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traffico

Corpo-anima, Politica Gennaio 16, 2012

Abbiamo lottato per questo

L’amica Maria Berrini, presidente di Amat, comunica che  sono stati elaborati i dati del primo giorno di limitazione del traffico a Milano fino alle 19.30.
“Si conferma il successo di Area C. Meno 32,5% di traffico in accesso, pari a 40.000 auto in meno. Domani vi diamo altri dati, ma questi sono ottimi. Benvenuta Area C. E’ stata una faticata arrivarci, ma ora possiamo concentrarci sul resto, e realizzare aree pedonali, bike sharing e percorsi ciclabili, corsie preferenziali e parcheggi interscambio fuori dal centro…..e tanto altro”.

Se questo decremento del traffico si confermerà nel corso della settimana, sarà un risultato storico. Straordinario! L’inizio di una rivoluzione urbana, a partire dall’elemento aria. Dopo decenni di palliativi, la città guarirà da molti malanni.

40 mila auto in meno: basterebbe questo per dire che è valsa la pena di lottare.

Sono molto molto felice (e tengo le dita incrociate).

ambiente, Corpo-anima, lavoro, Politica Gennaio 13, 2012

La vita al primo posto

Iscrivo l’orribile episodio di ieri a Milano, il vigile urbano Niccolò Savarino deliberatamente travolto e ucciso da un Suv che ha trascinato lui e la sua povera bicicletta per trecento metri, nel tessuto simbolico della guerra che si sta combattendo tra le auto e i viventi.

Le automobili fanno ammalare e uccidono, deturpano il volto delle nostre città e le anime delle persone, rendono la convivenza incivile, ci costano infinitamente di più di quanto rendano.

E’ arrivato il momento della mano ferma e di una svolta radicale. I provvedimenti sull’area C, confortati dall’esito chiarissimo di un referendum, che limitano fortemente il traffico privato nel centro storico -perfettibili e aggiustabili, dopo una necessaria fase di sperimentazione, e progressivamente allargabili a tutte le altre zone, in una prospettiva di città policentrica– devono soprattutto dimostrare che senza auto, o con meno auto possibili, si vive benissimo. Anzi, si vive meglio, la vita torna al primo posto, esattamente dove deve stare.

Va in questa direzione il provvedimento adottato dall’assessora al Personale e al Benessere Chiara Bisconti, che introduce la flessibilità nell’orario di ingresso per i quasi 16 mila dipendenti del Comune: il traffico urbano si riduce soprattutto in questo modo, e speriamo che l’esempio virtuoso sia seguito da un grande numero di aziende metropolitane.

Quando si parla di Milano come laboratorio politico io penso soprattutto a fatti come questi.

AMARE GLI ALTRI, Corpo-anima, economics, esperienze, lavoro Dicembre 17, 2011

Lavoro a km zero: la soluzione quasi di tutto

coworking

Ieri a Milano sciopero dei mezzi e traffico impazzito. C’è vento di neve, per fortuna, che diminuisce gli inquinanti. Mentre litigavo con un tassista sulle liberalizzazioni, mezz’ora di viaggio a caro prezzo e sempre discutendo, ho pensato che il telelavoro, o lavoro a km zero sarebbe la soluzione di un sacco di problemi. Pensiamoci.

Oggi una parte notevole del lavoro può essere svolta “in remoto”, ovvero da casa o da dove si vuole, grazie alle nuove tecnologie di comunicazione, internet, skype e via dicendo, tutte a basso costo e pulite. Questo significa non esigere di detenere fisicamente i dipendenti, ma pretendere prestazioni valutabili quantitativamente e qualitativamente. Da questo discende un notevolissimo alleggerimento del traffico urbano nelle ore di punta, la spaventosa transumanza inquinante delle 8 del mattino e delle sei di sera, a cui possono esere aggiunte misure di limitazione del traffico, di potenziamento dei mezzi pubblici, oltre a piste ciclabili, car sharing eccetera, misure che da sole sono solo palliativi.

