Perché sull’utero in affitto la sinistra tace, esprime obliquamente il suo favore o farfuglia imbarazzata? Essere di sinistra vuole dire vendere diritti e dirittini al mercato del qui e ora, avendo rinunciato a ogni prospettiva? E garantire il libero accesso al libero mercato della carne umana?
Premessa: non è che mi importi poi molto dei partiti. Mi importa delle nostre vite, ecco di che cosa mi importa. Mi importa dei nostri figli. Ma a quanto pare il nostro destino e quello dei nostri figli dipende almeno in parte da faccende come quella che ci ossessionerà nei prossimi giorni, quella della governabilità o ingovernabilità del Paese.
Se vi fate un giro sul questo blog vedrete che ho sempre dato la massima importanza al fenomeno 5 Stelle, invitando il Pd a farci molto seriamente i conti, e a ipotizzare un export a livello nazionale del modello Sicilia, giunta Crocetta e appoggio esterno dei grillini (vedi qui, e poi qui, qui)
Alcuni giorni fa ho postato su Facebook che quello di Grillo sarebbe stato il primo partito. Si sarebbe potuto comprendere anche in extremis, non limitandosi a guardare compulsivamente i sondaggi ma andando carne-e-ossa in una delle piazze dello Tsunami, perché il corpo capisce: dopo aver visto la straordinaria piazza dell’algida Torino, ho preso il metrò e sono andata in Piazza Duomo, e poi mi sono vista Piazza San Giovanni in streaming. E non ho avuto più dubbi: primo partito. Sono stata massacrata e pomodorata, per averlo detto. Anzitutto da militanti, iscritti e simpatizzanti del Pd, che quello che io e altri avevamo visto e sentito non intendevano in alcun modo vederlo e sentirlo.
Il Partito Democratico ha perso, e questi, in ordine sparso, sono stati i suoi più gravi errori:
1. zero rinnovamento, o quasi. Il patrimonio messo insieme con le primarie per la premiership dello scorso autunno, che avevano notevolmente ridimensionato il potenziale del Movimento 5 stelle, è stato sperperato: le primarie di Capodanno sono state riservate ai parlamentari uscenti e ai funzionari di partito. La cosiddetta “società civile” non è passata di lì: chi non era del partito sarebbe stato impallinato dal voto disciplinato e intruppato degli iscritti. Il listino del segretario ha fatto il resto: una marea di derogati, amici e parenti, figlie, mogli di incandidabili… Risultato: le stesse facce di sempre, gente che sta lì da 4-5-6 legislature, una serie di new entry dalla batteria di allevamento, un bel po’ di familismo amorale, più qualche raro innesto “civico” che non poteva certo fare la differenza
2. non aver cambiato la legge elettorale, in modo da continuare a garantirsi la comodità dei listini bloccati, dopo non aver fatto la legge sul conflitto d’interessi, madre di tutti gli errori. C’è stato un anno di tempo per cambiarla, non si è voluto farlo
3. non aver compreso la politicità del Movimento 5 Stelle, liquidato alternativamente e sprezzantemente come antipolitica, fascismo, dilettantismo, populismo, poujadismo, antisemitismo, antifemminismo, emanazione della massoneria, di Rotschild, di J.P. Morgan (giuro, sono girati perfino saggetti e documenti per darne ampia e articolata dimostrazione)
4. sempre per quanto riguarda i 5 Stelle, averlo stigmatizzato come movimento di protesta e non di proposta: le proposte dei 5 Stelle saranno anche opinabili, ma sono chiarissime, disponibili da tempo a tutti gli interessati, e rese lampanti e comprensibili a tutti nel corso dello Tsunami tour. In gran parte, è un fatto inequivocabile, queste proposte sono largamente ispirate ai temi agitati dalle piazze di Occupy Wall Street, di Zuccotti Park, di Plaza del Sol a Madrid e così via, e largamente riconducibili, dallo stop al consumo di territorio alla politica dei beni comuni, a un ambientalismo radicale (contro un Pd che in molte regioni, mi viene in mente per esempio la Liguria, è a pieno titolo il partito del cemento)
