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azioni positive

Donne e Uomini, Femminismo, Politica, questione maschile, Senza categoria Agosto 6, 2015

Rai: il nuovo CdA è fuorilegge

Piaccia o non piaccia, che sia “figlia del Nazareno” o meno, la nomina di Monica Maggioni alla presidenza Rai è stata obbligatoria. Nel CdA c’è una sola donna contro 6 uomini, e ciò in aperta violazione di una legge dello Stato, la Golfo-Mosca, che parla di almeno un terzo delle nomine riservate a uno dei due sessi. Ovvero alle donne. In verità anche la nomina di una presidente non risolve il problema: il nuovo cda Rai resta fuorilegge, e se qualcuna avesse voglia di andare fino in fondo quasi certamente le sarebbe data ragione.

La stessa Lella Golfo, una delle due madri della legge, pur festeggiando Maggioni commenta come segue: “Dopo un CdA con una sola donna su sette membri, la nomina di Monica Maggioni è una bella boccata d’ossigeno. Ora auspichiamo che anche i due membri restanti del Consiglio di Amministrazione siano donne. Nel 2012 la Rai anticipò le previsioni della mia legge sulle quote di genere, un passo indietro adesso sarebbe grave e inspiegabile”.

Ma il fatto importante è questo: qualcuna oggi avrebbe voglia di andare fino in fondo? di ingaggiare una lotta per far rispettare la legge?

Molte e molti fanno l’elenco delle ministre, delle parlamentari, delle sindache, delle presidenti, delle ad, delle consigliere di amministrazione che abbiamo (finalmente) visto in opera negli ultimi mesi o anche anni. Il loro essere donna ha cambiato qualcosa? si sono viste significative differenze, nello stile e nelle agende? abbiamo percepito, nelle nostre vite, che le cose vanno meglio?

Francamente no: ne abbiamo parlato tanto. E va attentamente considerato il fatto che siamo davvero in poche a porci il problema del CdA Rai. Abbiamo visto troppe cooptate, troppe segnaposto, troppe amiche e parenti messe lì in-nome-di. In qualche raro caso anche in nome delle donne, e ne abbiamo perso subito le tracce.

L’obiettivo del 50/50 va perciò abbandonato? Credo di no, perché rapidamente e inerzialmente ritorneremmo al 90/10, se andasse bene (meglio allora un lampante 100/0, ma sono astuti, non ce lo daranno mai!). Credo che si debba essere consapevoli del fatto che le azioni positive sono uno strumento grossolano, un grimaldello, un rimedio d’emergenza. E che il lavoro da fare è ben altro. Ma un passo indietro non agevolerebbe. Togliere le castagne dal fuoco ai nostri campioni della questione maschile non avrebbe senso. Tornare a rivedere il for men only (o, in molte situazioni, continuare a subirlo) potrebbe solo indebolirci.

Propongo quindi una tenuta critica sull’obiettivo della pari rappresentanza senza smettere di domandarci come fare funzionare ciò che non funziona, e in particolare come riuscire a fare agire la differenza femminile là dove, significativamente, non è prevista.

 

italia, Politica, questione maschile Luglio 13, 2015

Lo “sgarro” di Emiliano alle donne di Puglia

Salvatore Negro, macho-assessore pugliese al Welfare. Le associazioni femminili chiedono che Emiliano gli revochi il mandato

Mi dicono che anche in Puglia si usa dire “sgarro”. Quindi uso questo termine per qualificare la scelta di Michele Emiliano, presidente di quella regione, che ha deciso di affidare l’assessorato al Welfare a un signore, tale Totò Negro, Popolari, molto noto per la sua strepitosa misoginia politica, vero campione della questione maschile che tiene paralizzato il nostro Paese. Il fatto è che l’assessorato al Welfare è quello che gestisce gli organismi di parità, il garante di genere e attua le politiche di conciliazione. Ora, si può anche discutere se tutto questo armamentario istituzionale sia effettivamente utile per migliorare la condizione delle donne pugliesi, ma non c’è alcun dubbio che l’eventuale speranza è vanificata dall’incarico al signor Negro.

