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silenzio

Politica Maggio 26, 2014

Grillo: guai ad abbandonare la nave alla deriva

Le indimenticabili “consultazioni” tra Renzi e Grillo

La rabbia è un sentimento indispensabile alla sopravvivenza, tanto quanto la paura: rapida attivazione di tutte le risorse biochimiche necessarie a produrre una reazione in tempi brevi. Un supercarburante: ma se non lo usi per agire, ti ingolfi e ti avveleni.

L’errore del M5S, che ieri ha perso 2 milioni e mezzo di voti, è stato principalmente questo, e qui lo abbiamo detto e stradetto mille volte: non capire che alla rabbia doveva conseguire l’azione costruttiva, con relativo cambiamento di linguaggio. Che il ringhio, le minacce, gli eccessi verbali, l’arroganza del #noivinciamo e #velafaremovedere, il machismo e il sessismo, le sfumature fascistiche, le porte sbattute in faccia, l’ostinazione aventiniana, il manicheismo, la scarsa democrazia interna e tutto quello che abbiamo visto in dosi massicce in queste ultime settimane di campagna elettorale, non avrebbero pagato più.

“Siamo sicuri che urlare in faccia agli Italiani i loro problemi e la strada da perseguire per cambiare il nostro paese?“, twittava stamattina un grillino. Ecco, siamo sicuri?

Grillo non è stato un leader all’altezza dello straordinario patrimonio politico che si è trovato a gestire. L’inizio della débâcle, quelle consultazioni-farsa in streaming con il premier incaricato Matteo Renzi. La sua gente le aveva volute, lui ci era andato obtorto collo, perché “decide la rete”. In realtà ha continuato a decidere lui, e quelle consultazioni sono state solo un pessimo monologo alla Lenny Bruce.

Il silenzio di queste ore dà l’idea di un pugile suonato, di un Masaniello che nasconde la mano, e anche questo è un grave errore: nessuno che parli, né il leader né i parlamentari. Blog muto, pagine dei social network pietrificate. Ma non si lascia il proprio “popolo” nell’incertezza e nello smarrimento. La sconfitta durissima va ammessa -il nemico Renzi ha addirittura doppiato i 5 Stelle-, 2 milioni e mezzo di persone ti hanno detto che il tuo “no-no-e no” non basta più, una prima diagnosi va azzardata, una strada va indicata. Dare la colpa al popolo bue, come vedo già in molti commenti, sarebbe molto miope.

Probabilmente Grillo sta pensando se tenere fede alla promessa: “se non vinco me ne vado”. Ma senza di lui il M5S crollerebbe, e quella rabbia troverebbe altre strade, quasi certamente rischiose. La rabbia scatenata va responsabilmente gestita. La nave in difficoltà non può essere abbandonata.

Il 21.5 per cento dei consensi resta un patrimonio politico cospicuo, da amministrare oculatamente. Si tratta necessariamente di passare dalla furia destruens alla fase della costruzione, della proposta, del compromesso e delle alleanze.

Il primo round è finito.

Aggiornamento: al momento Beppe Grillo si limita a prendere il Maalox. Questo il suo commento

“Adesso ci state prendendo in giro. Vi capisco. Mettete proprio il coltello nella piaga. Abbiamo perso. Non è una sconfitta, siamo andati oltre la sconfitta. #vinciamopoi, sì #VinciamoPoi. Abbiamo il tempo dalla nostra, è ancora presto. Quest’Italia è formata da generazioni di pensionati che forse non hanno voglia di cambiare, di pensare un po’ ai loro nipoti, ai loro figli, ma preferiscono stare così. Son dei numeri che non si aspettava nessuno, però noi siamo lì, siamo il primo movimento italiano, il secondo partito. Abbiamo preso il 21-22%, abbiamo preso l’IVA, senza avere voti in nero e siamo lì senza aver promesso niente a nessuno, né dentiere né 80 euro. Io sarei anche ottimista, quindi: non scoraggiatevi. Vedo messaggi: “cosa facciamo? andiamo avanti?”, certo che andiamo avanti. Siamo la prima forza di opposizione, faremo opposizione sempre di più, sempre meglio e cercheremo di rallentare il dissanguamento, lo spolpamento di questo Paese, che ci sarà. Noi saremo precisi, puntuali, e ci saremo sempre, non preoccupatevi. Ora Casaleggio è in analisi per capire perché si è messo il cappellino e poi tutti insieme vedremo che cosa fare. State tranquilli, dai, vin… vinciam… Vincono loro. Vincono loro, ma è meraviglioso lo stesso. Intanto io mi prendo un maalox, non si sa mai. Casaleggio, c’è il maalox anche per te, vieni qua.” Beppe Grillo

altro aggiornamento: analizzando il fallimento, Casaleggio si è detto sicuro che il problema non risieda nei contenuti, ma dei toni con cui vengono declinati. Troppa rabbia, troppa aggressività, producono reazione indesiderate, come l’assuefazione, e la fuga di massa verso lidi più rassicuranti.