5. non aver compreso il tema forte e unificante della visione grillina: quello di comunità solidale. Una visione, un orizzonte a cui il centrosinistra non ha saputo contrapporne di propri, ugualmente chiari e unificanti
6. aver lasciato a Berlusconi il monopolio della questione fiscale, fattore di enorme sofferenza per il Paese, e non avre compreso che il berlusconismo era ancora vivo e vegeto
7. persistere in un atteggiamento di paura e insofferenza nei confronti del Nord, per l’ennesima volta territorio non capito, esorcizzato, tenuto ai margini dei propri programmi e delle proprie iniziative politiche
8. non aver parlato con chiarezza alla piccola e media impresa, scheletro del Paese, a cui Grillo ha riservato il massimo di attenzione
9. non essersi impegnati in modo netto, come invece ha fatto Ambrosoli, candidato presidente in Regione Lombardia, per una drastica riduzione dei costi della politica -taglio degli emolumenti, dimezzamento dei parlamentari, abolizione di province e altri enti inutili-: qualcosa è stato detto, sul tema si è cincischiato, ma tenendolo sempre in ombra. E molto a suo tempo non è stato fatto. Niente a confronto dei parlamentari regionali siculi di Grillo, che già destinano il 75 per cento dello stipendio a un fondo per il microcredito alla piccola e piccolissima impresa
10. aver snobbato la tv, che resta il medium principale nelle campagne elettorali, e continuare a non capire affatto la rete. E non comprendere che produce molti più effetti il video stra-condiviso di Rosy Bindi che caccia da un convegno un giornalista di “Report”, che mille video propagandistici d’autore, peraltro davvero bruttini. La comunicazione del Pd resta molto difettosa: la sensazione è che alla professionalità e al merito si continui a preferire la fedeltà alla causa
11. persistere in una sindrome di superiorità -il solo voto utile e intelligente è quello per noi, chi vota diversamente è un cretino- che eccita e fa levitare comprensibili sentimenti di rivalsa. Essere incapaci di ascoltare le critiche amiche, iscrivendo d’ufficio tra i nemici ogni portatore di dubbi
12. non aver rinnovato la classe dirigente del partito: il vicesegretario Enrico Letta, tanto per dire, è uno che continua a scambiare nemico secondario e nemico principale, forse perché ci ha lo zio, tra i nemici principali, il che gli confonde un po’ le idee. Dopo aver detto nei mesi scorsi: “meglio i voti al Pdl che quelli a Grillo”, dimostrando una certa propensione consociativista e inciuciara, ieri (ore 16) ha affermato che l’unica soluzione era tornare al voto, quindi (ore 22) che al momento quella di tornare al voto non gli pareva la soluzione giusta. Il lamento di Nanni Moretti (“con questi dirigenti non vinceremo mai”) gli si attaglia alla perfezione
13. non capire che al Pd la gente chiede semplicemente di essere un partito di sinistra, che ha a cuore anzitutto l’interesse dei lavoratori, e legare invece fatalmente la prospettiva di governare a un accordo con Monti, che ai lavoratori ha fatto parecchio male, tenendo buono Vendola (che invece, a quanto pare, ha capito). Come se non il Pd non avesse mai davvero creduto alla possibilità di farcela da solo
Potrei continuare, ad libitum (c’è la questioncina Mps, tanto per dirne una).
Serve a qualcosa piangere sul latte versato? Io dico di sì.
C’è da tracciare la rotta, nelle prossime ore. E mi permetto di indicare all’attenzione le poche parole di Grillo via web-radio: ne ha avute per tutti, certo, ma in particolare per Berlusconi, anche lui incredulo per la sua rimonta. Resto convinta che un dialogo tra Pd e Movimento 5 Stelle, modello Sicilia -l’ho scritto tante volte- possa essere una strada efficace. La sensazione -mi sbaglierò- è che anche per Grillo quel centrodestra resti il nemico principale.
