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Donne e Uomini, esperienze Novembre 4, 2008

TUTTI MASCHI

Mi arriva il cortese invito a un convegno milanese intitolato “Per uscire dalla crisi: +stato, +mercato, + Europa” (10 novembre ore 15.00, palazzo Mezzanotte). Partecipano: Paolo Bertoli, presidente Andaf, Alberto Bombassei, vicepresidente Confindustria, Luigi Casero, sottosegretario Ministero Economia e Finanze, Enrico Cisnetto, presidente Società Aperta, Luigi Ferraris, direttore Amministrazione Pianificazione e Controllo Enel, Gaetano Miccichè, responsabile Divisione Corporate e Investment Banking, Intesa Sanpaolo, Amministratore Delegato Banca IMI, Francesco Micheli, imprenditore. Conduce Gianfranco Fabi, vicedirettore Il Sole 24 Ore. Tutta gente che di sicuro se ne intende. E per intendersene evidentemente si ha da essere maschi: si è visto, infatti, a Wall Street. Non c’è una donna nemmeno per sbaglio. E dire che quei pazzi degli Islandesi per rimettere in sesto il sistema finanziario si sono affidati con fiducia a due signore, Elìn Sigfùsdòttir e a Birna Einarsdòttir, attribuendo loro il compito di “cambiare innanzitutto la cultura rischiosa dei bonus e delle stock option” e di aggiustare quello che la finanza maschile ha ridotto in pezzi. Sarà che lì c’è un clima diverso. E non solo meteorologicamente parlando.

Mi domando come mai agli uomini non venga mai in mente, ma nemmeno per caso, che le donne possono far bene e avere buone idee da suggerire nel campo dell’economia e della finanza. E che possono aiutare tutti a capire come scaravoltare questa crisi nel senso delle opportunità che contiene. Mi chiedo come mai non si domandino che effetto possa fare a una donna -a me, nella fattispecie- essere invitata a un convegno così congegnato, e perché la cosa non faccia un po’ di effetto anche a loro. Non è questione di violazione del galateo pariopportunitario: è che davvero di quello che pensano le donne non gli importa nulla.

Com’è noioso essere costrette a parlare ancora di queste cose.

Politica Ottobre 31, 2008

LETTERA A EMMA, “TUTTA INTERA”

Emma Marcegaglia

Emma Marcegaglia

Gentile Dottoressa Marcegaglia, cara Emma,

un’amica, Zeynep Bodur Okya, grande industriale turca, parlando del rischio di civilization clash e della possibilità che le donne, con il loro talento per la mediazione, svolgano un ruolo di dialogo e di pace, mi ha detto con semplicità una cosa che sappiamo bene tutte: “Tra donne ci si capisce. Io sto nel mezzo, tra voi occidentali e le donne del Golfo. E mi trovo bene con tutt’e due. Ci sono sempre molte cose in comune. Sono una mamma ed è madre anche l’altra: questo ci unisce e ci unirà sempre, contro ogni stereotipo reciproco. Sono gli uomini che separano. Noi siamo sempre esseri umani tutti interi”.

Per questo la chiamo Emma. E parlo a lei “tutta intera” per raccontarle quello che certamente lei già sa: la grande sofferenza delle donne costrette a lavorare come uomini -con i modi, i ritmi, le modalità organizzative e i tempi pensati per gli uomini- anche in comparti produttivi fortemente femminilizzati; la loro solitudine di fronte ai compiti di cura, che restano comunque sulle loro spalle; e anche la loro enorme capacità di resistenza, visto che non mollano su nessuno dei due fronti, il lavoro della produzione e quello dell’amore. Un “doppio sì”, come dice il titolo del libro-inchiesta della Libreria delle Donne di Milano, a cui nessuna sembra volersi sottrarre. Salvo la fuga, ogni volta che sia possibile, nel lavoro autonomo, dov’è meno impossibile lavorare “da donne” e organizzarsi con quelle modalità flessibili che da decenni costituiscono il Graal per tutte noi.

La sua collega Annamaria Artoni, presidente degli industriali dell’Emilia Romagna, sostiene -sentita con le

Annamaria Artono

Annamaria Artoni

mie orecchie- che perfino l’industria manifatturiera sarebbe oggi in grado di introdurre il tempo flessibile. E allora, è la domanda, perché non capita? Che cosa continua a ostare a questa innovazione, che sarebbe uno straordinario fatto politico -parlo di politica vera, non di quella là-, proprio perchè cambierebbe, e in meglio, la vita delle donne, dei bambini, della comunità e della polis?

Il fatto che lei sia a capo di Confindustria costituisce una grande occasione storica, per lei stessa e per tutte e donne di questo paese, con l’auspicio che lei riesca a portare in quel ruolo se stessa “tutta intera”, con tutta la sua sensibilità e il suo sapere di donna. A pensare al lavoro femminile non più come l’eccezione a una norma maschile, ma come al lavoro tout court. E dunque non in chiave di tutele, di sostegni, di “permessi”, ma di centralità.