Ecco, scusate amici del blog: da quanto li invitiamo a “toni gandhiani”?

Corpo-anima, esperienze Gennaio 22, 2012

Punto e a capo

Con tutte le chiacchiere che faccio, con tutto il mio parlare e scrivere e anche leggere di questo e di quello, convinta sempre di saperla lunga, caparbia nel difendere il mio punto di vista, sempre lì ad analizzare, scandagliare e puntualizzare, ecco che di nuovo, dopo avere visto la morte di una persona cara, la sua perfetta e serena immobilità, le sue mani ceree intrecciate sul grembo, non so trovare una parola, un pensiero, un concetto degno di questo nome, me ne sto lì incantata di fronte al mistero della cosificazione del vivente, aspetto che qualcosa di me si sciolga per poter dire e lasciare fluire.

Non so perché, ma mi viene solo da dire punto e a capo.

Donne e Uomini, Politica Giugno 24, 2009

QUELLO CHE LE DONNE NON DICONO

Di tutta questa storia delle escort, delle ragazze nude e umiliate in tv, della ri-conduzione del corpo della donna a oggetto da sprezzare, dello stesso autosessismo imprenditoriale femminile (vedi per esempio l’articolo dell’amica Ida Dominijanni sul Manifesto di ieri, http://www.ilmanifesto.it/archivi/commento/anno/2009/mese/06/articolo/986/ )

l’aspetto che più mi colpisce è quello dell’afasia femminile. Il fatto che per anni, mentre il sistema si andava costruendo, consolidando, organizzando e strutturando, dalle prime pupattole tv del Drive In all’osceno Teo Mammuccari, che (vedi il documentario Il corpo delle donne di Lorella Zanardo) raggiunge l’apice del disprezzo con le vittime consenzienti (io provo odio profondo per lui), la riflessione delle donne, che è stata ricchissima su altre questioni, dal lavoro alla politica, su questo non si è mai applicata.

Perché, mi domando? Che cosa abbiamo voluto dire, non dicendo?

esperienze Febbraio 21, 2009

IL FONDO BRILLANTE DELL’ESSERE

Certe volte nella vita capita che ci sia troppo rumore. Il passato ti zavorra, e tu cammini a vuoto, come in certi incubi, o è il futuro a uncinarti il diaframma, e allora ti senti un quarto di bue appeso in macelleria. C’è qualcosa di brutto che ti sta capitando e si prende tutto di te, come una piovra malefica; o qualcosa di troppo bello, capita anche questo, che ti ubriaca. E allora voli, e noi non siamo creature adatte volare per il tempo maggiore di un salto, quando atterri rischi di farti male. Può essere stupendo –volare, voglio dire- e anche al dolore va riservata la giusta attenzione, più cerchi di sfuggirgli e più ne esige, tenendo i conti aperti finché non sono saldati. Ma non si può dargli tutto, né al bene né al male, né al passato né al futuro. Si deve contrattare, per non perdere il proprio baricentro, il “centro di gravità permanente” della canzone di Battiato. Io lo penso come un luogo aperto, luminoso e accogliente. Non il nucleo duro e roccioso dell’io, ma anzi, il posto dove l’io può fiduciosamente disfarsi, mettersi in libertà, fare passare di lì tutto e tutti, mille spiritelli iridescenti, perché non deve più difendersi da nulla.
Per ritrovarlo io mi chiudo nel mio “camerino interiore”, mi viene da chiamarlo così, molto comodo perché te lo puoi portare dappertutto, come una di quelle tendine monoposto, non pesa niente ed è sempre pronto per accoglierti. E’ la tua casa, nessuno te la porterà mai via, e puoi tornarci ogni volta che vuoi. Ognuno può entrarci a modo suo –una preghiera, una piccola formula rituale, ma quando hai fatto un po’ di pratica non serve più nessun artificio, quello che conta è respirare bene, cominciando dall’espirare, – e ad un certo punto eccoti lì, accomodata sul fondo brillante del tuo essere, e circondata dagli ospiti più astrusi: oggi, per esempio, è passato di lì Vittorio Gassman, chissà perché. Era di ottimo umore, con il suo sguardo da ragazzo e le sue spalle da aquila. Poi mi sono ritrovata in un bar di Venezia, sulle Fondamente Nove, un posto così nordico, con Murano e l’isola San Michele proprio di fronte. Solo le note luminose dell’essere, infine. Un po’ di pace, finalmente.