P.S. Laura Puppato, capolista Pd al Senato in Veneto e già candidata alla premiership, potrebbe avere un ruolo decisivo in un eventuale dialogo con il Movimento 5 Stelle. Grillo la stima, da quando era sindaca civica di Montebelluna: l’aveva nominata “prima sindaca a 5 Stelle”. E poi questi eletti grillini dovrebbero essere in maggioranza elette. Il che dovrebbe facilitare il dialogo.
Un altro esponente del Pd, il neo-onorevole Pippo Civati, Mr Preferenze, ha molte chance di dialogo con i 5 Stelle, a cui ha sempre riservato rispetto e attento ascolto, e con i quali, soprattutto sui temi ambientali, ha sempre avuto molte convergenze. Coraggio!
Pierluigi Bersani ha ragione: altro che inferno come dice Nichi, meglio che i ricchi “stiano qua e paghino le tasse”. Più conveniente per tutti. In verità Nichi Vendola, con la sua retorica flamboyant, all’inferno, o per essere più precisi “al diavolo”, ieri a Uno mattina ci ha mandato Depardieu (vedi qui, intorno al minuto 11), neocittadino russo per ragioni fiscali, e con lui tutti quei super-ricchi che in quest’anno disgraziato sono diventati ancora più ricchi, secondo il Bloomberg Billionaire Index, e nel 2013 promettono di cumulare ulteriori profitti mentre il resto del mondo impoverisce e tira la carretta.
Insomma, è il 99 a 1 di Occupy Wall Street, niente di nuovo o sconvolgente. Ma in campagna elettorale cambiano i metri di giudizio, tutto viene soppesato con il bilancino, le frasi estrapolate ad arte e una battuta buonsensista che anche nelle migliori famiglie ci sta (quanti “vaffa” avrà cumulato Depardieu nella Comunità Europea?), che si richiama ortodossamente a quanto è scritto nei Libri, e cioè che il denaro è sterco del diavolo, diventa impronunciabile ed elettoralmente pericolosa.
Ma che i ricchi abbiano troppo e i poveri troppo poco, che la forbice sociale si sia allargata a dismisura e che questo sia un male assoluto che va contrastato con ogni intrapresa politica, che l’avarizia sia un peccato mortale è un pensiero trasversale che va da Sel ad Amartya Sen alla Lega, dal Dalai Lama agli impiegati di banca al prevosto di una parrocchia di campagna.
Pur sempre con la fiducia che gli ultimi saranno i primi. Ma forse meglio secondi e penultimi. E’ una questione di misura. Se devo mandare a scuola il bambino con la sua scorta di carta igienica perché la scuola non la garantisce più, non è difficile che mi irriti un po’ vedendo panzoni abbronzati evasori fiscali sui loro ferri da stiro di cinquanta metri che il primo dell’anno stappano in rada a Barbados.
Ed è già tanto che ci si limiti alle battute. Almeno quelle lasciatecele fare.
50/50 bocciato. Zullo: “Ecco perché ho chiesto il voto segreto”
Come sapete –vedi ultimo post- due giorni fa il Consiglio Regionale pugliese ha respinto con voto segreto la proposta di legge di iniziativa popolare, supportata da 30 mila firme di cittadine e cittadini, che chiedeva l’introduzione del 50/50 nella formazione delle liste elettorali (qui il resoconto completo).
La richiesta di voto segreto è partita dal consigliere di opposizione Antonino Zullo. Gli chiediamo di spiegarci com’è andata.
“In aula subivamo una forte pressione psicologica. Invece era giusto che ognuno votasse secondo coscienza”.
Addirittura una questione di coscienza?
“Quella proposta di legge era una truffa, e ora le spiego perché. C’è già una norma in vigore dal 2005 secondo la quale nelle liste elettorali nessun genere può essere rappresentato per più di 2/3”.
E questa norma viene rispettata?
