Niente da fare, le buone notizie non ci piacciono.
Un esempio: qualche giorno fa, dopo l’orrenda vicenda di Melito Porto Salvo, i centri antiviolenza associati in D.i.RE chiedono alla ministra Boschi di andare in Calabria per testimoniare con la sua presenza l’attenzione del governo e l’intenzione di tenere alta in agenda la questione maschile.
Nel giro di una giornata la ministra risponde all’appello, sale in aereo e va.
Andrebbe registrata come una buona notizia, e invece no. Quelle che avevano imbracciato il fucile pronte a sparare nel caso in cui la ministra non avesse risposto prontamente, reagiscono con una certa stizza: sì, ok, è andata, ma tanto non serve a niente. Tanto sono solo chiacchiere, ci vogliono i fatti, doveva pensarci da sola, e così via.
Insomma: tu chiedi giustamente una cosa, la ottieni, e resti spiazzata per il fatto di averla ottenuta. Perché ti tocca abbassare il fucile. Perché la riforma della Costituzione porta il nome di Boschi. Perché sei antirenziana. E così via.
I centri D.i.RE, è bene precisare, ringraziano la ministra per aver risposto all’appello. Ma resta il diffuso mugugno delle rosicanti.
Altro esempio: dopo Vienna, Milano è la città più virtuosa d’Europa sul fronte raccolta differenziata e gestione dei rifiuti. L’obiettivo “rifiuti zero” diventa raggiungibile. Arrivano perfino da New York City per studiare il caso. Ottima notizia. Da milanese sono molto contenta. Anch’io contribuisco a questo primato. E se si può fare a Milano, si può fare dappertutto, mettendo fine a una delle principali emergenze ambientali globali.
Su Milano, altre buone notizie. La città è in forma, al punto da essere diventata la terza meta turistica italiana, fatto inaudito. Non mancano i problemi, ma i servizi funzionano. I mezzi pubblici sono una meraviglia. I ciclisti sono in costante aumento. Pur con mille difficoltà, e nell’isolamento politico, l’emergenza migranti è gestita con saggezza. L’offerta culturale è ampia e variegata. Ci sono molti progetti. C’è ancora tanto da fare: lavoro, casa, periferie. Ma si respira un’aria di fiducia. Si pedala insieme. Ci si prova. Una stagione cominciata con la cosiddetta rivoluzione arancione e idealmente rinnovata in occasione della manifestazione “Nessuno tocchi Milano”, 15 mila persone in piazza per ripulire la città dopo le manifestazioni No-Expo.
Ripeto, i problemi non mancano. Ma non si danno in natura situazioni a criticità zero. Leggo una bella frase di Marco Aurelio: “E non attendere la giusta Città di Platone; ti deve bastare una cosa: un po’ di miglioramento, anche minimo“. Mi pare un buon principio. La femminista Rebecca Solnit dice una cosa molto simile quando parla di “cambiare l’immaginario del cambiamento”.
Ma tu dici questa cosa, che a Milano le cose sembrano funzionare, e capisci che non viene accolta con il favore che ti aspetteresti. Perché se lo dici non sei abbastanza di sinistra. Perché è chiaro che il Pd vuole fare di Milano il contraltare al disastro pentastellato di Roma. Perché non si devono fare favori al sindaco Sala. Perché nel resto d’Italia è un macello. E così via.
Quando il pur sacrosanto esercizio critico o scettico impedisce il libero giudizio, allora c’è il rischio che tu non riesca a vedere la realtà. E quando non vedi la realtà ti incastri in una rappresentazione ideologica, vedi solo le ombre sul fondo della caverna. E quando lavori con l’ideologia non fai le cose giuste, non spingi dove e come dovresti, ti incapretti da solo.
Se dici che tutto va male ti condanni all’impotenza. Se riesci a vedere, in quel tutto, qualcosa che va bene e a dare una mano perché vada, è più probabile portare a casa qualche risultato (insegnamento di Etty Hillesum).
Credo che queste resistenze abbiano più a che fare con la paura di perdere la propria identità che con l’amor mundi che, come diceva Hannah Arendt, dovrebbe nutrire la politica.
Io per esempio penso che Milano oggi –come tante altre volte- potrebbe costituire un buon modello per il resto del Paese, un indicatore di tendenza che andrebbe guardato con attenzione. L’ha detto anche Renzi? Be’, ha avuto ragione. E nella visita di Boschi in Calabria leggo una disponibilità all’ascolto delle altre e una possibilità di dialogo che sul fronte della lotta alla violenza non può che essere una buona cosa.
Ditemi se sbaglio.