Browsing Tag

andrea vitullo

italia, leadershit, Politica Marzo 18, 2014

Uomini soli al comando

Il Grande Capo è da rottamare: molte moderne teorie dell’organizzazione convengono su questo.

Il leader non è mai la soluzione dei problemi organizzativi. Semmai è il problema delle organizzazioni: ingombro e ingorgo alla fluidità dei processi, la cui efficacia invece chiede rete, network orizzontali, intelligenza che corre elettricamente da un ganglio all’altro come tra i neuroni di un’unico organismo.

Vi sarà capitato di imbattervi in questi discorsi -girano da qualche anno- che oggi però appaiono smentiti dai fatti. Quanto meno dai fatti della politica, che non smette di produrre protagonisti assoluti, leader incontrastati, uomini soli al comando. Berlusconi, Grillo, Renzi: il più delle rispettive “ditte” sono loro. Leader che non si privano del collettivo -i club, il web, le varie assise-, né rinunciano alla consultazione e alla postura dell’ascolto. Ma poi a sintesi ci vanno da soli, o accompagnati da pochissimi “intimi” selezionati con criteri extra-democratici o “magici”.

Ne parlo con Andrea Vitullo, consulente filosofico, docente ed executive coach. E autore di “Leadershit” : titolo sufficientemente chiaro.

“E’ come se ci fossero due modalità contrapposte” mi dice. “Mondi organizzativi evoluti, come quello dell’high-tech, dove l’eccesso di leaderhip è letto immediatamente come sintomo di cattiva salute e di scarse prospettive per un’azienda. E poi ci sono mondi come quello dell’organizzazione politica, dove si continua a fare riferimento ai vecchi parametri meramente quantitativi (il Pil, il 3 per cento e così via) che chiamano necessariamente la figura del salvatore-decisore. Nel suo ultimo saggio Thrive” (=prosperare, trarre profitto) Arianna Huffington, che è stata una donna di straordinario successo, delinea nuovi parametri per definire la realizzazione personale: successo non più come carriera, potere e soldi, ma come autentico benessere interiore, capacità di appassionarsi e di stupirsi, abbondanza di relazioni, propensione a dare. La nuova abbondanza è questo. Paradossalmente proprio questi cambiamenti profondi inducono una parte del mondo a tenere difensivamente duro sui vecchi paradigmi”.

Insomma, da che parte andiamo?

Aggiornamento 20 marzo ore 11: vedo che Nadia Urbinati ha scritto un libro proprio su questo tema: “Democrazia sfigurata. Il popolo tra opinione e verità” (Egea, € 29).

 

leadershit, Politica Settembre 19, 2012

Nani da Primarie

 

Il collega del “Giornale di Vicenza” chiede a Laura Puppato, sparigliatrice delle primarie del centrosinistra, se non si senta “un nano da giardino al confronto con Bersani e Renzi… Nel frattempo alla corsa si è aggiunto anche Pippo Civati e ha dato la disponibilità Stefano Boeri“.

“Sono sempre stata un’adoratrice dei nani da giardino” risponde Puppato. “Fanno squadra e salvano il reame e Biancaneve dalla regina cattiva…  È il momento del lavoro e della serietà nell’impegno politico. La gente non ne può più, basta sirene”.

Anche a me piacciono i nanetti, se posso dire. Anche perché è tutto da dimostrare che gli altri siano giganti, e che questo pseudo-gigantismo paghi.

Queste primarie, di fatto, stanno diventando un pre-congresso del Pd, e ha ragione Nichi Vendola a chiedersi “che cosa c faccio qui?”. Tabacci, invece, appare molto sicuro di sé e del suo probabilissimo e fondamentale 0.5, 1 o 2 per cento: perfino Valdo Spini farà meglio. Non si capisce ancora nulla: se saranno primarie aperte o no, se saranno a doppio turno o no, chi sarà titolato al voto, e così via. Il buio è ancora pesto. La sola cosa visibile è il solito centrosinistra sbrindellato in correnti, fazioni e componenti. E un Pd già al congresso, con l’idea che se non ti candidi scompari.

Un po’ di ordine andrà certamente fatto: se non si riesce -o non si vuole- a fare la legge elettorale, almeno una leggina sulle primarie si dovrebbe portare a casa. Magari tenendo bene a fuoco l’oggetto, che poi sarebbe la candidatura alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ovvero la guida del Paese.

Ma mi piace quello che dice Puppato sulla squadra. E come lei, non sarei così sicura che la visibilità mediatica stavolta sia il viatico decisivo: i successi del Movimento 5 Stelle, televisivamente invisibile, sono lì a dimostrarlo. Conteranno molto di più il legame reale con i territori, il tam-tam fra persone, amplificato dalla rete, la forza delle buone e concrete idee per il Paese. E’ quella che James Surowiecki ha definito “la saggezza della folla”, ovvero di tutti noi». (“The Wisdom of Crowds: Why the Many Are Smarter Than the Few and How Collective Wisdom Shapes Business”).

L’idea del leader salvifico solo al comando è in crisi da tempo, nelle aziende come in politica. Il mio amico Andrea Vitullo parla di “leadershit”: è proprio l’idea di leader -non solo i leader in corso-che va rottamata. Il rapporto Censis 2010 aveva avvisato per tempo: l’idea del leader salvifico in cima alla piramide è entrata in crisi soprattutto fra i giovani e le donne, perché rimanda a una figura dominante maschile e paterna.

