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regione Lazio

esperienze, Politica Ottobre 3, 2012

Perchè ce lo siamo lasciati fare?

 

Un’occhiata ai talk politici del mattino dalla mia stanzetta d’albergo in Calabria.

Non ci si crede. Un profluvio di distinguo, sottigliezze, e poi risate televisive e pacche sulle spalle, il senso di un’oligarchia compatta, consociata e in cospicua parte delinquenziale, qualcuno che ha ancora la faccia di parlare di demagogia, di populismo, di “umori della pancia”, della necessità di tenere i nervi saldi, e perché mai approvare in fretta e in furia una legge anticorruzione col rischio di fare una cosa raffazzonata? pensiamoci ancora un po’.

Ti immagini tritacarte al lavoro in tutti gli uffici. Far sparire roba, ma nel frattempo mettersi in tasca tutto quello che si può, siamo agli sgoccioli, “a Fra’, fra un po’ se ne dovemo anna’”.

Più che le domande: “perché l’hanno fatto?” o “come hanno fatto?” mi interessa quest’altra: “perché ce lo siamo lasciati fare?”. Quali sono state le nostre convenienze, o le nostre omissioni, le nostre distrazioni? Dov’è che abbiamo sbagliato?

Se non si passa di qui si porta a casa poco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Politica Settembre 26, 2012

Polverini: “Ora facciamo pulizia!”. Ora?

Dunque, ieri mattina, poche ore dopo le dimissioni di Renata Polverini, Roma era tappezzata di questi manifesti.

Questo significa che dopo NON aver visto né udito né parlato per due anni, come le tre scimmiette, dopo aver evidentemente appreso solo dai giornali, come tutti noi, dell’immondezzaio che era la Regione Lazio, quando i buoi ormai erano ampiamente scappati dalla stalla, la signora presidente è diventata improvvisamente consapevole delle sue responsabilità politiche e morali: tenerla pulita, la stalla.

Trincerandosi dietro distinguo formali (l’autonomia del Consiglio regionale e la non-responsabilità della Giunta) ha continuato a dire che lei non poteva farci nulla. E non basta: mentre si constatava l’entità del danno morale e materiale prodotto ai cittadini, lei stava già pensando al suo proprio riciclo politico, commissionando a tempo di record questi incredibili manifesti, terrorizzata dalla possibilità di avere politicamente chiuso.

Senza dare alcun segno di pentimento, Polverini pensa solo a se stessa, e si rituffa nell’agone. Ha già cominciato la sua campagna elettorale, per quale ruolo non è ancora chiaro. Ha già investito migliaia di euro -né io né voi che leggete potremmo permettercelo- per tappezzare i muri della città che per due anni ha offeso con la sua presunta ignavia.

E’ così lontana dal senso delle cose, e dai drammi del Paese reale, da non rendersi conto che questi manifesti rappresentano solo un ulteriore gesto di sprezzo nei confronti del bene pubblico, vergognosamente abusato da Batman e Trimalcioni.

P.S.: una nota di speranza per chiudere. Se quest’ultimo scorcio di legislatura le ruberie raggiungeranno livelli inauditi, forse è anche perché i ladroni sanno bene che per loro sono gli ultimissimi giorni di Pompei. Rubare adesso o mai più. Perché presto per loro la festa sarà finita. E non saranno più fra gli invitati.

Politica Settembre 20, 2012

Votare gente che non va ai party in maschera

Contemplando le immagini disgustose della Festa dei Maiali organizzata al Foro Italico dal vicecapogruppo Pdl in Regione Lazio Carlo De Romanis, rampollo di una famiglia di costruttori eletto nel listino bloccato di Renata Polverini (quindi senza sottoporsi al voto) grazie ai buoni auspici di Antonio Tajani, e in attesa che la governatora invece di continuare a minacciare e strillare e a sentirsi poco bene si dimetta davvero, come capiterebbe in qualunque Paese mediamente civile, mi verrebbe da dire questo.