Il quale, quando qualche tempo fa molte associazioni di donne raccolsero 30 mila firme in tre mesi perchè nella legge elettorale si introducessero meccanismi correttivi come la doppia preferenza di genere, le liste 50/50 e l’inammissibilità delle liste che derogassero a questi principi, fu tra i più attivi propugnatori del voto segreto (qui come andò) richiesto unicamente allo scopo di poter bocciare la proposta senza neanche metterci la faccia. E non pago di questo, disse: “Prima di pensare di risolvere il problema della partecipazione delle donne alla vita pubblica e alla politica imponendo per legge il 50 e 50 nessuno ha posto l’accento sulle condizioni reali.  Provo a immaginare una madre di famiglia, una donna della provincia di Lecce, del profondo Sud, di Leuca o di Foggia, che deve lasciare a casa i figli, oppure gli anziani che deve accudire, perché non siamo in grado di fornire servizi idonei… Dovete dimostrare di avere maturità per stare in questo Consiglio regionale“.

Le proposte di azioni positive ripasseranno successivamente in Consiglio in forma di emendamenti. Michele Emiliano, in qualità di segretario regionale del Pd, minaccerà i contrari di non-ricandidatura. Ma il voto segreto -un’altra volta- consentirà ai maschi cecchini una seconda bocciatura.

Con un’astuta operazione cosmetica, lo scorso 8 marzo Michele Emiliano annuncia che in tutte le circoscrizioni per le elezioni regionali ci sarà una donna capolista. Come ampiamente prevedibile l’operazione è fallimentare. Il centrosinistra non elegge una donna che sia una, passa una sola consigliera per il centrodestra e quattro per i 5 Stelle. Il solito immutato schifo, indegno di qualunque Paese civile. Non bastasse il disastro, ecco lo sgarro alle donne di Puglia: dopo aver nominato 2 assessore esterne e avere invano cercato di coinvolgere le 5Stelle, che opporranno uno sdegnoso rifiuto, Emiliano decide di assegnare il Welfare al suddetto Negro, che è come dire affidare la banca del sangue a un vampiro.

Le associazioni delle donne tornano a mobilitarsi, a raccogliere firme contro questa assurda decisione politicista, che rivela la sostanziale indifferenza di Emiliano alla questione. E lui assicura, solenne:

L’assessore Negro, come ogni altro assessore da me nominato, è tenuto a dare esecuzione al programma del centrosinistra nei minimi dettagli, rispettandone l’ispirazione sotto il diretto controllo dell’intera giunta e mio personale. Capisco l’ansia delle associazioni firmatarie del documento di vedere realizzati i loro obiettivi e la faccio mia. Dopo gli scempi del passato con riferimento alla parità di genere ed alla legge elettorale è chiaro che l’intera giunta, compreso l’assessore Negro, avverte la necessità di lasciarsi alle spalle quel passato che ha tradito le aspettative di tutti coloro che credono nel diritto a vivere avvalendosi di identiche opportunità di vita“.

Ma le donne di Puglia non ci cascano più, e raddoppiano la mobilitazione, chiedendo la revoca del mandato a Negro.

p.s. Inevitabile riflessione, dopo molte delusioni: ma non varrebbe la pena di mollarli e lasciarli soli, nelle loro giunte e nei loro consigli vergognosamente monosex, ad avere la faccia che hanno, non solo in segreto ma anche in pubblico?

Donne e Uomini, Femminismo, Politica, questione maschile Maggio 29, 2015

Quote “rosa”: ci siamo sbagliate. Serve altro per cambiare la politica. Il sasso lanciato da Flavia Perina

(vignetta di Gianfalco)

 

Ha picchiato duro la mia amica Flavia Perina, giornalista (ha diretto “Il Secolo d’Italia” e condiretto AdnKronos) ed ex-deputata.

Con un aspro fondo su Il Fatto Quotidiano (Scusate, sulle quote rosa ci siamo sbagliati), si è definitivamente congedata dalla politica delle quote, all’apparenza molto successful: mai tante donne nel governo nazionale e nelle giunte locali, un 40 per cento medio di candidature femminili nelle liste per  le imminenti amministrative. Insieme a tante altre, me compresa -ci ho scritto pure un libro- Flavia ha creduto in quest’azione positiva, ha lottato per quella “massa critica” di donne che avrebbe dovuto finalmente cambiare la politica.

Nel suo fondo ride amaro su quella candidata “che ai gazebo regala pacchi di pasta da mezzo chilo con la sua fotografia sopra“. Su Adelina Putin (Fratelli d’Italia, Veneto) “che fa i volantini con su scritto: finalmente puoi votare Putin“. Sull’ex-centrodestra oggi candidata in Puglia con Michele Emiliano che “strizza l’occhio agli elettori da un manifesto che dice: Alla Regione provaci con una donna“. E sulla veneta che “va oltre con un temerario: In Regione, donne senza gonne“. C’è anche la candidata-nazione: “la mitica salumiera Adelina Cerrone, candidata al Comune di Eboli insieme con un sindaco di destra ma anche alla Regione Campania in una lista che sostiene la sinistra (e assolutamente convinta che sia normale)“.