Squadra, buone idee, concretezza, rete, e un forte desiderio: così si può fare molto. Anche da alacri nanetti.

Si tratta di saper dare forma a questa innovazione.

Donne e Uomini, economics, esperienze, Politica, TEMPI MODERNI Luglio 3, 2011

Grande Capo Inutile

Una delle chiavi della svolta civica di Milano è stata proprio la mancanza di un leader conclamato. Se ci fosse stato, forse le cose sarebbero andate diversamente. La “sottoesposizione” di Giuliano Pisapia, catalizzatore più che capo -molti a sinistra erano preoccupati per il suo understatement mediatico-, si è invece rivelata la scelta giusta in contrapposizione al leaderismo invadente e a tuttatv del centrodestra.

In quello spazio lasciato vuoto si è rafforzato il tessuto connettivo del nuovo civismo -reti, comitati, connessioni, fai-da-te politico- che poche settimane dopo si è esercitato anche nella vittoria referendaria. I più giovani, natural born networker, hanno portato in dote tutta la loro agilità in rete e la loro viva idiosincrasia per l’individuo isolato e obsoleto.

L’aveva detto Giuseppe De Rita nell’ultimo rapporto Censis: l’idea del leader salvifico è entrata in crisi soprattutto fra i giovani e le donne. I quali, non casualmente, sono stati i veri protagonisti della svolta.

Un recente saggio di Andrea Vitullo, ex manager oggi executive coach e “philoeconomista” (“Leadershit-Rottamare la mistica della leadership e farci spazio nel mondo”, Ponte alle Grazie) sintetizza in un neo-brand inequivoco il destino della vecchia idea del capo in questo nuovo mondo scaravoltato dal web e dai social network, in cui visione e condivisione soppiantano il dirigismo narcisistico.

Al posto del leader unico e maximo in cima alla vecchia piramide gerarchica, di quell’Uno –quasi sempre anziano e maschio- che trattiene e cumula per sé ostacolando il flusso di energie, risorse e informazioni, di quell’irrazionale imbuto in cui vanno a ingorgarsi intelligenze e progettualità, Vitullo indica il modello femminile della rete che pulsa, co-crea, redistribuisce e fa fluire, velocizzando i processi e moltiplicando le opportunità. Leader e gerarchie, insomma, non servono più a far funzionare le organizzazioni. Semmai sono il problema delle organizzazioni.

E il pan-economicismo è la ciliegina sulla torta. “Ho studiato economia e me ne pento”, è il titolo di un libro di Florence Noiville, giornalista di “Le Monde”, che spiega: “Possibile che una formazione di altissimo livello arrivi a impedirci di essere padroni del nostro destino?”.

Maestre delle nuove pratiche sono proprio le donne. E a cinque di loro Vitullo si affida per l’appendice “laboratori leadershit” del suo stimolante saggio.

 

AMARE GLI ALTRI, Corpo-anima, Donne e Uomini, economics, lavoro, Politica Maggio 1, 2011

LEADERSHIT!

Scrive Henry Mintzberg sul “Financial Times”: ogni volta che usiamo la parola leadership dobbiamo tenere bene in mente che isoliamo un uomo per far sì che che tutti coloro che stanno intorno a lui diventino follower. Ma è proprio questo il mondo che vogliamo? Un esercito di seguaci?

Be’, le possibilità sono due: credere a chi, come la psicoanalisi lacaniana, ritiene che l’eclissi della funzione paterna ci sospingerà irresistibilmente verso il Bastone del dittatore e la definitiva passivizzazione -qui in Italia una certa esperienza l’abbiamo-; o al contrario confidare nella mutazione indotta dal web e dalle nuove tecnologie di comunicazione, diventare finalmente protagonisti delle nostre vite, farci spazio nel mondo, neuroni di un cervello planetario globale.

Andrea Vitullo, consulente filosofico, executive coach, docente a Venezia e a Torino, yogi e altro ancora, è convinto che la mistica della leadership sia da rottamare, determinazione espressa nel secco neologismo “Leadershit” con cui titola il suo nuovo saggio (Ponte alle Grazie).

Il leader non è l’eroe che crediamo, ma semplicemente un narciso patologico avvinghiato al proprio potere e bramoso di folle plaudenti: senza follower non è nessuno, come in ogni dialettica servo-padrone che si rispetti. Ed è dimostrato che non garantisce affatto l’efficacia dell’organizzazione di cui è alla guida. Insomma, il leader non è la soluzione, come molti credono (anche in politica): semmai è il problema. Specie da quando il paradigma –o paradogma- economico si è divorato tutto e il profitto è diventato la misura unica.

Senza leader si può? A che serve la vecchia piramide gerarchica, se oggi le cose che contano davvero viaggiano in velocità lungo i gangli di un network neurale e orizzontale? E se i soldi sono l’unico goal, che cosa ne è della vita? Domande epocali indotte dall’indebolirsi della visione maschile –fine del patriarcato- e dall’affermarsi di pratiche femminili, nei riguardi delle quali l’idea di leadershit riconosce un debito. Ed è proprio a 5 donne (Letizia Cella, Annarosa Buttarelli, Antonietta Potente, Lorella Zanardo, e pure me) che in conclusione del saggio sono affidati altrettanti “laboratori leadershit”.

Al posto dei leader “che usano il potere solo per maltrattare persone e mondo”, dice tra l’altro la filosofa Buttarelli, oggi servono “guide che vanno individuate, valorizzate e sostenute sulla base del loro agire disinteressato”.