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MERITOCRAZIA

italia Settembre 18, 2015

La vera riforma che non si fa mai

C’è una riforma che in questo Paese non si fa mai, alla faccia della fuga dei cervelli e tutte le belle balle che ci raccontiamo. E si tratta della riforma essenziale.

Troppo raramente questo Paese viene dato in mano a gente capace. Con poche e onorevoli eccezioni, la sterminata conventio dei mediocri generalmente raccomandati tiene saldamente le redini, dalle aziende alle istituzioni. Incapaci patentati della cui medietà o nullità tutti sanno, ma nessuno può permettersi di dire perché la si pagherebbe cara. Re nudi a cui si deve ubbidire anche quando è chiaro che non ne fanno una giusta, per di più incarogniti dall’intima consapevolezza della propria insipienza e incompetenza, e memori di dovere ai favori di qualcuno la propria prestigiosa posizione, perciò sempre terrorizzati di poter essere smascherati e di perdere tutto.

Questa riforma non ha bisogno di dibattiti parlamentari, ma deve passare attraverso le coscienze. Serve la piena consapevolezza del fatto che offrire a qualcuno incarichi dirigenziali per ragioni diverse dalle capacità e dal merito significa impoverire tutti. In particolare, in questi tempi grami, può voler dire mettere a rischio posti di lavoro.

La qualità non è opzionale! Si dovrebbe pertanto trovare la strada per arginare questa deriva, perché anzichè migliorare, come si dovrebbe, la cose vanno sempre peggio.

Al momento non mi è chiaro quale, ma so che è tremendamente importante.

Acqua alle corde!

economics, Politica, Senza categoria Agosto 1, 2013

Sentenza Berlusconi: l’attesa che non c’è

Se le tv  si eccitassero un po’ di più per quello che riguarda l’insieme dei loro palinsesti -in questa estate magra, con tanta gente in città, la televisione potrebbe offrire un servizio meno scadente di quello che offre- e un po’ di meno per la sentenza della Cassazione su Berlusconi, saprebbero anche rappresentare meglio l’umore del famoso Paese reale. Che della sentenza Berlusconi sostanzialmente se ne sbatte, all’insegna della diffusa e non del tutto infondata convinzione che “tanto non cambia nulla”.

In effetti potrebbe essere così: condannato o non condannato Berlusconi resterebbe il deus ex-machina che è, unico garante dell’esistenza di questo centrodestra che senza di lui evaporerebbe. Il vero problema politico ce l’ha il Pd, che al legno di questo “patibolo” potrebbe auto-crocifiggersi e perire. Ma cosa volete che importi di questo alla stragrande maggioranza del Paese, tutto preso ad arrabattarsi e a tentare di costruire qualcosa -eventualmente in nero- per non perdere il refolo della supposta “ripresina”, e non grazie alla politica, ma nonostante la politica?

Le troupe si eccitano davanti al Palazzaccio come di fronte al St Mary Hospital, in attesa del royal baby: un evento è pur sempre un evento. Stasera ci diranno in diretta. Ma quello che conta è che il governo del fare fa poco e fa male, e ben pochi si aspettano che faccia più di tanto.

Al prossimo giro politico, nel 2014 o nel 2015, sperando di disporre di una legge elettorale non antidemocratica, si dovrà fare in modo di mandare nelle istituzioni gente davvero valida e capace, e in spirito di servizio, altro che i miracolati delle Parlamentarie di Capodanno. L’esorcismo del merito resta il principale problema della nostra classe dirigente. Vale per la politica, ma non solo. Nella burocrazia (il decreto Letta sulle semplificazioni burocratiche consta di 93 commi articolati in sottocommi, punti e sottopunti) si annidano corruzione e familismo. La burocrazia è la vera nemica dei talenti, che nel nostro Paese, se Dio vuole, fioriscono spontanei come il sambuco. Nel piccolo, nel locale, il genio e le capacità hanno più chance.

Continuiamo a lottare e ad avere fiducia, radicati alla terra dei nostri contesti.

 

economics, Politica Giugno 20, 2013

Meritocrazia? Io non ne vedo

Pensavo stamattina che, crisi o non crisi, una delle principali ragioni per cui tante cose vanno male è che vengono condotte male.

Tutti noi abbiamo fatto esperienza di insegnanti incapaci di insegnare, dirigenti incapaci di dirigere, capi incapaci di capeggiare, rappresentanti incapaci di rappresentare. E, corrispettivamente di veri talenti in tutti i settori tenuti fuori dalle linee di decisione e di comando in quanto “incontrollabili” e perciò “inaffidabili”.