Che potendo scegliere i-le nostri-e rappresentanti -e non potremo farlo, a quanto pare, in sprezzo a quello che è il principio cardine di quella che viene definita democrazia, dovremo mandare giù un’altra volta il boccone amaro delle liste bloccate, se ci piace è così, se no stiamocene pure a casa: e allora non democrazia per non democrazia teniamoci il professor Monti, almeno siamo certi che, oltre a parlare un inglese fluente e ad avere studiato non parteciperà a orge travestito da centurione romano- ecco, potendo scegliere i-le nostri-e rappresentanti io terrei ben presente un fatto: che i-le candidati-e mostrino, nella loro vita, di non tenere in particolare conto la ricchezza materiale, che ostentino anzi un certo sprezzo per l’eccesso di soldi e le inevitabili degenerazioni che ne conseguono. E non uno sprezzo dell’ultimo minuto, ma testimoniato da tutta la loro esistenza. Che abbiano sempre vissuto in modo sobrio, senza ostentazioni, senza coste Smeralde, party, frequentazioni imbarazzanti, Isole dei Famosi e tutta quanta la fuffa che ci è toccato subire come modello di successful way of life per una ventina d’anni. Che da questo circo siano stati sempre fuori, e che diano garanzia che per loro la politica è furente amor mundi, e non un modo per fare più proficuamente  affari o per entrare nei giri che contano o per rubare o per conquistarsi uno stipendio con relativi benefit e vitalizi.

E perfino questo non è una garanzia, perché tanti sono partiti così, nella sobrietà e nell’impegno, e sono finiti con le ville e le crociere e gli elicotteri, tipo il governatore della Lombardia. E’ molto facile perdere la testa, a quanto pare.

Ecco, potendo scegliere, e non potrò farlo, e allora non so se ce la farò a votare chi non mi permette di esercitare un mio fondamentale diritto, io terrei ben presente questo criterio.

economics, esperienze Settembre 18, 2012

La gioia del low cost

Forse oggi dovrei scrivere di Polverini, del suo discorso -che alcuni hanno definito addirittura “shakespeariano” – al consiglio regionale del Lazio. Il senso è: “La festa è finita” (e come gabbiamo la Santa? si saranno chiesti molti dei presenti). Ma dato che per la stragrande maggioranza di noi la festa è finita da un bel po’, ammesso e non concesso che sia mai cominciata, vi parlerò, amic*, della gioia del low cost.

Ho comprato un interessante librino, ieri sera, scritto da Bruna Gherner e Luca Giorcelli, già cogestori del blog Survive Milano: “Milano low cost- Guida anticrisi alla città più cara d’Italia” (Bur Rizzoli), me ne sono letta una buona metà stanotte, avidamente, come se fosse un romanzo, ho preso sonno al capitolo “trattorie”. Peccato, devo dire, che la sezione artigiani non sia così cospicua, devi chiamare l’idraulico e ti vengono i sudori freddi, la tiri in lungo facendo la doccia con l’innaffiatoio. Incoraggio i due autori ad approfondire la tematica.

La gioia del low cost non è solo andare a cena fuori senza sbancare, o scovare le arance a 0.50 al chilo. E’ anche e soprattutto la leggerezza di potere almeno in parte vivere a prescindere dalla mediazione ossessiva del denaro, ridurlo per quello che è possibile a una relativa insignificanza, sganciare la qualità della vita dalla quantità di reddito, non sentirsi stranieri nella città in cui si è nati e dove si lotta per poter restare, sospinti sempre più ai margini. E’ poter sperare che perseguire lo stile di vita calibrato sul potenziale di spesa del calciatore medio o del mafioso russo non sia più un sogno per nessuno. Che low cost diventi il contrario di low profile.

Così, invece di vomitare guardando la faccia e la panza di Franco Fiorito, stamattina penso alla bottega che vende vino bio sfuso a max 2.60 al litro, e mi rallegro.