“Tengo a dire che anche il presidente Nichi Vendola ha dovuto pagare le multe per entrambe le liste che lo sostenevano, sia Sel sia Puglia per Vendola, per aver candidato meno di 1/3 di donne”.
Poi però ne ha chiamate molte in giunta.
“Sì, ma esterne. 4 esterne, proprio perché aveva candidato poche donne. Se ci fossero state delle elette fra cui scegliere, il tutto ci costerebbe molto meno”.
Lei nella sua lista la norma l’ha rispettata?
“No, non l’ho rispettata”.
Quindi anche lei ha pagato la multa…
“Sì”.
Insomma, pagare la multa conviene.
“Eh sì, conviene… Ma guardi, il fatto vero è che donne da candidare non si trovano”.
Se vuole gliele trovo io… Ma torniamo al voto dell’altro giorno.
“Insomma, il presidente Vendola mi aveva invitato a ritirare la mia richiesta di voto segreto. Io ho detto: ok, io la ritiro, ma allora tu dimmi perché di donne ne hai candidate così poche. Lui non mi ha risposto, e io sono andato avanti”.
Anche la maggioranza vi ha dato una mano.
“Sì. Cinque o sei voti contro del centrosinistra”.
E’ vero che durante il dibattito si è detto che “la politica è una cosa da uomini”. E che una donna di Santa Maria di Leuca non potrebbe guidare da sola fino a Bari per venire in consiglio?
“Sì, è stato detto. Ma io disapprovo”.
Sinceramente: non si vergogna della situazione? In Puglia ci sono 2 consigliere donne e 70 uomini. Sa che il Rwanda ha il 53 per cento di elette?
“Ma se non votano le donne che cosa dobbiamo fare? Quello che serve è un lavoro culturale”.
Ma così aspettiamo un altro secolo.
“Sa che in Consiglio anche le donne erano contrarie a questa legge?”.
Le uniche due consigliere, intende?
“Non solo loro. Ci sono anche le dirigenti, eccetera. Tutte a dire che vogliono entrare per merito, non grazie alle quote”.
Ma chissà com’è, questo merito una donna non c’è l’ha mai. Tutte quelle ragazze che si laureano di più e meglio dei ragazzi. Eppure una meritevole non si trova.
“Senta, io sono anche presidente del consiglio comunale a Cassano delle Murge, e ho contribuito attivamente all’elezione di una donna sindaco. Senza quote”.
Quote consuetudinarie e non scritte riservano agli uomini quasi il 100 per cento dei posti. Ma il 50/50 non va bene.
“Guardi che per le donne andrebbe peggio che con la legge attuale. Che in teoria consentirebbe l’elezione di 2/3 di donne. Ben più della metà”.
Mi sta prendendo in giro?
“Ma no… Lo faremo, questo 50/50. Fra un po’ dovremo discutere della legge elettorale e vedrà che lo faremo passare”.
Pena la decadenza della lista, magari. Altrimenti continuerete a cavarvela con le multe…
“Il problema per me non è tanto il 50/50. Il problema è la doppia preferenza di genere. A quella resto contrario”.
E perché?
“Sarebbe un rischio grosso per la democrazia”.
Nientemeno!
“E’ sufficiente che 5 coppie facciano squadra e possono far saltare la maggioranza”.
Ma mica sono sposati!
“Mi creda, sarebbe un pericolo. Lei s’intende di politica?”.
Al suo buon cuore…
“No, non credo. Si fidi: sarebbe molto, molto pericoloso”.
