La notizia delle dimissioni del Papa –dimissioni del Papa è il più straordinario degli ossimori!– in questa gelida giornata di fine inverno ha un carico simbolico straordinario.

Il massimo grado del potere maschile su questa terra –appena un gradino sotto Dio, segnaposto di Dio, colui che per definizione  ce la fa sempre- che invece dice “non ce la faccio”. Apripista e fondatore di una inaudita categoria, quella degli ex-pontefici (tolto Celestino V che nel 1294 lasciò il soglio sempre più turbato dagli inganni di una curia corrotta). Non è finito il mondo, come si profetizzava, ma certamente sta finendo un mondo, quello patriarcale, che in questo solenne “non ce la faccio” (“… le mie forze e l’età avanzata non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino… benché consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà dichiaro di rinunciare…”) trova a rappresentarlo le parole più alte. Il predecessore Giovanni Paolo II aveva deciso di farcela, fino allo stremo delle sue forze. Benedetto XVI invece non ce la fa. Tanti uomini oggi non ce la fanno.

Che le ragioni del passo indietro siano di salute, o–come molti ipotizzano- si tratti dell’insopportabilità delle pressioni interne, o della prossimità di un grande scandalo che starebbe per investire la Chiesa di Roma, questo “non ce la faccio” ha il suono inaudito di una resa definitiva.

Più che la profezia dei Maya si realizza, con una timida variazione, quella di Nanni Moretti con il suo “Habemus Papam”: se Benedetto XVI lascia prima della fine del suo mandato, papa Melville rinuncia a priori. Il baco della paura arriva a minacciare perfino la sommità del monumentale ordine simbolico maschile. La parata virile, qui al suo massimo sfarzo, non tiene più. «Venti o trent’anni fa non mi sarebbe venuto in mente un film del genere» ha ammesso Nanni Moretti. Nel film il portavoce vaticano, parlando della fuga del papa, usa le stesse parole: «Nessuno ha mai immaginato che potesse capitare una cosa del genere». Bene, sta capitando.

Lo spettacolo del patriarcato che non ce la fa è ben visibile anche in quella finanza tossica, in quel gioco d’azzardo con cui gli uomini ex-patriarcali, alla cui volontà di dominio le donne oppongono la loro soggettività, cercano consolazione, compensazione e conferma della loro illusoria onnipotenza.

(Etty Hillesum ce l’ha fatta a portare la croce fino in fondo. Ad Auschwitz, Perché Dio, come disse, ha bisogno di noi).

 

 

 

 

 

  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •