra Mussolini (Fi) e Laura Bianconi (Ncd)

“Il testo base di legge elettorale presentato nella serata di ieri, è del tutto deludente per quel che riguarda la rappresentanza di genere. Non viene, infatti, salvaguardato il principio antidiscriminatorio previsto dagli art.3 e 51 della Costituzione, articoli che sanciscono la pari dignità sociale dei cittadini e condizioni di eguaglianza nell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive. Niente di tutto questo lo ritroviamo nel testo base del cosiddetto “Italicum”. Nonostante l’elemento positivo introdotto all’art.1, comma 9, ovvero l’inammissibilità delle liste che violano il principio di pari opportunità, la stravagante alternanza dei generi due a due maschera in realtà un ritorno al passato cancellando di fatto l’ unico elemento capace, come è noto, di garantire una reale rappresentanza.”
“Stando così le cose, per rendere realmente efficace il principio di pari opportunità nella rappresentanza politica è necessario introdurre un vincolo all’alternanza di genere uno a uno nelle liste e la medesima alternanza nei capilista. Immaginiamo, infatti, che andando a votare con questa legge risulteranno eletti soltanto i primi due nomi in lista, se non addirittura solo il primo. Insomma, quella presentata ieri è una formula del tutto inadatta con la quale rischiamo di perdere l’occasione di un cambiamento profondo: una democrazia realmente paritaria attraverso una legge elettorale che garantisca l’equità di genere”.
Qui la petizione da firmare, donne e uomini.