Al di là del fatto che io vada a votare al ballottaggio e per chi, cosa del tutto insignificante, un paio di considerazioni all’inizio di questa settimana politica di fuoco:
1. troppa gente ha votato Renzi per punire Bersani, o Bersani per fermare Renzi. Vendola ha ragione: queste primarie, nonostante la sua presenza e quella di Tabacci, sono state intese come un congresso del Pd, con relativa resa dei conti. Non dovrebbe essere così. Queste primarie, con relativo ballottaggio, dovrebbero servire al centrisinistra per indicare la figura più adatta all’incarico di Presidente del Consiglio. Il Presidente di tutti, quindi, messo lì per il bene di un Paese che di bene ha tanto bisogno. Paradossalmente io potrei essere “renziana” ma ritenere Bersani più adatto a quell’incarico, e viceversa. Questo sarebbe un voto maturo e responsabile. Questa la logica, e non quella del redde rationem e dei mal di pancia interni. E invece anni e anni di rospi ingoiati sembrano avere la meglio, e la cosa è molto preoccupante. Gente di perfetto buon senso che si fa inebriare dall’odore del sangue.
2. sento perfino ragionamenti del tipo: “ok, non è difficile che vinca Bersani, ma non riuscirà a mettere in piedi una maggioranza, e se ci riuscirà sarà talmente risicata che il governo rischierà di cadere a ogni colpo di vento” (il tutto detto con notevole soddisfazione). Eh no, non ci siamo, amiche e amici. Non si può pensare di sacrificare il Paese a un congresso permanente e ad libitum. Il Pd, con tutto il rispetto, è ben poca cosa rispetto al bene comune (non è a questo, del resto, che le pèrimarie sono dedicate?) che richiede idee chiare, determinazione, senso di responsabilità e un governo affidabile e stabile. E’ questo l’obiettivo da perseguire. Lo dobbiamo ai nostri figli, per dirla un po’ melodrammaticamente (ma neanche troppo).
3. di “personale” lasciatemi dire solo questo: che sono contenta di aver sostenuto Laura Puppato. Perfettamente consapevole, com’è ovvio, di aver partecipato a una battaglia di minoranza che tuttavia, specie al Nord, qualche piacevole sorpresa l’ha riservata. La figura di questa donna, fino a un mese fa perfettamente sconosciuta fuori dal Veneto, è stata messa a fuoco in tempi rapidissimi e con una certa precisione, e i suoi temi condivisi, nonostante la forza spettacolare e centripeta del duello maschile. Diciamo che è un buon inizio, la sua partita comincia ora. Nella quale partita di interessante c’è anche questo, ben oltre le percentuali: Puppato è la sola in questa compagine a poter dialogare programmaticamente con il Movimento 5 stelle che, a quanto pare, potrebbe diventare il secondo partito del Paese. Grillo la stima, e la cosa non è politicamente irrilevante. Come con Crocetta in Sicilia, su Puppato potrebbe incardinarsi un dialogo a livello nazionale. Non dico che sarebbe bene o che sarebbe male, dico solo che sarebbe una possibilità.
Infine una piccola lamentazione, se posso: sono molto delusa da Se Non Ora Quando, e più in generale dall’atteggiamento di sordità di troppe donne di fronte a un’occasione com’è stata questa di Laura (e come potrebbe essere, nel centrodestra, una buona candidatura femminile). C’è ancora troppo da lavorare per arrivare a cambiare le cose, e io non so se ho ancora voglia di ammazzarmi.
P.S. Terrore. Ma se un giornalista del New York Times
mi chiedesse: com’è che Se Non Ora Quando ha appoggiato
Bersani, Vendola, forse un pochino pure Renzi,
e praticamente per nulla Laura Puppato,
io che gli rispondo?
Chi domenica voterà alle primarie del csx (ci si può preregistrare qui) lo sa:
c’è una forte pressione per il cosìddetto “voto utile”, concentrato sui duellanti Bersani e Renzi. Anche chi si riconosce maggiormente negli altri competitor, Puppato, Tabacci e Vendola, viene invitato a “non disperdere il voto” e a schierarsi di qua o di là.
Spiego perché questo supposto “buon senso” non mi convince affatto:
1. CENTRO E PERIFERIA Questo iper-realismo diminuisce la ricchezza del voto e ostacola il cambiamento, che arriva sempre dalla “periferia”.
