Assisto un po’ depressa allo spettacolo poco edificante di assessori, vicesindaci eccetera, magari in carica da un anno o poco più, che stanno facendo gli scatoloni per andarsene in Regione o in Parlamento. Mi dicono, per esempio, che a Verona città un bel po’ di gente è ai nastri di partenza dopo appena 6 mesi di nuova giunta. Ma capita un po’ ovunque.
Io non capisco: amministrare una città o un paese è una bella sfida, e se non ti piace non si capisce perché hai voluto farlo. Non te l’ha ordinato il medico. E’ molto più importante e di soddisfazione che fare il parlamentare: be’, certo, si guadagna meno.
Dopo un annetto o due hai appena cominciato a prendere la mano, ed ecco che te ne vai, la politica come professione. Al posto tuo dovrà venire un altro/a che, fatalmente, ricomincerà da capo, con spreco di tempo e di risorse pubbliche e danno per i cittadini amministrati, che vedranno interrotto il servizio.
Oppure è semplicemente che stai lavorando male, e allora il sindaco o chi per lui ha deciso che è meglio che vai: ed ecco un bel promoveatur ut amoveatur, ti faccio salire un gradino e mi ti levo di torno. Ma anche questo è un danno ai cittadini: perché uno che, poniamo, non è capace come assessore, difficilmente sarà capace come parlamentare, forse è che la politica non è il suo mestiere, e allora è meglio che torni a quello che faceva prima. Le istituzioni non sono aziende private, la priorità è il bene comune.
Rinnovamento non è solo cambiare persone. Rinnovamento è cambiare stile, e questo che sto descrivendo è proprio pessimo.
Un’altra cosa: alle prossime primarie del Pd e di Sel ci troveremo di fronte a nomi che il più delle volte non ci diranno nulla. Forse gli iscritti un po’ li conoscono, ma i semplici elettori no. E allora sarebbe indispensabile, anche se i tempi sono così stretti, che i candidati, con ogni mezzo a loro disposizione (gli organi di informazione dei rispettivi partiti, per esempio, ma anche la rete, che è velocissima, ci dicessero più o meno chi sono, che cosa hanno fatto e che cosa vogliono fare: l’idea civatiana di “parlamentare a progetto” è molto buona. Un po’ di curricula, se possibile, preferibilmente evitando cose generiche tipo: “sono per una politica dei diritti” o “mi piace l’ambiente”, o “adoro la politica!” (ho letto anche questo), o, esempio dal vero, dichiarazione di un candidato milanese, di cui ometto il nome per generosità: “Io mi candido dopo aver fatto per tanti anni politica, senza aver avuto ruoli istituzionali. Mi candido perché è il momento di metterci direttamente la faccia (???)… Mi candido perché credo nella politica. In questo momento è una cosa difficile da dire, perché mai come in questo momento il distacco tra politica e cittadini è così evidente”, eccetera eccetera. Neanche mezza idea per sbaglio.
O evitando raccontando tutto il percorso interno (“sono stato consigliere di condominio dal ’74 al ’79, poi sono diventato consigliere di vicolo…”), ma andando un po’ più al sodo: fatti pregressi e in corso, e progetti futuri. Insomma, fammi capire se sei il/la candidato/a giusta per me.
Altrimenti è meglio che scrivano semplicemente: “mi piace l’idea di fare il parlamentare” o “è un posticino niente male”. W la sincerità!
Insomma: anche qui, cambiare stile. Meglio: cambiare etica.