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Ok, sputtana il prete è il gioco dell’estate. Ok, non puoi predicare bene e razzolare male. W queste inchiestone scoop sulla lussuria nella Chiesa, così siamo tutti più tranquilli. Il Vicariato di Roma ordina a tutti i preti gay di venire allo scoperto e di lasciare la tonaca. Occhio, perché se ubbidissero tutti vedremmo un esodo biblico, e non lo dico con l’intento di diffamare, ma come pura constatazione di realtà: io ne ho conosciuti davvero tanti, di sacerdoti omosessuali. Che lo erano, palesemente, vistosamente, anche se sono pressoché certa che non avessero una vita sessuale, intesa come pratica della propria sessualità: nessun essere vivente dotato di un sesso può “smettere” la sua vita sessuale. Può sublimarla, offrirla al Signore, può imbrigliarla e farci i suoi conti nei modi più svariati, ma l’autocastrazione non è pensabile.

Detto questo, sono furiosa: perché qui è colpita l’omosessualità, non la doppia vita. La doppia vita non consiste nell’essere omosessuale, “condizione” che non si sceglie. Uno può essere omosessuale e voler fare il prete, ed essere anche un grande prete, un grandissimo prete che sale ai vertici delle gerarchie ecclesiastiche. E’ già così. La doppia vita consiste nell’avere rapporti sessuali, omo o etero che siano, nel tradire la promessa di rinunciare a praticare la propria sessualità, perfino nella masturbazione.

Non ci si può impegnare a non essere omosessuali, così come non ci si può impegnare a essere o non essere eterosessuali. Si può promettere solo di non esercitare la propria sessualità, qualunque essa sia, in nome di un bene più grande.

Che la Chiesa impedisca agli omosessuali di prendere i voti è assurdo e ipocrita. Escano piuttosto allo scoperto i sacerdoti, i vescovi, i cardinali omosessuali, e rivendichino di poter stare nella Chiesa. E semmai invitino i giovani omosessuali che scelgono i voti solo per poter nascondere la loro condizione, come è sempre capitato, a non intraprendere più questa strada, che fa male a tutti, alla Chiesa e a loro stessi.

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