2. VOTO “CONTRO” Una quota considerevole di consensi per l’uno o l’altro dei principali competitor è un voto “contro”: voto Renzi non perché mi convinca, ma per fare fuori Bersani; voto Bersani non perché lo considero il più adatto alla premiership, ma perché devo arginare Renzi. I conti interni al partito rischiano di prevalere, ma il senso vero delle primarie è la scelta del possibile premier. Votare contro, o secondo queste logiche, fa scivolare in secondo piano il bene del Paese, che dovrebbe invece rimanere la stella polare.
3. THE WINNER IS… Il vero vincitore del dibattitone su Sky -parere unanime- è stato il confortevole senso di squadra, l’idea di un team che tiene insieme le differenze in vista di un progetto unitario. Chi ha seguito in tv -io ero in studio- è andato a letto contento per avere visto non risse ma un costruttivo confronto di idee. Corrispettivamente, la vera vincitrice delle primarie deve essere la squadra. Ma quanto più il voto sarà polarizzato, tanto meno squadra avremo e tanto più “uomo solo al comando”, soluzione da sfuggire come la peste. L’offerta di “uomini soli” e di poche idee al comando dovrebbe bastarci e avanzare.
Il modo in cui ognuno di noi può contribuire al bene comune è portare autenticamente se stess*.Solo così il voto non è inutile.
Non è questo il tempo dei nasi turati.
p.s. Aggiungo un’altra considerazione, credo abbastanza “utile”. Parlando di governabilità, e osservando un Movimento 5 Stelle che tallona il Pd, potrebbe essere necessaria una o qualche figura del csx in grado di dialogare, almeno programmaticamente, con gli eletti di Grillo. Molto difficile che questa figura sia Bersani. Figuriamoci Renzi. Qualche possibilità, forse, per Vendola. Molte di più per Puppato.
In rete si discute parecchio della piega di Laura Puppato. Pare non fosse abbastanza pettinata, al dibattito Sky. Mi vengono in mente i capelli di Nilde Jotti, ricordate? Portati ostinatamente raccolti sulla nuca, con una scriminatura in mezzo. E Tina Anselmi, l’altro “faro” menzionato da Puppato, che forse si guardava nello specchio una volta l’anno.
Curzio Maltese, su “la Repubblica” di ieri, osservando che il format al Teatro della Luna sembrava un abito su misura per Matteo Renzi, (più tweet che risposte, slogan, telefonino sul leggio che riceveva sms), diceva che era “alto, giovane e bello”, lì, sulla platea di X Factor.
Negli ultimi due decenni la confusione tra politica e spettacolo è stata assoluta. Showmen e showgirl che diventavano parlamentari, deputati e presidenti del Consiglio tirati e inceronati. Questo è vero soprattutto per i più giovani, che in effetti non hanno mai visto altro.
La bellezza è una cosa seria, lo è sempre stata, anche per un condottiero. Se il comandante Che Guevara non fosse stato tanto fascinoso, non ci sarebbero ancora poster con la sua silhouette sui muri delle camerette di mezzo mondo. Perfino Gesù nelle immaginette è ritratto come un giovane di bellezza soave.
Ma che Pierluigi Bersani e Bruno Tabacci non si presentino in tv con la chierica pittata, o che Puppato non stia troppo lì a rimirarsi e non parli per slogan come una televenditrice sono difetti solo per i loro Avatar televisivi. Una certa noncuranza per la propria immagine oggi testimonia un cambio di linguaggio, una netta discontinuità con il dannato Truman Show in cui siamo stati costretti a vivere (ricordate? va tutto bene, i ristoranti sono pieni, mentre fuori dalla bolla infuriava la tempesta).
Stiamo cercando un premier, una persona capace e responsabile che ci porti fuori di qui, non un conduttore per “Vuoi essere milionario” (se la logica è questa, allora eleggiamo quel buon uomo di Gerry Scotti e non parliamone più). In questo senso lo stile di Renzi è dannatamente vecchio, il suo linguaggio non rompe con il berlusconismo.
