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bellezza

Corpo-anima, esperienze, Politica, Senza categoria Dicembre 18, 2010

BELLEZZA POLITICA

Una volta il vestito bello, quello della domenica, lo chiamavano “buono”. Al Sud usa ancora, penso a certe botteghe napoletane odorose di stoffa, i sarti con il metro al collo e il gessetto blu. Ma “bello”, viceversa, può valere per “buono”, e “brutto” per “cattivo”. Il salumiere sta impacchettando il mio mesto formaggio dietetico, e la signora che fa spesa accanto a me mi esprime la sua solidarietà: “Quant’è brutto, il quartirolo…”.

Credo che si tratti di quel che resta del greco kalòs kai agathòs– le parole sono siti archeologici-: il bello che è anche buono. Ce l’hanno spiegato al ginnasio, ma noi non l’abbiamo mai davvero capito: insieme alla parola abbiamo smarrito anche il senso di questa gloriosa unità, il fatto che il bello, platonicamente, è l’aspetto visibile del bene. Una lettrice mi ha scritto che anche nella lingua navajo c’è una parola, “hozo” che indica un insieme inestricabile di salute, bellezza, bontà, armonia, felicità.

Bello e buono li abbiamo brutalmente allontanati. Ma l’uno senza l’altra fanno fatica a vivere. Guardiamo la bellezza con sospetto, invece di accettarne il mistero salvifico. Quando vedo certe feste “popolari” all’insegna della salamella, della sciatteria e dei banchi cinesi, mi pare un vero delitto politico: ai ricchi il bello, nella forma ambigua del lusso, e ai poveri il triste essenziale del pane senza rose. Le afghane sotto il burqa si coloravano le guance, e durante il regime talebano rischiavano la pelle per una messa in piega nei salon clandestini. Questo per dire di che cosa stiamo parlando.

A Milano, non lontano dalla celeberrima e festosissima via Padova, su iniziativa dell’editore Terre di Mezzo ha preso avvio un laboratorio di scrittura creativa per bambini ispirata ai “Fighting words” di San Francisco, e a quelli di Dublino animati da Roddy Doyle. Non è certo che ne usciranno grandi scrittori. Ma la bellezza delle parole, questo è sicuro, salverà molti ragazzi specie stranieri dalla tentazione di rassegnarsi al degrado.

Fare belle le nostre città basterebbe e avanzerebbe come grandioso programma politico. In un paese come il nostro, poi, in cui la bellezza è sempre stata “rinascimentale”, ci ha sempre rimesso al mondo. “Voi italiani dite sempre ‘Bello!’” ha osservato una volta il buffo Jean Paul Gaultier. Da tempo lo stiamo dicendo troppo poco, io credo. Forse per questo siamo nei guai. E allora, “Bel” Natale a tutti.
pubblicato su Io donna-Corriere della Sera il 18 dicembre 2010

esperienze Novembre 20, 2010

ITALIAN BEAUTY

L’ultimissimo film di Toni Servillo (“Una vita tranquilla” di Claudio Cupellini) è un vero prodigio. Non faccio la critica cinematografica, ma sono certa che sbancherà al botteghino e farà l’en plein di premi e riconoscimenti (ha già vinto il premio per il miglior proragonista al Festival di Roma).

Toni ha messo qualche chilo intorno alla pancia (“da terrone”, dice) per rendere più credibile il suo Rosario, ex-camorrista che si è rifatto una vita onesta come cuoco in Germania. Una moglie tedesca e innamorata, un bel bambino biondo. Finché il passato non si ripresenta, con un movimento tragico e quasi shakespeariano, per saldare i troppi conti rimasti in sospeso.

Al contatto con le atmosfere nordiche (come in “Le conseguenze dell’amore”, ambientato a Lugano, o “La ragazza del lago”, tra i boschi del Friuli), Servillo sembra dare il meglio del suo meglio. Come se lì potesse liberarsi del suo abituale rigore -protezione necessaria per crescere onesti al Sud, o anche solo per vivere in Italia in questo tempo- e lasciar correre senza briglie tutto il suo strepitoso talento.

Lui che in tv non ci va, nemmeno per sbaglio. Niente mondanità o attici in piazza di Spagna: continua a vivere a Caserta, quando non è in giro per il mondo. Ci vuole un bel po’ per strappargli un sorriso, benché sia uomo spiritosissimo. Sceglie sempre il teatro più grande (in questi giorni, dopo un tour mondiale, sta riportando in scena al Piccolo di Milano la sua “Trilogia” goldoniana), mentre alle grandi firme del cinema preferisce l’aurora delle opere prime. Un uomo difficile e severo, in un mondo facile e slabbrato.

