Dunque, ieri mattina, poche ore dopo le dimissioni di Renata Polverini, Roma era tappezzata di questi manifesti.

Questo significa che dopo NON aver visto né udito né parlato per due anni, come le tre scimmiette, dopo aver evidentemente appreso solo dai giornali, come tutti noi, dell’immondezzaio che era la Regione Lazio, quando i buoi ormai erano ampiamente scappati dalla stalla, la signora presidente è diventata improvvisamente consapevole delle sue responsabilità politiche e morali: tenerla pulita, la stalla.

Trincerandosi dietro distinguo formali (l’autonomia del Consiglio regionale e la non-responsabilità della Giunta) ha continuato a dire che lei non poteva farci nulla. E non basta: mentre si constatava l’entità del danno morale e materiale prodotto ai cittadini, lei stava già pensando al suo proprio riciclo politico, commissionando a tempo di record questi incredibili manifesti, terrorizzata dalla possibilità di avere politicamente chiuso.

Senza dare alcun segno di pentimento, Polverini pensa solo a se stessa, e si rituffa nell’agone. Ha già cominciato la sua campagna elettorale, per quale ruolo non è ancora chiaro. Ha già investito migliaia di euro -né io né voi che leggete potremmo permettercelo- per tappezzare i muri della città che per due anni ha offeso con la sua presunta ignavia.

E’ così lontana dal senso delle cose, e dai drammi del Paese reale, da non rendersi conto che questi manifesti rappresentano solo un ulteriore gesto di sprezzo nei confronti del bene pubblico, vergognosamente abusato da Batman e Trimalcioni.

P.S.: una nota di speranza per chiudere. Se quest’ultimo scorcio di legislatura le ruberie raggiungeranno livelli inauditi, forse è anche perché i ladroni sanno bene che per loro sono gli ultimissimi giorni di Pompei. Rubare adesso o mai più. Perché presto per loro la festa sarà finita. E non saranno più fra gli invitati.

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