Facciamolo capire soprattutto ai ragazzi: è solo colpa nostra, se fanno confusione.
Geniale iniziativa del Cicip&ciciap di Milano, storico locale delle donne
BUTTA “I FEMMINISTI”
NEL CASSONETTO DELLA DIFFERENZA
MANIFESTO PER L’ABOLIZIONE DI:
GAD LERNER, FABIO FAZIO, MICHELE SANTORO, DARIO FO, GIULIANO PISAPIA, NICHI VENDOLA, ADRIANO SOFRI, AUGUSTO BIANCHI RIZZI, ANTONIO D’ANDREA, MAURIZIO FERRERA, ECC.
PARTECIPA ANCHE TU! DICCI CHI VUOI ABOLIRE!
BASTA con i residui tossici del patriarcato:
Berlusconi, Fede, Toscani, Mora e compagnia cantante si stanno lentamente
–troppo lentamente…-
abolendo da soli.
Troppo comodo prendersela solo con loro. Neanche li consideriamo.
Ma ecco affacciarsi all’orizzonte il maschio postpatriarcale. PERICOLO!!!
Il vero rischio è il femminista “amico delle donne”.
Che va in piazza con loro e si mostra sempre più collaborativo.
Ha sgamato la spirita del tempo!
Non ha nessuna intenzione di ritirarsi in buon ordine e cerca disperatamente di salire sul tram.
Dispensa colonizzanti consigli, ti dice lui medesimo come dev’essere la vera donna,
che cosa deve dire-fare-pensare. E oltretutto non la imbrocca mai.
ATTENTE! Fermiamolo da piccolo e senza pietà.
Il femminista fa più danni del macho acclarato, e spesso è pure brutto da far paura!
Facciamogli capire senza indugio che il passo indietro tocca pure a lui!
Scegliete qui il vostro
“FEMMINISTA” da abolire, e fatecelo sapere!
Inviando una e-mail a
L’inizio delle “nominations” partirà oggi 16 marzo e si chiuderà il 16 aprile.
Al più votato verrà recapitata la SCOPA D’ORO (Argento al secondo e Bronzo al terzo classificato).
La consegna verrà filmata a sorpresa e proiettata in una grande serata finale
al Cicip & Ciciap di Milano. Vi comunicheremo successivamente la data.
Sarete voi a decidere a chi darla!
La preferenza è unica e il voto è segreto: non temete rappresaglie anche seil femminista smascherato è estremamente vendicativo…
Votate, votate,
votate e fate votare!
Partecipate numerosissime all’abolizione del femminista!
ECCO I CANDIDATI:
GAD LERNER
non lo ammetterà mai, ma all’Infedele ti invita più volentieri se sei un po’ gnocca,
per non rischiare di perdere quei dieci telespettatori (ovvero metà della sua audience media).
Tanto anche se ti invita non ti lascia parlare, perché vuole parlare solo lui,
e al massimo riesci a dire “Scusa, Gad…”.
Interviene spesso sul tema della dignità delle donne,
motivo in più per abolirlo.
FABIO FAZIO
E’ diventato campione della sinistra –nessuno sa bene il perché:
o forse è la sinistra che si è ridotta a essere l’audience di Fabio Fazio?
Non ha mai rinunciato alla valletta muta, però l’ha scelta scandinava perché adora la parità.
C’è voluta una sollevazione online perché invitasse anche qualche donna
tra gli italiani rappresentativi a “Che tempo che fa”.
Infido.
MICHELE SANTORO
I Santori preferiscono le bionde, e ogni tanto le fanno perfino parlare
(40 secondi netti cronometrati) fingendosi molto attenti a quello che dicono.
A differenza di Lerner, della dignità della donna Santoro parla poco. Vero uomo del Sud,
fatica perfino a essere paritario.