Ne ho parlato anche con Vandana Shiva, quando l’ho incontrata: possibile che i sapienti e gli illuminati che ci sono stati dati in dono siano buoni solo per scrivere livre de chevet o per animare dibattiti, e mai per decidere ciò che va deciso, mai per fare politica? Questo vale in particolar modo per il nostro Paese, patria del familismo e della raccomandazione. Ho sempre pensato che una quota fisiologica di raccomandati va messa nel conto, ma negli anni ho visto ingigantirsi questa quota fino a diventare maggioritaria e sempre più arrogante: i mediocri fanno blocco tra loro e sbarrano la strada ai più capaci.

Il termine “meritocrazia” è bruttino, ma da qualche tempo non si fa più nemmeno la fatica di pronunciarlo, nemmeno per fare un po’ di scena. Sembra che non si prenda più in considerazione l’ipotesi di affidarsi, per uscire dai guai, a chi avrebbe capacità e idee per tirarcene fuori. Anzi: nella penuria, la situazione si aggrava, e i non-capaci serrano le fila. Dice Roger Abravanel, autore del saggio “Meritocrazia” che “negli USA, patria della meritocrazia, le “recommendations” portano a riempire un posto di lavoro su due. Si tratta però di “raccomandazioni” molto diverse dalle nostre. Chi segnala qualcuno particolarmente bravo e adatto per un posto di lavoro lo fa con grande cautela, perché mette in gioco la propria stessa reputazione e risponderà moralmente della performance della persona segnalata; da noi, invece, si raccomandano con leggerezza persone che non si conoscono (dal punto di vista delle capacità professionali) per posti di lavoro che non si conoscono“.

Una delle ragioni per cui il merito viene osteggiato è l‘idea egualitaristica che pensa alla meritocrazia come a un’ingiusta aristocrazia, in cui solo i migliori avrebbero opportunità e tutti gli altri rimarrebbero indietro. E invece alla nostra non-meritocrazia corrisponde una delle società più ineguali dell’Occidente, con ridottissime chance di mobilità sociale. La valorizzazione del merito è una chance, non un ostacolo alla democrazia.

Parlo anche per il mio settore, l’editoria, in questo momento nell’occhio del ciclone. Tra le molte ragioni della crisi c’è anche l’abbassamento della qualità dei prodotti editoriali, e proprio il fatto che sono stati sempre più spesso trattati come semplici “prodotti”. La marcia va invertita. Si deve avere il minimo coraggio di affidare i giornali, i libri e i siti web a chi sa fare i giornali, i libri e i siti web.

Mi racconta un collega di aver dovuto spiegare a un superiore che quello che per lui era un refuso da correggere, era in realtà un semplice hashtag: la produzione web doveva rispondere a qualcuno che non disponeva nemmeno dei minimi.

Ovvio che così non si va da nessuna parte.

Raccontateci un po’ di storie, se ne avete.

p.s.: devo dire che a me le parole “merito” e “meritocrazia” non piacciono affatto. Preferisco “autorità” (rimando alla lettura dell’ultimo saggio di Luisa Muraro, intitolato per l’appunto “Autorità”). Ma usandolo ci metteremmo in un ginepraio simbolico, e quindi al momento faccio riferimento a quei due termini, più comunemente usati.

esperienze, TEMPI MODERNI, tv Dicembre 10, 2012

L’X Factor di X Factor

Hey, ma cosa fai, con i casini che abbiamo ti metti a parlare di X Factor? Be’, è proprio perché abbiamo questi casini, e una da qualche parte deve tirare fuori l’energia, e la musica è uno dei modi più perfetti in cui l’energia che noi tutti siamo si manifesta.

Mi sono goduta immensamente X Factor 2012, puntata dopo puntata. Grandissimo show, visivamente e musicalmente parlando. Ma l’X Factor di X Factor è questo, secondo me: poter scoprire il talento sorgivo nella sua nudità e nella sua forza intatta, osservare come può essere forgiato, valorizzato, perfezionato dall’esperienza dei maestri -lì li chiamano vocal coach-. Essere pressoché certi che, a differenza dallla gran parte delle gare canore, con i discografici che manovrano e pilotano, lì c’è poco da “raccomandare”: e allora ti senti come un loggionista del Regio o della Scala, non sei tenuto ad avere riguardo per nessuno, se uno è bravo è bravo, se non lo è non lo è e va a casa.