Certo: con l’arietta di recessione che tira, se vi saranno dei prezzi da pagare -e per colpe altrui, beninteso-, il rischio è che le donne siano le prime. Sappiamo che le cose di solito vanno così, i cocci sono sempre i loro. E parlare di orario flessibile e di organizzazione del lavoro può apparire un lusso quando è il lavoro a essere in forse. Ma lei sa benissimo che se le donne perdono, perdono anche le aziende e il progresso del paese, che dell’apporto del “genio” femminile, come diceva Giovanni Paolo II, hanno un grande e crescente bisogno. E sa anche che questa crisi, che ci costringe a ridiscutere i criteri liberistici che hanno de-regolato l’economia e la convivenza civile, può costituire anche l’occasione per una grande purificazione, e per un generale ripensamento che può riguardare anche i contenuti e i modi della produzione.

L’auspicio è che le donne siano protagoniste di questo ripensamento, come lo sono oggi del lavoro. Che il loro sapere e il loro “doppio sì” possa essere il perno di una pacifica rivoluzione del mondo del lavoro. E che lei, cara Emma, protagonista “tutta intera” della sua grande responsabilità, del tutto donna in un ruolo che è sempre stato degli uomini, insieme alle molte altre donne di Confindustria possa farsene promotrice e interprete.

Con fiducia e stima.

Archivio Ottobre 24, 2008

COLPA VOSTRA

Solo il 15 per cento dei gestori americani di fondi sono donne. Quelli che hanno combinato questo global mess, questo immane casino, sono praticamente tutti uomini. Sono loro ad aver montato all’inverosimile quel poco di panna montata, che è rimasta quella poca che era, e anzi è diminuita. Ma siamo soprattutto noi a combattere per la spesa e a tirare la coperta che scappa via da tutti le parti.

C’è grande rabbia, tra le donne, anche tra le più semplici, inferocite per quello che questi maschi avidi e scriteriati hanno combinato. La rabbia non è un gran sentimento, ma può essere un ottimo carburante.

Che non pensino, adesso, di ricominciare daccapo senza di noi. Che non pensino di relegarci ancora in quel piccolo dell’economia domestica da cui, peraltro, siamo uscite da tempo.

Una lettura sessuata di questa catastrofe è indispensabile, anche se non la troverete su nessuna prima pagina. Adesso si deve uscirne insieme, uomini e donne, nel bene e nel male.

E se vi pare una lettura femminista, ebbene, lo è.

Archivio Giugno 26, 2008

DARE UNA MANO AGLI UOMINI

Buongiorno a tutti! Sugli uomini: Cristiana si domanda “quando inizierà il noi due?”.  E un’altra -o altro- che non trovo più, cito a memoria, si chiede se le donne non possano dare una mano agli uomini, visto come sono messi.

In generale credo che si possa dare una mano a qualcuno solo quando lui stesso: ha riconosciuto di avere un problema; intende capirne la natura; è determinato a risolverlo. Tre condizioni irrinunciabili, che mi pare non si verifichino così facilmente nel caso di quella che grossolanamente definiamo la “crisi maschile”. Diciamo che al momento siamo fermi al primo stadio: ho un problema. Da cui consegue tutta la rabbia e tutto il dolore che vediamo e patiamo, donne e uomini insieme, anche se ciascuno per conto suo. Alla seconda domanda -che problema ho?- spesso gli uomini rispondono: il problema sei tu. Tu con la tua libertà, la tua autonomia -non posso dominarti più- e il fatto che mostri di non avere più bisogno di me, e vuoi tagliarmi fuori dalla tua vita -non sai più essermi madre-. Siamo incistati e incistate qui, mi pare.

Ma sempre sul dare una mano: anche nei rari casi in cui la domanda di aiuto viene espressa, io ci andrei molto piano. Il territorio maschile non può essere invaso. Non possono essere le donne a dire che cos’è un uomo, e che cosa diventa, privato di quello che è sempre stato il nucleo forte della sua identità, il dominio sulle donne. Le donne possono solo dire sempre meglio che cos’è una donna, praticare intensamente la propria differenza femminile. E’ solo così che la differenza maschile può delinearsi, prendendo il posto di quell’assoluto che l’uomo ha sempre ritenuto di essere.

P.S. Un pensierino sulla maturità: è sempre stata materia di brutti sogni ricorrenti, Andreina. Tocca qualcosa di molto profondo, a quanto pare. Anche se è vero: a cinquant’anni, uno si meriterebbe di fare incubi su qualcos’altro. E invece continuiamo a covare (in-cubare) quella terribile iniziazione, senza che ne nasca finalmente qualcosa di nuovo.