E in questo film Toni Servillo fa il miracolo. Si mangia Bob De Niro e Al Pacino. Non una slabbratura, una gigioneria, il minimo autocompiacimento. La perfezione dell’attore, che ingenera una profonda gratitudine. Perché il bello è proprio questo: che in un paese impresentabile, sull’orlo dell’abisso, uno come lui sia adorato e fatto quasi oggetto di culto. Una specie di eroe nazionale. Che la sua energia passi, anche in assenza di compromessi. Che quel che ha da dire arrivi, pur senza facili mediazioni.

Il che dimostra, ed è quello che conta, l’incredibile resilience di questo paese. Il suo fondo incorrotto, che riesce sempre a custodire, anche nelle cicliche temperie morali e materiali che attraversa. Il suo attaccamento alla bellezza, che infine lo traghetta sempre in salvo.
pubblicato su Io donna – Corriere della Sera il 20 novembre 2010

Corpo-anima, Donne e Uomini Luglio 5, 2010

PICCOLE LABBRA A NORMA

greta-labbra

Credevo di averle viste tutte, e invece no. Passato in tv un agghiacciante documentario sulla chirurgia estetica vaginale e vulvare. Qualche centinaio di cliniche sparse per l’Occidente civilizzato (diciamo così), da aggiungersi alle molte migliaia di capanne africane, titolari del massimo know-how in materia.
Uno degli interventi che va di più è l’abbellimento delle piccole labbra. Deve essermi sfuggito qualcosa, ma non ho nemmeno una vaga idea di quali siano i canoni di bellezza delle piccole labbra. Non sono nemmeno così sicura di averle a norma, mancandomi i riferimenti standard.
A quanto pare –tragedia- sono in circolazione piccole labbra troppo corte, troppo lunghe, o addirittura asimmetriche. Come si può vivere in queste condizioni? E soprattutto, come puoi godere di una vita sessuale serena e appagante con l’incubo che prima o poi lui se ne accorga e te lo rinfacci: “Accidenti, come le hai corte!”?
Una poveraccia afflitta da anorgasmia ha raccontato di essersi sottoposta a una specie di circoncisione terapeutica della clitoride. Più sforbiciatina alle piccole labbra, già che c’era. Adesso la sua vulva è perfettamente a posto, peccato che per lei l’orgasmo continui a essere un’esperienza sconosciuta, e anzi senta un male cane al minimo sfioramento. Infibulazione riuscita.
Signore e signori, il giuramento di Ippocrate è una cosa seria. Un medico non dovrebbe danneggiare i pazienti al mero scopo di arricchirsi. A una donna che non ha orgasmo si dovrebbe per esempio spiegare, se non ci arriva da sola, che il suo problema non sta nelle mucose difettate, ma da qualche altra parte.
Però anche le donne dovrebbero darsi una mossa e tornare a occuparsi in proprio del loro corpo, territorio precipitosamente abbandonato per buttarsi a capofitto nel lavoro, nella politica, nel mondo. E selvaggiamente colonizzato dal business e dai suoi imbonitori. Si dovrebbe pensare un’idea di bellezza compatibile e non-trans, che vada d’accordo con la salute, rifugga gli eccessi e sia contigua alla gioia di vivere.
Sono passati 35 anni da quando il bestseller Noi e il nostro corpo” del Boston Women’s Health Collective diede la sveglia alle donne di tutto il mondo. Forse è venuto il momento di ricaricarla.

pubblicato su Io donna-Corriere della Sera il 3 luglio 2010

economics, Politica Giugno 30, 2009

PROGRAMMA PER IL PD (MODESTAMENTE)

Ecco, per esempio: l’acqua bene comune (e invece le giunte rosse partecipano alla speculazione sull’acqua)

Ecco, altro esempio: la lotta contro la cementificazione del territorio, la salvaguardia e la valorizzazione della struggente bellezza del nostro paese (e non il proprio business cementizio e le coop rosse contrapposti agli interessi simmetrici del centrodestra, il territorio conteso palmo a palmo), un’economia legata all’ambiente e alla bellezza?

Ecco due punti semplici semplici, puliti puliti, per un Pd con un’identità riconoscibile. E potremmo andare avanti senza problemi.

Vedete com’è facile. Addirittura banale. Non c’è da leggere troppi libri. Non c’è da fare seminari teorici. E’ chiaro, quello che serve al paese. Basta viverci dentro. Camminare per le strade. Andare negli uffici, o a fare la spesa.

Ma è davvero questo che vanno cercando? La strada per un paese più bello e più felice? O perseguono soltanto la non estinzione?