A ciò va aggiunto il risparmio di carburanti e in generale il risparmio energetico che si produce smantellando quegli enormi e costosissimi luoghi di detenzione che sono le aziende, che vanno riscaldate, refrigerate, illuminate, etc., oltre a una maggiore produttività: un sacco di gente passa molto tempo negli uffici a smanettare online in attesa di svolgere qualsivoglia compito, mentre si dovrebbe organizzare il lavoro sulla effettiva produttività e sulla qualità dei prodotti.

Un altro effetto virtuoso sarebbe un miglioramento della qualità della vita familiare e una rivitalizzazione dei quartieri, che non sarebbero più dormitori ma luoghi di vita. I bambini piccoli non dovrebbero più essere depositati nei nidi alle sette del mattino -altre auto sgasanti-, ci si potrebbe organizzare con servizi flessibili e modulari per il baby sitting e anche per la spesa e altre necessità, magari all’interno dello stesso condominio. Chi non può lavorare in casa potrebbe raggiungere a piedi o in bicicletta un “ufficio condiviso” o postazione di coworking, organizzando liberamente i suoi tempi. La comunità locale diventerebbe il baricentro di tutto, lavoro e vita non sarebbero più separati, le relazioni non si limiterebbero alla sterile colleganza, la condivisione sarebbe ben più estesa e feconda. Le città diventerebbero più belle, perché più curate e vissute. E si potrebbe continuare molto a lungo. Io lavoro da anni in questo modo e benissimo, ma siamo ancora troppo pochi.

Durante la campagna elettorale avevo proposto che la grande macchina amministrativa comunale diventasse laboratorio trasparente di questa utopia concreta, modello sperimentale virtuoso ed epicentro di una vera rivoluzione urbana e metropolitana.

Siamo sempre in tempo.

Corpo-anima, economics, Politica Dicembre 2, 2011

Un supertavolo. Per respirare

 

Non per essere noiosi, ma a Milano come ogni inverno, peggio di ogni inverno, non respiriamo.

Non respiriamo, non respiriamo, non respiriamo!

Un’annata veramente terribile. Le mamme antismog sono scese in piazza. C’è stato un referendum che dava ampio mandato per iniziative anche dure e rigorose, ma attualmente di fatto non ci sono misure in atto. Il divieto di circolazione degli Euro 3 diesel (solo auto, non mezzi commerciali) è un fallimento, 38 multe in 3 giorni, praticamente impossibile individuare i trasgressori nella fiumana di auto.

In più il metrò ha un sacco di problemi e va a singhiozzo, non si capisce che cosa diavolo stia succedendo: cosa che incentiva a fare uso dell’auto perfino una come me, che l’auto la detesto e non la uso mai. Un vero disastro.

Di qui a Natale sarà un’escalation. A parte qualche spruzzata, non si prevede pioggia. All’impazzimento dello shopping natalizio dei milanesi si aggiungerà la calata in auto dall’hinterland e dalle altre province. Il freddo aumenterà, e con il freddo l’inquinamento da caldaie. Chi non ha una casa al mare o in montagna dove fare una scappata a ossigenarsi rischia davvero molto.

Ma di chiudere il centro, misura certamente insufficiente ma chiara, netta ed educativa in attesa di inventarsi qualcos’altro, il sindaco non se l’è sentita.

Mi pare di aver capito che le ragioni vere sono due: il timore che i mezzi pubblici non reggano una super-utenza; e quello di scontentare i commercianti, i quali si scontentano molto facilmente: Ne ho conferma stamattina, leggendo che i commercianti di corso Buenos Aires rivendicano il diritto di tenere spalancate le porte dei negozi, con i riscaldamenti a mille “perché è ampiamente dimostrato che la chiusura delle porte è considerata dagli esperti di marketing una barriera psicologica negativa per l’acquisto”. Vi giuro che hanno detto così.

Sarà anche vero che Milano è storicamente una città-mercato, e che quella del commercio è una categoria molto importante. Sta di fatto che nelle scelte pubbliche gli interessi di quella categoria sono sempre tenuti in gran conto. Che la lobby è potente, e la minaccia di perdere il suo sostegno elettorale sempre molto efficace. Ma sono decenni che questa lobby detta legge in materia di misure ambientali. Altrettanto vero che stavolta in molti speravamo in una giunta meno ricattabile.