E conclude: viene spontaneo fare il mea culpa per aver sostenuto le quote rosa con infiniti bla bla bla sulle pari opportunità e la promozione delle donne in politica come fattore di rinnovamento. Perché se lo standard è questo -pacchi di pasta e sissignore al leader- le signore sembrano in grado di competere perfettamente alla pari con i signori, senza bisogno di aiutini speciali, e pure con la marcia in più del potersi sfilare la gonna: una cosa che da noi funziona sempre“.

La questione si propone anche ai piani alti” dice Perina. “In Veneto e in Liguria, per esempio: ci sono due candidate presidenti che se la giocano al top. E poi nel suo videospot “dobbiamo guidare il Veneto” Ale Moretti si accomoda diligentemente in auto dalla parte del passeggero, e la guida la lascia a Matteo Renzi. Chi sta guidando, allora? Una cosa inimmaginabile nel caso di Ada Colau, la nuova sindaca di Barcellona, e per quella di Madrid. O per Merkel, per la leader scozzese Nicola Sturgeon, per Marine Le Pen… Ho lottato molto per le quote: i risultati sono questi? Dov’è la discontinuità con le prassi correnti?”

Ma anche nei Paesi che tu menzioni sono state applicate azioni positive: forse Colau non ci sarebbe senza la forzatura del 50/50 di Zapatero. Quasi ovunque è stato necessario passare dalle quote. Certo, con risultati meno deprimenti.

L’Italia negli ultimi vent’anni ha fatto tali passi indietro che perfino uno strumento a favore delle donne diventa un boomerang, si traduce in “provaci con una donna”. Una specie di eterogenesi dei fini. E poi è chiaro che finché le donne le sceglieranno gli uomini le cose andranno così. Non candidano certo Sturgeon, non vogliono tra i piedi donne assertive, indipendenti e che possano fare loro ombra“.

Rompicoglioni.

“Esatto. Rompicoglioni che cambino il linguaggio, i codici, le agende della politica”.

Sono d’accordo con te: è arrivato il momento di tirare qualche somma. Ma più che sulle idiozie da campagna elettorale terrei lo sguardo su un fatto (ne ho scritto qui e pure qui): la situazione delle donne italiane è molto difficile su tutti i fronti, dall’occupazione ail welfare ai diritti, proprio nel momento del governo più femminile di sempre.

“Il punto è che nelle istituzioni sono entrate quasi esclusivamente donne che non hanno mai creduto nelle battaglie del femminismo: il rettore della Sapienza che entra a far parte della giuria di Miss Università, una cosa assurda. Ma non ho visto commenti di deputate o ministre. Solo tre o cinque anni fa sarebbe saltato il banco. E’ anche il portato del rinnovamento generazionale: cosa buona e giusta, ma al principio estetico -per le donne il tema bella presenza è inaggirabile e onnipervasivo- ha tagliato fuori un’intera generazione di donne magari meno appealing per ragioni di età, ma preparate e assertive. Che per esempio sul tema dell’occupazione femminile avrebbero voluto e saputo combattere”.

Quindi? Che fare?

Si deve ammettere che questo modello non va. Fare autocritica. Negli Stati Uniti vedremo probabilmente due donne sfidarsi in campo democratico, e forse alle presidenziali. Qui siamo a questo punto”.

Non diresti piuttosto: abbiamo visto che le quote non bastano? Di qui dobbiamo partire per andare oltre? Dobbiamo lavorarci sopra? Perché poi la politica maschile non vede l’ora di sbarazzarsi anche di questo minimo vitale… Ci sono ancora giunte monosex, in giro.

“Non so. Quello che è certo, le quote non sono state un fattore di rinnovamento della politica e di progresso per la cittadinanza femminile”.

Poi c’è da capire come può fare una ad entrare in politica se non per cooptazione, parentela o supplenza di mariti, padri o fratelli incandidabili.

“In Italia mancano modelli riproducibili. L’autocandidatura è possibile solo se sei già forte sul tuo territorio, se hai già alle spalle un consenso coltivato per decenni. La bassa qualità delle elette dipende anche dal fatto che le donne di valore, consapevoli dei meccanismi di selezione, non perdono tempo con la politica e preferiscono investire il loro patrimonio di talento in altro”.

