Monica Maggioni, direttora di RaiNews24, comunica la decisione di non trasmettere più i filmati di Isis.
L’intento è non essere più veicolo di propaganda, diffondendo prodotti di grande efficacia comunicativa realizzati con una duplice finalità: spaventare l’Occidente e arruolare foreign fighters con la suggestiva proposta di una terra promessa in cui saranno finalmente qualcuno. Prendete l’ultimo orrendo video, l’esecuzione dei 21 cristiani copti su una spiaggia libica: c’è molta discussione sul fatto che possa essere un fake. Quasi certamente non lo è, ma i suggestivi elementi di fiction sono molti ed evidenti: i boia in nero alti una spanna in più dei prigionieri a suggerire un superomismo invincibile (ci sarà stato un casting per selezionare i “corazzieri”); quella risacca di sangue nel nostro mare. Una notevole abilità “pittorica”: la scelta dei colori, le inquadrature, il montaggio. Una consapevolezza dei meccanismi base della comunicazione pubblicitaria, che fa pensare che oltre ai foreign fighters siano stati arruolati foreign copy.
Filmati realizzati perché vengano diffusi urbi et orbi: trasmettendoli si asseconda il progetto dei nazislamisti. E comunque quei filmati fanno audience, può esservi quindi un interesse commerciale di una testata a mandarli in onda.
Ma ci sono anche ragioni contrarie alla scelta di non trasmettere i video.
La prima ragione è che quando diventi giornalista sai che il fondamento del tuo lavoro e della tua etica è rendere nota ogni notizia che ti capiti di intercettare: tenerla per te è una specie di abuso ai danni dell’opinione pubblica (altra cosa, ovviamente, è decidere di oscurare i frame più cruenti). La seconda ragione è che, ai fini della non-propaganda, il blocco da parte della tua testata sarà solo una volonterosa goccia nel mare: via tv o online, i filmati troveranno mille altri mezzi di diffusione. Non sarebbe più utile, anziché censurare, una lettura critica di quei video, capace di smontarli nel loro impianto comunicativo?
Terza ragione è che la trasmissione di quei video horror ha avuto quanto meno il merito di elevare la consapevolezza: un anno fa pochi sapevano di Isis, oggi siamo tutti informati. Quarta: la non-trasmissione dei filmati può assecondare l’umanissima e autodifensiva volontà -molto diffusa- di non saperne niente. Occhio non vede, cuore non duole. Ci si comporta così, di solito, quando ci si trova di fronte a un problema al quale non si sa dare soluzione: è la politica dello struzzo. Ma essere consapevoli del fatto che il problema esiste, che è enorme, e che è di difficilissima soluzione è senz’altro una strategia migliore. Non aver voluto, non aver saputo vedere ci ha portati fin qui.
Leggo in questo senso le dichiarazioni di Romano Prodi intervistato dal Fatto Quotidiano sulla Libia:
“Una catastrofe per colpa nostra, dell’Occidente… Non era difficile prevedere che si sarebbe arrivati a questo punto, davvero non lo era neppure nel 2011… Cosa bisogna fare non lo so. Oggi non lo so più, mi creda. So bene quanto si sarebbe dovuto fare dopo la caduta di Gheddafi. Bisognava mettere tutti attorno a un tavolo, invece ognuno ha pensato di poter giocare il proprio ruolo… La situazione è davvero di una gravità eccezionale, non possiamo fare finta che le nostre azioni non abbiano inciso nel produrre tutto questo… La Libia è dietro l’angolo“.
p.s: Personalmente sono per la trasmissione -tolte le immagini cruente- accompagnate da uno “smontaggio” critico del prodotto.