Nella circostanza della recente elezione-rielezione del Presidente della Repubblica, tanti “semplici” cittadini hanno ritenuto di dover dire e perfino strillare la loro, benché sapessero che la Costituzione delega interamente la faccenda ai Grandi Elettori.

Al di là del “chi” e delle questioni strettamente istituzionali –la possibile transizione verso una Repubblica presidenziale- la domanda era di un/una Presidente dotato di tutta la forza necessaria a guidare il Paese, eppure “lontano dal potere”. Come se nel senso comune sopravvivesse l’idea di un’autorità che non ha a che vedere con il potere, che non è affatto un suo sinonimo. E anzi, che è proprio il contravveleno per il potere e i suoi abusi.

Da dove viene, questa idea di autorità? Che storia ci racconta questa parola?

Il linguista francese Émile Benveniste la rintraccia nel significato arcaico del latino augere: “atto di produrre dal proprio seno; atto creatore che fa sorgere qualcosa da un ambiente nutritivo e che è il privilegio degli dei, non degli uomini” (ma anche un po’ delle donne, volendo, e della potenza materna, che viene ben prima e va ben oltre ogni grossolano potere).

Traggo la citazione da un piccolo e scandaloso (nel senso che fa proficuamente inciampare) libro di Luisa Muraro, “Autorità”, Rosemberg & Sellier. Che partendo dai “pregiudizi, timori, avversione, malintesi, ma anche appelli e nostalgie” intorno all’idea di autorità, giunge a concludere che “coltivare il senso dell’autorità è una scommessa in favore di qualcosa di meglio per l’umanità e la civiltà… consapevolmente alternativa al culto del dio potere”.

L’autorità “non ha un fondamento, essa è un fondamento”, e lo è misteriosamente, per come tutti ne facciamo esperienza.“Può agire senza i mezzi del potere e del dominio”. Ha bisogno della libera fiducia della relazione, e si rinnova così, di volta in volta. Mentre il potere, che si dà una volta per tutte, dalla messa alla prova della relazione è costantemente minacciato, e se ne tiene alla larga.

La buona novella è questa: che “la forza fisica… non può sconfiggere l’autorità, perché questa è di un altro ordine”. Ordine che si richiama alla “relazione materna, relazione di somma disparità (tra la madre e il figlio neonato, ndr), di molta vicinanza fisica e di nessuna gerarchia”.

Quando si parla di un mondo più femminile, conviene pensare a questo.

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