Sulla possibilità di essere assolte dal peccato di aborto in occasione del Giubileo, Lea Melandri ha ragione di notare: “Completamente rimosso il fatto che sono gli uomini a mettere incinta le donne, a procurare gravidanze indesiderate, gravidanze frutto di violenza. Ma si sa: il potere maschile sulle donne non porta colpe, legittimato dalla legge del più forte e da privilegi e diritti millenari“.
In poche parole, gli uomini godrebbero di assoluzione permanente, una sorta di tacita licenza a lavarsene le mani. Papa Francesco farebbe bene a tenere conto dell’osservazione di Lea.
Non condivido affatto, invece, molta parte dei commenti che girano sul web, il cui succo è “le donne non hanno bisogno del perdono di nessuno” e/o “chi è la Chiesa per giudicare?”.
Per molte, moltissime donne del mondo (il Giubileo è un evento universale, non locale) la possibilità di essere sciolte da questo peccato è un fatto di grande portata simbolica, la definitiva liberazione da un peso doloroso. In cuor proprio, la gran parte di queste donne cattoliche si è già autoassolta: solo loro sanno in quali circostanze hanno dovuto prendere questa decisione, in molti casi per costrizione, e quanto hanno sofferto e pagato, spesso rischiando la pelle. Ma il perdono definitivo da parte della Chiesa le libera del tutto, e permette loro di voltare finalmente pagina.
Difficile da capire per le donne che non credono e che vedono nella Chiesa unicamente un retaggio patriarcale. Forse per loro è più facile capire questo: è la prima volta che un Papa si rivolge direttamente e con misericordia alle donne che hanno abortito. Ribadendo, sì, che l’aborto è un grave peccato, ma manifestando ad un tempo comprensione e compassione. Inoltre, non tutta la Chiesa sarà con Francesco in questa decisione: ed è un’altra ragione per tenere nel giusto conto il suo messaggio.