Essendo grandicella sono ben consapevole del fatto che qualche particella impura non manca mai: magari qualche raccomandatello/a c’è pure lì, qualcuno che spinge non manca di sicuro. Ma la quota è fisiologica, siamo nella media occidentale, non è quel 99 a 1 del nostro Paese familista amorale, dove la domanda non è “che cosa sai fare?”, ma “come nasci?” e “a chi appartieni?”. E vale per tutte, dico tutte le categorie.

X Factor mi piace soprattutto per questo -forse perché il format è americano, e lì gli amici degli amici non possono superare una certa soglia-. Mi piace perché è uno show anomalo, con uno spirito anomalo, la famosa “meritocrazia” (Dio che termine orribile per dire la volontà di Dio).  Perché passano i più bravi e i meno bravi cadono, puntata dopo puntata. Una ragazzotta di Saonara, che sembra un posto del Giappone e invece è in provincia di Padova –Chiara Galiazzo, una di quelle voci che nascono ogni cent’anni, che ha vinto senza discussioni, sta già sbancando le classifiche e se finirà in buone mani potrebbe diventare una stella internazionale, sentitela qui e qui-, un fiol di Marostica bello come il sole che faceva il caldaista e canta come l’Arcangelo Gabriele, pulito e sincero, e che nelle mani giuste potrebbe diventare un ottimo crooner (Davide Merlin, 20 anni).

E tra i 4 giudici, Morgan a viso scoperto, il contrario di tutte le ipocrisie, una strepitosa cultura musicale da mettere in comune, una tenera e pudica ma anche esigente vena paterna con i suoi “cuccioli”.

Insomma, un gran bello show. Che dice, come sempre l’arte quando è arte, da che parte si dovrebbe andare, e come dovrebbe diventare questo Paese disperato e pieno di talenti.

economics, Politica Febbraio 9, 2012

Cosa abbiamo fatto per meritarci questo?

Non so voi. Io sono sconcertata. In poche settimane dalle stalle alle stelle?

Piacevolmente sconcertata, ma incredula: allora era così facile? mi chiedo.

Magari facilissimo no, stiamo versando tutti lacrime e sangue a profusione.

Ma bastano per farci diventare la quasi-locomotiva d’Europa, dopo che ne siamo stati la zavorra, la minaccia, il buco nero?

Di che cosa è segno, questo investimento di fiducia Usa nei confronti del suo fido alleato europeo?

Che cosa significa dal punto di vista politico e monetario? Siamo il 51esimo degli States, dislocato in Europa?

Ecco i passaggi principali dell’intervista di Mario Monti a Time.

 

“In Italia è necessaria la meritocrazia”
«Spero di farlo, perché sono convinto che altrimenti le riforme strutturali sarebbero quantomeno effimere»: così Monti risposto al un giornalista del Time che gli chiedeva se il suo esecutivo intendesse modificare in qualche modo anche «la cultura e un certo modo di vivere e di lavorare degli italiani». Nell’intervista – realizzata la settimana scorsa – Monti ha osservato che «lo stile di vita dei politici» ha un impatto molto importante sugli italiani, a prescindere dal fatto che chi governa «sia perfetto o assolutamente innocente». Il presidente del Consiglio ha spiegato al giornalista americano che in Italia «tendiamo a proiettare tutto il male nella classe politica», quindi è dovere dell’attuale esecutivo «tentare di dare un senso di meritocrazia, competizione e di altre cose che riteniamo necessarie».

“Nonostante i problemi, l’Euro è una moneta stabile”
«L’euro è ancora una moneta stabile, nonostante la crisi dell’eurozona». Ne è convinto il premier, che si dice fiducioso sulle prospettive della moneta unica. In futuro, sostiene Monti, non solo non ci saranno uscite dall’euro di Paesi come Portogallo, Grecia o Irlanda, ma «la mia fiduciosa previsione è che (nell’eurozona, ndr) ci saranno 17 membri piu altri». Riguardo alle riforme da attuare a livello europeo per superare la crisi, Monti ritiene che «ora è il momento di mettere in atto un mercato comune più profondo e solido». Inoltre, all’Europa servono anche «politiche più orientate alla crescita».

“Nel parlamento italiano c’è un disarmo reciproco” 
«C’è stato un disarmo reciproco», dice il premier in riferimento alla situazione politica nella quale si è trovato ad assumere il suo incarico: «La maggioranza che ora in Parlamento sostiene il governo non è una maggioranza strutturata, non è una coalizione di partiti, è l’unione dei tre partiti maggiori, ciascuno dei quali parla con noi, ma non parla con gli altri, perchè vengono da un periodo ancora molto caldo di estrema belligeranza». Ciò nonostante, aggiunge Monti, «ora le cose stanno evolvendo».

