Grande parte del femminismo italiano esprime preoccupazione sull’idea di diritti civili rappresentata dal neo-nominato responsabile Pd Sergio Lo Giudice (utero in affitto, prostituzione, assistenza sessuale ai disabili, ormoni ai bambini). E’ questo il solco in cui si muove il partito, in opposizione a tutte le altre sinistre europee? Una politica neoliberale, misogina, distopica? E perché tacciono, le donne Pd?
Più ancora che l’arresto (semplice routine: Lombardia ladrona) per concussione e turbativa d’asta del leghista Fabio Rizzi, braccio destro nel settore Sanità del governatore lombardo Roberto Maroni, mi offende e mi umilia la vicenda del bonus bebè che esclude i figli adottivi.
Maroni spiega goffamente che la misura sarebbe a sostegno della natalità, e non rientra nelle misure di aiuto alle famiglie (quali?). E’ evidente che Maroni non ha approfondito la questione della denatalità, per affrontare la quale il bonus bebè serve poco o niente.
Propagandisticamente però la misura è molto efficace. A corroborare una cultura per la quale ci sono i figli di serie A e quelli di serie B (specie se gli adottati non sono bianchi caucasici), a ribadire lo ius sanguinis, meglio se sang lumbard, a completare il capolavoro del nostro bel grattacielo progettato da Giò Ponti illuminato a sostegno del Family Day. Soprattutto a disincentivare ulteriormente le adozioni, che sono già drasticamente diminuite a causa dei costi e della complessità delle procedure. Ed eventualmente a vantaggio del business della fecondazione assistita: in Lombardia l’eterologa costa fino a 4 mila euro (qualche mese fa il Tar ha giudicato la misura illegittima, ora si attende il pronunciamento del Consiglio di Stato).
Quella del bonus bebè riservato solo ai nuovi nati è una misura più culturale che economica. E spalanca la forbice tra una regione avanzata, allineata o perfino superiore nei suoi standard alle medie europee, e la sua classe dirigente retriva e ideologica. Ladri a parte.
Da lombarda mi vergogno e chiedo scusa alle generose famiglie che accolgono un bambino.
Pensavo ieri: un candidato a qualunque cosa, alle primarie, alle elezioni, può dire di tutto, può parlare di art. 18, di Imu, di patrimoniale, può sciorinare un programma in 10, 100, 1000 punti, ma fagli dire una sola parola su uno di quei temi detti “eticamente sensibili”e tutto il resto scompare.
Penso all’assemblea nazionale del Pd a luglio, finita tra gli stracci che volavano sul tema delle unioni gay. Alla giunta Pisapia a Milano, travagliata dal dibattito sulle coppie di fatto e scossa alle fondamenta dalle recenti dichiarazioni del sindaco, favorevole alle adozioni gay -benché questa non sia materia su cui un comune può autonomamente legiferare-.
Penso alla disinformatja su Laura Puppato, candidata alle primarie del centrosinistra, accusata di essere amica del Movimento per la Vita quando lei invece difende strenuamente la legge 194 e parla di ripristino dei consultori.
Penso a un altro candidato alle primarie, Matteo Renzi, che sul guscio dell’iPhone porta scritto “Obama”, faro dei suoi one-man-show in giro per l’Italia, ma poi vuole fare i cimiteri dei feti in stile Romney. E non dei bambini nati morti, ma “di prodotti abortivi e di prodotti del concepimento“, con tanto di mini-lapidi e altri corredi. Scivolone che, se ben utilizzato dai suoi competitor, potrebbe costargli perfino più caro dell’endorsement di mezzo centrodestra, ultimo Dell’Utri, che lo ha addirittura definito un “gigante” (ma pare che da qualche giorno la norma sui cimiterini sia scomparsa dall’odg del comune di Firenze).
Potrei continuare a lungo. Mi domando come mai capita questo, e se è giusto che per la sorte di un candidato, e anche di una formazione politica, le questioni etiche e biopolitiche siano dirimenti.