Mi chiedo che cos’avrei fatto al posto dell’insegnante delle sei quindicenni musulmane che in un istituto tecnico di Varese si sono rifiutate di aderire al minuto di silenzio per le vittime parigine. Lei non le ha ostacolate, ha consentito loro di uscire dall’aula, e al loro rientro ha ritenuto di discuterne con la classe.
“Volevano capire perché commemorare solo Parigi e non l’aereo russo o Beirut” ha spiegato la prof. “Il gesto è stato una richiesta di aiuto a capire quale sia la discriminante nella valutazione dei morti”.
Probabilmente mi sarei comportata come lei: avrei consentito alle ragazze di uscire di classe e di manifestare liberamente il loro punto di vista, e poi avrei aperto la discussione. Per concluderla, possibilmente, invitando tutta la classe a ripetere il minuto di silenzio dedicandolo anche alle vittime dell’aereo russo e di Beirut, e a tutte le vittime del terrorismo jihadista e di ogni terrorismo.
Non ho informazioni precise, ma non credo che sia andata in questo modo.
Se non intendiamo aderire immediatamente e senza farci ulteriori domande alla spiegazione più autoconsolatoria, si dovrebbe riconoscere che restano molti dubbi aperti sulla motivazione del gesto, così come è stata espressa dall’insegnante.
Perché le ragazze non hanno semplicemente chiesto di estendere la commemorazione anche alle altre vittime? Come si è formato in loro il convincimento che fosse necessario un atto così forte -rifiutarsi di onorare la memoria delle vittime della barbarie jihadista-? Quando l’hanno concordato? E’ stata una decisione autonoma o c’entrano le famiglie? In quali discorsi si è formata la loro decisione? Esiste in quelle ragazze anche solo il germe di quell’identificazione solidale con gli shahid che si è manifestata nei fischi e nelle grida dei tifosi turchi allo stadio di Istanbul? E se sì, perché sei ragazze di quindici anni dovrebbero eventualmente voler considerare le “ragioni” dei terroristi?
Mi pare che il lavoro importantissimo della prof –e di moltissimi altri prof di questo Paese- cominci proprio adesso.