“Sul debito pubblico i governi precedenti hanno agito contro l’interesse delle generazioni future”
«L’Italia ha accumulato un enorme debito pubblico, perch‚ i governi che si sono succeduti erano
troppo vicini alla vita dei comuni cittadini, troppo desiderosi di soddisfare le richieste di tutti e così hanno agito contro gli interessi delle generazioni future»

Politica, Senza categoria, tv Giugno 25, 2010

REVOLUTIONARY SKY

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L’altro giorno su Repubblica Michele Serra faceva notare come Sky Tg24, canale all news in stile americano “se provate a vederlo, come mi capita a volte di fare, in sequenza con il Tg1 delle 20 sembra controinformazione pura, un bollettino rivoluzionario, Radio Londra. Poiché Murdoch è considerato in tutto il mondo il classico editore conservatore, attento al prodotto ma molto refrattario a ogni forma di radicalità politica e culturale, se ne deduce che il suo telegiornale italiano ci appare “di opposizione” (non essendolo affatto) solo in rapporto al conformismo raggelante dei notiziari nazionali, che sono governativi (con pochissime e preziose eccezioni) fino all’ omissione e alla menzogna. Ci sembra dissonante e coraggioso, nella presente situazione, il solo fatto di dare le notizie”.

Sento anche dire -io il calcio non lo guardo- che, sempre a confronto con i canali sport di Sky, le trasmissioni Rai sui mondiali in Sudafrica sono molto scarse.

Forse non si tratta solo di conformismo politico. C’è anche il fatto che Sky non è un’azienda italiana, e quindi è verosimilmente gestita con altri criteri, non strettamente familisti: la quota di raccomandati, imbucati, aventi diritto, amanti, parenti ecc. non oltrepasserà certi limiti fisiologici. Per i bravi e i meritevoli, quindi, c’è molto più spazio.

TEMPI MODERNI Febbraio 9, 2010

RIFUGIATI ETICI

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Da qualche tempo andiamo riempiendoci la bocca con questa nuova fastidiosa retorica della meritocrazia. Con la crisi, si è detto, ci sarà finalmente spazio per i talenti veri. Ma crisi o non crisi, di cambiamenti in atto francamente non ne vedo. Mi pare che bravi e talentuosi debbano accontentarsi delle solite mezze posizioni, quando le cose vanno bene. Preferibilmente mettendosi al servizio di un incapace. Solo occasionalmente, per circostanze del tutto fortuite, ottengono la fiducia e l’investimento che meriterebbero. I mediocri si tengono per mano stretti in difensiva, le solite conventio ad excludendum contro chi è capace.

Una persona a me cara dice che questa cosa della meritocrazia è solo un mantra consolatorio. Il nostro resta il paese delle consorterie, delle famiglie, delle spintarelle, dei salotti, delle corsie preferenziali, delle fedeltà,  delle rendite di posizione. La nostra specialità è questa. Al merito e alla sua redditività non crede nessuno. Se si vuole altro per i ragazzi, bisogna spingerli a fuggire altrove, oltre confine, oltreoceano. Eventualmente con lo status di rifugiati etici.

AMARE GLI ALTRI, Politica Luglio 28, 2009

ENTRARE NEL MERITO

La fine dei finanziamenti a pioggia delle università è un’ottima cosa. Non si può pretendere che i ragazzi diano il loro meglio a scuola e che i meritevoli siano premiati se gli stessi criteri non vengono applicati anche fra gli insegnanti. Ricordo al Liceo Parini di Milano una professora assenteista e inetta, e il preside che allargava le braccia: non ci si poteva fare nulla, quel posto era garantito a vita.

Il criterio del merito non può essere assoluto, e va temperato con principi solidaristici. La scuola non può essere solo agonistica, dev’essere anche un luogo di socializzazione, in cui si sperimenta la gratuità del sapere. Ma i meritevoli non possono più essere penalizzati.

E’ lecito domandarsi per quale ragione la sinistra abbia sempre difeso la scuola degli inetti e la pubblica amministrazione dei burocrati e degli assenteisti. Perché su questo fronte abbia predicato tanto bene e razzolato malissimo. E’ lecito rispondersi: perché quelli sono preziosi bacini elettorali. E’ lecito immalinconirsi, per questo.