Siamo tutti più poveri, e anche i commercianti devono rassegnarsi a esserlo. L’aria è il problema numero uno in questa città, ed è il primissimo a dover essere risolto. I commercianti se ne faranno una ragione.

Per Expo, delega sottratta a Stefano Boeri, è stato istituito un tavolo interassessorile. Forse per il diritto al respiro si dovrebbe pensare a un supertavolo, che si avvalga anche di consulenti  sanitari. Tutta la giunta dovrebbe essere stramobilitata su questa emergenza. 

Forse l’opinione in materia dell’assessore al Commercio Franco D’Alfonso dovrebbe essere tenuta in minore conto. Molto minore.

ambiente, Politica, salute Novembre 26, 2011

Con il pugno di ferro

Milano non è Londra, e non è Parigi. La pur severa congestion charge londinese da noi sarebbe insufficiente, perché qui non c’è nessun vento a spazzare l’aria, il mare è lontano, gli inverni sono poco piovosi, stiamo nel bel mezzo di un’enorme conca e siamo una metropoli che produce, oltre a tutto il resto, una marea di variegati inquinanti.

Cari amici di altrove, ve lo dico ogni anno: aiuto, non respiriamo più. Pizzica il naso e la gola, il diaframma si blocca per autodifesa, passeggiare è impossibile, andare in bici significa fare il pieno di veleni. Senti che ti stai ammalando. Di smog si muore davvero.

L’auto a benzina e a gasolio è un lusso che a Milano non ci possiamo più pemettere. Le misure devono essere durissime e coraggiose, e non possono riguardare solo il centro storico, che qui è davvero piccolo. Pedonalizzazione del centro e isole pedonali estese in tutti i quartieri. Incentivi per miniauto elettriche. Multe salatissime, spaventose, per condomini e negozi super-riscaldati (c’è da sentirsi male per il caldo, in certi ambienti): è inverno, assurdo pretendere di stare in t-shirt, che la gente si infili un maglione. Creazione di polmoni verdi un po’ ovunque, piantumazione di tutte le aree piantumabili, gli alberi fanno un ottimo lavoro. Investimento di molte risorse sul trasporto pubblico. Taxi a tariffe accessibili.

Inutile continuare a rilevare il tasso di polveri, biossidi e tutto il resto. Non riusciamo a respirare, tanto basta. Le cose da fare sono queste, inutile girarci intorno.  E vanno fatte al più presto. Con il pugno di ferro.

Corpo-anima, Politica Gennaio 22, 2010

MANDATECI GREENPEACE

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Ieri mattina, tra le 7.30 e le 8, in viaggio verso Varese, su una navetta che doveva portarmi da quelle parti per una giornata di lavoro. Adesso quasi mi dispiace di aver contribuito per una volta a quella prova generale dell’Apocalisse, anche se io la macchina non la prendo mai. Sulla corsia opposta, in direzione Milano, una fiumana impressionante di auto in una lenta colonna, i fari che fendevano quell’aerosol gelato di bruma e veleno, 9 su 10 con un solo passeggero a bordo. Meglio tenere i finestrini chiusi, per poter respirare. E’ la follia quotidiana che io ho la fortuna di non vedere mai. Solo di respirare, come tutti. Che vi sia o meno una correlazione positiva tra inquinamento e leucemie, forme infantili comprese, la catastrofe è sotto gli occhi e nelle narici di tutti. Chi prende volonterosamente il treno per venire in città dice che dal debutto dell’Alta velocità in poi i collegamenti, già insufficienti, sono ancora più precari, e i ritardi più cospicui e frequenti.

Forse ci vorrebbe una class action contro tutte le istituzioni responsabili dell’assenza di una politica ambientale. Forse si dovrebbe chiedere il congelamento di Expo almeno fino a che non saranno state adottate misure efficaci e di elementare buon senso, come la limitazione severa del traffico privato e un forte investimento sui trasporti pubblici. Forse ci vorrebbe Greenpeace a bloccare le strade. E in cima alla lista di domande da porre a chiunque si candidi e a qualunque livello a ricoprire una carica pubblica, dovrebbe esserci sempre e solo questa: “Che cosa intende fare per l’ambiente?“.