(pubblicato su Io donna – Corriere della Sera il 21 febbraio 2009)

esperienze Gennaio 6, 2009

IL SUONO DELLA NEVE

Cari amici del centrosud, nevica sul centronord. Neve che attacca, e ne avremo fino a domani. Quello che mi ha svegliato è stato il silenzio. Il silenzio nevoso ha una sua particolare qualità. Anche Milano sembra un villaggio, privata dei suoi suoni e dei suoi frastuoni. Le voci rimbalzano, più vive e tonde.

Il mio alloro è piegato dalla coltre, ma non credo gli faccia male. Sembra che stia riposando. Un sonnellino se lo merita, visto che tra poco avrà molto da lavorare. Avremo tutti molto da lavorare, per tirarci fuori dalla neve e dal resto. Ma tutto questo bianco, cielo bianco, terra bianca, lo prendo come un buon auspicio. Tabula rasa, e si ricomincia, e vedrete che ci verranno buone idee.

Il buon anno ve lo auguro soprattutto oggi, in questa luce morbida e promettente. L’augurio è di cercare di stare vicini a voi stessi, perché è lì che troverete il meglio, per voi e per tutti. In qualche punto di voi c’è qualcosa che si avvicina molto alla verità di tutto, di voi e del mondo. Ma a volte c’è troppo chiasso per sentirsi. Ascoltate il silenzio della neve, amici del centronord, o immaginatelo, amici del centrosud, dove gli alberi sono già pieni di gemme, e replicatelo quando potete, almeno una volta al giorno (preghiera, o meditazione, o qualunque canto interiore). Così potrete ascoltare il suono della vostra sorgente, che è sempre viva.

Un po’ di brodo caldo, se possibile. Ed evitate di mettervi in viaggio, oggi e domani.

Archivio Settembre 13, 2008

URLATORI

Un accogliente albergo del Sud, la piscina incastonata in un uliveto. Le cicale, e il blu del mare all’orizzonte. La quiete è perfetta. Ed ecco due famigliole, quattro o cinque bambini –dall’accento, emiliani: ma è irrilevante- che rotolano come un ciclone dalla scalinatella verso lo specchio d’acqua. Una delle signore acchiappa il lettino che ho di fianco e comincia a trascinarlo nell’erba. “Le spiace?” le dico “E’ per mio marito…”. Lei lo lascia cadere stizzita.
E’ estate, sono giovani, felici di essere in vacanza. I bambini, poi: felicissimi. Una successione di “bombe” in acqua, urlando e schizzando ovunque. Le mamme li richiamano da un capo all’altro della piscina. “Gaiaa!”, “Ginevraaa!” (sono i nomi che vanno ora). E poi, fra loro: “Tu cosa ti metti staseraaa? Quello nero o quello bluu?”. E al marito: “Giorgio! Giorgiooo!” (Giorgio è preso a schizzarsi con Alberto). “Vuoi la bananaa?” “Dopoo!” fa Giorgio. “Prima faccio il bagnoo!”, e scaglia uno dei bambini in mezzo alla piscina, mentre gli altri si rincorrono con mastodontici mitra ad acqua.
Le loro cose –asciugamani, borse, giocattoli, ciabatte- sono sparse ovunque: territorio animalmente “segnato”. Ci vuole uno slalom, per andare a rinfrescarsi. Ma spruzzi e ondate arrivano a domicilio. Gli altri ospiti sciamano via mesti. Resistiamo in due coppie. La più piccola delle bambine, Domiziana, Jennifer o non so cosa, piange disperata: il sole dell’una non è l’ideale per un umano con il sistema di termoregolazione ancora in rodaggio. Giorgio urla che adesso ha fame –finalmente- e fa per accendere un radiolone: che cosa hanno in mente di fare, ora? ballano? Mi avvicino a Giorgio e glielo dico con massimo garbo: “Mi scusi. A noi non spiacerebbe riposare”. “Siiì! Riposare!” esplode uno degli altri “ostaggi”.
Il gruppo ammutolisce. Le cicale tornano a frinire. Percepisco un brontolio a mezza voce: “E allora perché non va in una bella baita?”.
Fare chiasso non è semplice maleducazione. E’ arrogante occupazione dello spazio comune. Si potrebbe condividere con gentilezza. Coltivare la preziosità del bene comune. E invece lo si vuole “possedere”: questo posto è mio, lo dissemino di cose mie. E anche dei miei urli.
Avere, il più possibile, imperfetto surrogato dell’essere.

(pubblicato su “Io donna” – “Corriere della Sera” il 13 settemre 2008)