Più ancora che l’arresto (semplice routine: Lombardia ladrona) per concussione e turbativa d’asta del leghista Fabio Rizzi, braccio destro nel settore Sanità del governatore lombardo Roberto Maroni, mi offende e mi umilia la vicenda del bonus bebè che esclude i figli adottivi.

Maroni spiega goffamente che la misura sarebbe a sostegno della natalità, e non rientra nelle misure di aiuto alle famiglie (quali?). E’ evidente che Maroni non ha approfondito la questione della denatalità, per affrontare la quale il bonus bebè serve poco o niente.

Propagandisticamente però la misura è molto efficace. A corroborare una cultura per la quale ci sono i figli di serie A e quelli di serie B (specie se gli adottati non sono bianchi caucasici), a ribadire lo ius sanguinis, meglio se sang lumbard, a completare il capolavoro del nostro bel grattacielo progettato da Giò Ponti illuminato a sostegno del Family Day. Soprattutto a disincentivare ulteriormente le adozioni, che sono già drasticamente diminuite a causa dei costi e della complessità delle procedure. Ed eventualmente a vantaggio del business della fecondazione assistita: in Lombardia l’eterologa costa fino a 4 mila euro (qualche mese fa il Tar ha giudicato la misura illegittima, ora si attende il pronunciamento del Consiglio di Stato).

Quella del bonus bebè riservato solo ai nuovi nati è una misura più culturale che economica. E spalanca la forbice tra una regione avanzata, allineata o perfino superiore nei suoi standard alle medie europee, e la sua classe dirigente retriva e ideologica. Ladri a parte.

Da lombarda mi vergogno e chiedo scusa alle generose famiglie che accolgono un bambino.    

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