DARIO FO
Anche lui in manifestazione con le dignitose, anzi sul nobel palco
a dire l’ennesima sua – e chi gliel’ha chiesta – ma solo la Franca sa quante gliene ha fatte passare. Parliamo a ragion veduta:
molte sanno bene perché percome e perdove.
GIULIANO PISAPIA
Nel suo programma politico le donne stavano tra l’handicap e la famiglia.
In seguito alle molte proteste le ha spostate. Tra i bambini e gli animali.
Vecchio politico travestito da nuova società civile – molto datato – se potesse
parlerebbe di “questione femminile”.
Ma gli hanno detto che oggi non usa più. Allora parla di bilanci di genere,
anche se non ha ben capito che cosa sono.
E manco noi.
NICHI VENDOLA
Ha fatto la giunta 50/50, e per questo le femministe pugliesi dovrebbero adorarlo.
Le ha convinte a votarlo promettendo una Casa delle donne per ogni Provincia…
Morale, hanno perso anche quella di Lecce, ormai data per certa dalla precedente amministrazione.
Interpellatelo: non vi risponderà mai .
Grande misogino!
ADRIANO SOFRI
Immemore del fatto che le donne gli hanno già sfasciato l’organizzazione (Lotta Continua),
lui continua a mettere il naso nei fatti loro con il suo abituale piglio normativo.
A proposito della manifestazione del 13 febbraio ha scritto su “Repubblica”:
“Non avevo mai sentito pretesti così capziosi e vanesi per non aderire”.
Insomma, le differenze tra donne gli fanno saltare i relais.
Ma farsi i fatti propri, mai?
AUGUSTO BIANCHI RIZZI
Non lo conosce quasi nessuno.
A Milano organizza da anni patetici ma soprattutto esclusivi “giovedì” ad inviti.
Se sei donna meglio se elegantissima, intelligentissima, intellettualissima.
artistissima, professionalissima,…. sicuramente geishissima…
Ha scritto a tutte le sue “introdotte” raccomandando loro di andare in piazza.
E’ detto tutto.
ANTONIO D’ANDREA
Ha fondato nel 1985 il Movimento degli Uomini Casalinghi.
Non è servito a nulla. Ora ha passato le redini del Movimento a Fiorenzo Bresciani.
E gli uomini, neanche un plissé.
Forse qualcosa non sta funzionando.
MAURIZIO FERRERA
Ha scritto “Il fattore D” per spiegare che le donne sono una risorsa,
e che se ci lasciassero lavorare il Pil crescerebbe vertiginosamente.
Ma qualcuna per caso gli ha detto che abbiamo intenzione di essere una risorsa e di salvare il Pil?
Chiedere prima no?
LE RIPULITRICI
è solo l’inizio, tanti altri incombono, segnalateceli
Nichi Vendola a Repubblica:
“… Facciamo allora un coalizione di emergenza democratica, reclutiamo le migliore competenze giuridiche e occupiamoci delle cose fondamentali: legge elettorale, una buona norma sul conflitto d’interessi e sul sistema informativo. Poi, ognuno per la sua strada”.
Ha un nome per guidare questo governo?
“ Rosy Bindi. Una donna che rappresenta la reazione a uno dei punti più dolenti del regresso culturale, ricopre un ruolo istituzionale-chiave come quello di vicepresidente della Camera, ha il profilo giusto per guidare una rapida transizione verso la normalità”.
E vai. L’hanno capita! Ci avviciniamo all’obiettivo!
Bersani, Di Pietro, Vendola. E’ tutta una gara di leader politici per prendere parte alla manifestazione del 13 gennaio in difesa della dignità delle donne. Bene. Oggi essere un po’ femministi è anche trendy…
Ma forse c’è un modo più diretto per essere attivamente solidali: spalancare le porte dei loro partiti -e le liste, se non non vale- a donne di valore, magari mature, magari nemmeno gnocchissime, ed eventualmente perfino decise a fare e pensare di testa loro. Rimuovere ogni ostacolo alla femminilizzazione della politica. Magari qualcosina da farsi perdonare ce l’hanno pure loro…