L’altra sera vengo intervistata da una radio romana, e il conduttore fa riferimento alla rivoluzione maghrebina, a quello che succede nel Nordeuropa… “Guardate Milano!“, gli dico. Non riusciamo mai a vedere quello che abbiamo sotto il naso.

Qui si sta facendo la politica nuova. Qui, con enorme fatica, nella penuria ma anche con fiducia, stiamo davvero spingendo tutti insieme. La città resta stra-mobilitata, le occasioni di “partecipazione” -parola che non mi è mai piaciuta molto- si moltiplicano. Ieri sera, a una riunione dell’Agorà del lavoro c’era anche la giovane assessora Cristina Tajani, che aveva offerto la sede per l’iniziativa: “Non siamo noi che diamo a voi” ha precisato. “Sono le istituzioni che chiedono a voi spunti e suggestioni per nuove pratiche politiche”.

E’ questo il segno più grande di cambiamento. Questo sporgersi di chi sta dentro verso “fuori”, verso la città, ad ascoltare, a chiedere, a riconoscerne il primato. Questo mostrarsi bisognosi: gli assessori, il sindaco, e perfino il nuovo arcivescovo Scola (“Sosteniamoci, vi scongiuro“: così ha concluso l’omelia del suo solenne insediamento) che chiedono aiuto, che si mettono in posizione di secondi, di amministratori di una politica prima a cui finalmente si dà il nome di politica, e che fino a pochi mesi fa veniva liquidata come “volontariato” e tenuta ai margini. Quella è invece la politica di cui oggi i rappresentanti eletti si pongono al servizio. E’ un cambio di sguardo radicale. E’ il doppio sguardo, anche qui.

Tra i cittadini il desiderio di fare è talmente grande da non trovare canali sufficienti, e bisognerà inventarseli. Guardate Milano! E’ un laboratorio politico in atto, merita tutta l’attenzione. Perché quello che si sta facendo qui presto si farà nel Paese.

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