AMARE GLI ALTRI, Politica Giugno 6, 2009

L'ITALIA CHE VORREI

opera di giuliano tomaino

opera di giuliano tomaino

Oggi e domani si vota. Necessario silenzio pre-elettorale. Un’idea su come andranno le cose ce l’ho, ma la tengo per me. Saranno elezioni significative per il nostro paese, questo si può dire. E ci daranno un contributo per capire, lette in filigrana, da che parte stiamo andando.
Mi pare che sia uno di quei momenti climax, in cui si decide che strada imboccare e in quale mondo vivere. Uno di quei momenti in cui si tirano le somme e si gettano le fondamenta dei decenni successivi. C’è lotta, diciamo così, su tanti fronti, anche se è una lotta microfisica, interstiziale, più nel chiuso delle coscienze che all’aria delle piazze. E i fronti sono molti. Che cosa fare con i migranti, tra deregulation e utopie claustrofiliche. Che strada imboccare in materia di energia. E poi il destino della famiglia, sottoposta a doppio attacco: una fisiologica erosione, da un lato, in favore della solitudine, e dall’altro la costante disattenzione da parte dello stato. Il lavoro, soprattutto per i nostri figli: migranti a loro volta, più o meno qualificati, stavolta verso Est, e noi qui, vecchi bianchi tenuti a bada, in tutti i sensi, da una gioventù coloured che ha lasciato i suoi vecchi nel paese d’origine. E poi le donne, sempre più disilluse sugli uomini, e gli uomini, sempre più trascurati dalle donne, e in mezzo le bambine e i bambini, sempre più lontani dai padri, in un nuovo assetto post-edipico che solo la fantapsicologia può aiutarci a immaginare…
Io non vi dico chi voterò, né se lo farò. Ma posso dire, a grandi linee, in che genere di paese mi piacerebbe vivere. Un paese in cui l’individuo conti un po’ di meno, e le relazioni un po’ di più, e la nostra millenaria capacità dell’altro in tutte le sue declinazioni -le donne per gli uomini, gli uomini per le donne, i vecchi per i giovani e i giovani per i vecchi, i migranti, e così via- torni a essere una risorsa decisiva. Un paese organizzato intorno all’intelligenza della bellezza, che ci è data in origine e per dono, e che sappiamo, quando vogliamo, restituire al mondo: un nuovo fecondo kalos kai agathos, un bello che è anche buono e produttivo.
Penso che per andare avanti noi italiani dobbiamo voltarci indietro. Anche molto molto indietro.

(pubblicato su Io donna-Corriere della Sera il 6 giugno 2009)

TEMPI MODERNI Marzo 13, 2009

MISS ANA

Sfilate non ne ho viste, ma a giudicare dalle foto che ho visto qua e là sui giornali, non ho motivo di sperare che il peso medio delle mannequin si sia elevato di più di qualche etto. Molti stilisti si sono impegnati a non far sfilare anoressiche conclamate, come è accaduto nel recente passato (vedi foto qui sopra), ma la magrezza delle ragazze sulle passerelle resta comunque impressionante

Non ho mai creduto che l’anoressia sia ispirata dalla moda, ma credo ci sia un minimo comun denominatore tra le due cose: che è quello di un rifiuto della femminilità materna. Le ragazze non vogliono diventare madri, vogliono essere come i maschi,e fermano il loro sviluppo (mestruazioni comprese) sulla soglia della differenziazione sessuale. Anche la moda non vuole madri, ma creature efebiche, sessualmente indifferenziate. Il rifiuto di un sé materno è un frutto estremo dell’emancipazione, e finché le donne non si convinceranno di essere libere nella loro differenza femminile -che è poter essere madri-, e quindi finché non si vedranno belle in questa loro differenza, che è anche opima, sarà difficile che le cose vadano diversamente.

Intanto vedo che l’anoressia-bulimia è in aumento (150-200 mila casi) e che l’età del debutto della malattia scende verso i 10 anni e anche meno, ovvero alle soglie della pubertà.

esperienze Dicembre 31, 2008

NEBBIA, MOZZARELLA E AGLIANICO

Mi riconnetto dalla Basilicata, che saluta il nuovo anno con una nebbia che non vedevo da quando ero bambina (a Milano). Vorrei andare a fare un giro ai Sassi di Matera, ma non so come si farà… Stamattina, appena aperti gli occhi, ho guardato dalla finestra e c’era solo un muro bianco e lattiginoso. Ora intravedo appena un bel palazzotto ottocentesco intonacato di giallo.
Non ero mai stata a Potenza, e mi avevano preannunciato il peggio. E invece è una piccola città piacevole, elegante e ordinata. Perfino le decorazioni natalizie sono di un certo gusto. La gente è gentile e discreta, e la cucina -tanto per cambiare- irresistibile. Bevuto ieri sera stupefacente Aglianico, in compagnia di ottimi amici. Mangiata l’altro giorno nel Cilento divina mozzarella di bufala, e pizzelle fritte al momento dalla nostra squisita ospite Luisa. Il nostro Sud è un posto strepitoso, straripante di bontà e bellezza.