Forse il modello potrebbe essere questo: una donna che si fa avanti da sé con le sue ambizioni di governo e in forza della sua differenza femminile, con il sostegno di un’ampia rete di donne.

Ci vorrebbe una donna forte e assertiva, che vuole governare, capace di attivare sentimenti profondi nelle altre, di contrastare scetticismi e sfiducia e di aprire la strada. Davvero credo sia l’unica possibilità. In ogni caso resto convinta che si debba uscire dal modello normalizzante delle quote, in cui il tuo essere donna diventa funzionale al potere maschile. Le quote sono state solo la normalizzazione di un problema aperto. Che resta aperto, perché non si è risolto niente”.

Donne e Uomini, Politica Ottobre 14, 2012

Carissimi machi, semmai noi donne non vi voteremo…

Dunque, dopo aver stabilito delle regole per la partecipazione alle primarie, la coalizione di centrosinistra ne stabilisce in corsa delle altre, allo scopo evidente di liberarsi del fastidio dei candidati meno forti, e di giocarsi la partita a tre (maschi: serve specificarlo?).

L’assemblea del Pd aveva votato che le firme per i candidati Pd potevano essere raccolte solo tra i delegati o gli iscritti Pd. Ora si è invece deciso che si devono raccogliere 20mila firme di semplici elettori che si dichiarino di centrosinistra, da consegnarsi entro il 25 ottobre. Morale della favola: dopo aver lottato con le unghie e con i denti per ottenere entro domani 95 firme di delegati, ora si ricomincia da zero, per raccogliere 20 mila firme di elettori. Qualcuno dei candidati, a quanto pare, ha già cominciato da tempo a lavorarci. Ma c’è di più. Di queste 20 mila firme, non più di 2000 possono provenire da una stessa regione. L’impresa, quindi, è supertitanica.

Si faceva prima a metterla così: si possono candidare solo i segretari di partito, con l’eccezione di quel gran rompic…ni di Renzi. 

C’è però un fatto: nello statuto fondativo del Partito Democratico ci si fa carico della questione del maschilismo della politica, dichiarando esplicitamente l’intento di porvi rimedio. Riporto qui tre passaggi:

“Il Pd riconosce pari dignità a tutte le condizioni personali, quali il genere, l’età, le convinzioni religiose, le disabilità, l’orientamento sessuale, l’origine etnica…

 … Ai fini dell’elezione, le candidature a Segretario nazionale vengono presentate in collegamento con liste di candidati a componente dell’Assemblea nazionale. Nella composizione di tali liste devono essere rispettate la pari rappresentanza e l’alternanza di genere…

… Per la selezione democratica dei candidati per le assemblee elettive, si attiene ai seguenti principi: a) l’uguaglianza di tutti gli iscritti e di tutti gli elettori; b) la democrazia paritaria tra donne e uomini; c) il pluralismo politico nelle modalità riconosciute”.

Questa stessa sollecitudine non vale evidentemente per le primarie. Gli ostacoli che si frappongono a una libera candidatura femminile non vengono considerati come un problema della nostra democrazia, semmai come problemi di quella pazza che osa candidarsi. E anziché intraprendere eventuali azioni positive, se ne intraprendono addirittura di negative, frapponendo ostacoli aggiuntivi.

Quindi anche stavolta potrebbe andare come al solito: potrebbe cioè accadere che i candidati alle primarie del centrosinistra siano  tutti e solo uomini. La logica sottesa, ma neanche tanto, è che per governare il Paese si deve essere dotati di apparato genitale maschile. Le donne governano interamente la vita quotidiana, ma quando si tratta della politica devono levarsi di torno.

Non so che cosa deciderà Laura Puppato: se dopo essersi ritrovata scaraventata al punto zero deciderà di affrontare nuovamente la salita, o scenderà dalla bicicletta, o pedalerà da qualche altra parte. So solo, da elettrice di quello schieramento, che non potrei più credere nel fatto che il centrosinistra adotti e rappresenti uno sguardo femminile, mostrandosi orbo fin dalle primarie. E non potendoci credere, e non avendo alcuna garanzia, mi guarderei bene dal votarlo, e inviterei il maggior numero possibile di mie simili, umiliate per l’ennesima volta dal machismo politico -ma anche il maggior numero di uomini di buona volontà, che del “doppio sguardo” sentono la necessità-  a fare altrettanto.

Se le primarie -e pure le secondarie- sono un fatto “tra uomini”, in stile saudita, che facciano pure tutto quanto tra loro.