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Ieri mattina, tra le 7.30 e le 8, in viaggio verso Varese, su una navetta che doveva portarmi da quelle parti per una giornata di lavoro. Adesso quasi mi dispiace di aver contribuito per una volta a quella prova generale dell’Apocalisse, anche se io la macchina non la prendo mai. Sulla corsia opposta, in direzione Milano, una fiumana impressionante di auto in una lenta colonna, i fari che fendevano quell’aerosol gelato di bruma e veleno, 9 su 10 con un solo passeggero a bordo. Meglio tenere i finestrini chiusi, per poter respirare. E’ la follia quotidiana che io ho la fortuna di non vedere mai. Solo di respirare, come tutti. Che vi sia o meno una correlazione positiva tra inquinamento e leucemie, forme infantili comprese, la catastrofe è sotto gli occhi e nelle narici di tutti. Chi prende volonterosamente il treno per venire in città dice che dal debutto dell’Alta velocità in poi i collegamenti, già insufficienti, sono ancora più precari, e i ritardi più cospicui e frequenti.

Forse ci vorrebbe una class action contro tutte le istituzioni responsabili dell’assenza di una politica ambientale. Forse si dovrebbe chiedere il congelamento di Expo almeno fino a che non saranno state adottate misure efficaci e di elementare buon senso, come la limitazione severa del traffico privato e un forte investimento sui trasporti pubblici. Forse ci vorrebbe Greenpeace a bloccare le strade. E in cima alla lista di domande da porre a chiunque si candidi e a qualunque livello a ricoprire una carica pubblica, dovrebbe esserci sempre e solo questa: “Che cosa intende fare per l’ambiente?“.

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