Buon anno a tutti. And be the change (your change, too).

esperienze Novembre 18, 2008

TANTA BELLEZZA NEL MONDO

Un grandissimo film, stasera, American Beauty, di Sam Mendes, 1999. Vi prego di non perderlo (Retequattro, ore 23.40), soprattutto se non l’avete mai visto. Mi ha accompagnato come un sogno per molti anni, e ha ancora da dirmi. Sulla vita, sull’amore, sul matrimonio. Qui, una piccola anticipazione.

Era una di quelle giornate in cui tra un minuto nevica… e c’è elettricità nell’aria… puoi quasi sentirla. Mi segui? E questa busta era lì… danzava con me, come una bambina che mi supplicasse di giocare… per quindici minuti.

È stato il giorno in cui ho capito che c’era tutta un’intera vita dietro a ogni cosa, e un’incredibile forza benevola che voleva sapessi che non c’è motivo di avere paura, mai…

Vederla sul video è povera cosa, lo so. Ma mi aiuta a ricordare. Ho bisogno di ricordare.

A volte c’è così tanta bellezza nel mondo, che non riesco ad accettarla,
il mio cuore sta per franare… È difficile restare arrabbiati quando c’è tanta bellezza nel mondo. A volte è come se la vedessi tutta insieme, ed è troppo.
Il cuore mi si riempie come un palloncino che sta per scoppiare. E poi mi ricordo di rilassarmi, e smetto di cercare di tenermela stretta. E allora scorre attraverso me come pioggia.

E io non posso provare altro che gratitudine per ogni singolo momento
della mia stupida, piccola vita
…”

Archivio Ottobre 25, 2008

NON E’ BELLO ESSERE POVERI

C’è il rischio, quando si parla di razzismo, di ficcarsi in un cul de sac. “Io razzista? Figuriamoci!”. E non si viene a capo di nulla. Mi ha illuminato quello che ho sentito dire a un signore nero, elegantemente incravattato: “La questione non è il colore della pelle. La questione è la povertà”. Non tutta la questione, forse, ma una parte cospicua.
Uno magari è stato povero, sa bene cos’è. Ha lottato per tirarsene fuori. Oggi i suoi figli capiscono l’inglese, sanno stare a tavola, hanno amici nella buona società. Magnifico. Poi un bel giorno gli arriva al piano di sotto una famiglia da chissà dove. Lei col foulard, quattro o cinque bambini moccolosi, tutti quei calzini stesi, gli odori dalla cucina. Il ritorno del rimosso, una rampa di scale più sotto. La paura che scatena la rabbia. La rabbia che diventa violenza. Ci vuole una grande anima per resistere, molte risorse interiori. E snon tutti le hanno.
Non c’è niente di sbagliato nel non voler essere poveri. Ho in mente un’orribile professoressa, signora borghesissima che purgava i suoi sensi di colpa insegnando in una scuola con molti bambini stranieri e presentandosi in classe indecorosamente ed esibizionisticamente stracciata. Niente analisi logica, niente storia o geografia. Solo “sperimentazioni”, cretinate multietniche e un sacco di altre inutili idiozie che non facevano crescere gli ultimi e tiravano verso il basso i primi. Perché lei “amava” snobisticamente i poveri, che pertanto dovevano restare poveri, o il suo goal esistenziale sarebbe andato a gambe all’aria.
Ma i poveri non vogliono restare poveri. I poveri vogliono uscirsene di lì. E’ facile che sbaglino strada, pensando che basti una bella macchina presa a credito o una cintura griffata. Ma quel moto dell’animo è sacrosanto. Non c’è niente di buono nell’essere poveri. E la bellezza, quella vera, la cultura, possono tutto. Avrebbe fatto meglio, la scellerata prof, presentandosi con uno di quei  bei tailleur che sicuramente aveva in guardaroba.
Prima sapremo garantire agli italiani “stranieri” diritti, rispetto, decoro, integrazione, occasioni culturali, prima faremo fuori la loro –e la nostra- povertà. Più gli faremo guerra, e peggio sarà per tutti. E non venitemi a parlare di San Francesco. Quella è tutta un’altra storia.
(pibblicato su Io donna – Corriere della Sera il 25 ottobre 2008)