Il collega del “Giornale di Vicenza” chiede a Laura Puppato, sparigliatrice delle primarie del centrosinistra, se non si senta “un nano da giardino al confronto con Bersani e Renzi… Nel frattempo alla corsa si è aggiunto anche Pippo Civati e ha dato la disponibilità Stefano Boeri“.

“Sono sempre stata un’adoratrice dei nani da giardino” risponde Puppato. “Fanno squadra e salvano il reame e Biancaneve dalla regina cattiva…  È il momento del lavoro e della serietà nell’impegno politico. La gente non ne può più, basta sirene”.

Anche a me piacciono i nanetti, se posso dire. Anche perché è tutto da dimostrare che gli altri siano giganti, e che questo pseudo-gigantismo paghi.

Queste primarie, di fatto, stanno diventando un pre-congresso del Pd, e ha ragione Nichi Vendola a chiedersi “che cosa c faccio qui?”. Tabacci, invece, appare molto sicuro di sé e del suo probabilissimo e fondamentale 0.5, 1 o 2 per cento: perfino Valdo Spini farà meglio. Non si capisce ancora nulla: se saranno primarie aperte o no, se saranno a doppio turno o no, chi sarà titolato al voto, e così via. Il buio è ancora pesto. La sola cosa visibile è il solito centrosinistra sbrindellato in correnti, fazioni e componenti. E un Pd già al congresso, con l’idea che se non ti candidi scompari.

Un po’ di ordine andrà certamente fatto: se non si riesce -o non si vuole- a fare la legge elettorale, almeno una leggina sulle primarie si dovrebbe portare a casa. Magari tenendo bene a fuoco l’oggetto, che poi sarebbe la candidatura alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ovvero la guida del Paese.

Ma mi piace quello che dice Puppato sulla squadra. E come lei, non sarei così sicura che la visibilità mediatica stavolta sia il viatico decisivo: i successi del Movimento 5 Stelle, televisivamente invisibile, sono lì a dimostrarlo. Conteranno molto di più il legame reale con i territori, il tam-tam fra persone, amplificato dalla rete, la forza delle buone e concrete idee per il Paese. E’ quella che James Surowiecki ha definito “la saggezza della folla”, ovvero di tutti noi». (“The Wisdom of Crowds: Why the Many Are Smarter Than the Few and How Collective Wisdom Shapes Business”).

L’idea del leader salvifico solo al comando è in crisi da tempo, nelle aziende come in politica. Il mio amico Andrea Vitullo parla di “leadershit”: è proprio l’idea di leader -non solo i leader in corso-che va rottamata. Il rapporto Censis 2010 aveva avvisato per tempo: l’idea del leader salvifico in cima alla piramide è entrata in crisi soprattutto fra i giovani e le donne, perché rimanda a una figura dominante maschile e paterna.

Squadra, buone idee, concretezza, rete, e un forte desiderio: così si può fare molto. Anche da alacri nanetti.

Si tratta di saper dare forma a questa innovazione.

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