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ambiente, lavoro, Politica Maggio 19, 2015

Un’altra Italia: ecco la vera partita che si gioca in Liguria

Tanti parlano e scrivono di Liguria in questi giorni. Direi in extremis. In questo blog trovate più di 20 post sull’argomento. Il primo è del 2008.

Ne ho scritto molto perché il caso ligure è paradigmatico, e da tempo. Un laboratorio, come si dice. In troppi se ne accorgono solo ora.

Il fatto è che la Liguria è un’Italia in piccolo: territorio fragile e bellissimo, una dorsale montuosa a picco nel mare, devastato da decenni di malapolitica. Lì le larghe intese ci sono da tanto e si chiamano Partito Trasversale del Cemento per Fare Palanche (in pochi ai danni di tutti). La Liguria è Nord ma è anche Sud: per i numeri sconfortanti dell’occupazione, per la fatica dello sviluppo, per la forza del ricatto politico e del voto di scambio, per gli affari consistenti di ‘ndrine e cosche, per i reati ambientali e gli ecomostri, per la drammaticità dei mutamenti climatici.

In Liguria si vede bene un modello a fine corsa.

Il 31 maggio la Liguria andrà al voto regionale e i commenti di questi giorni si esercitano sul cosiddetto voto utile, sul potenziale di una nuova formazione politica -quella per Luca Pastorino presidente- “a sinistra del Pd”. Sul rischio che a causa di questa formazione “rossissima” o meglio “rosso-rosa-verde” la regione “rossa” non sia più rossa (se è per questo non lo è da un sacco di tempo) e si consegni al centrodestra di Giovanni Toti. Sul rischio di dover passare dal monocolore (grigio cemento) a larghe intese di nome e non solo di fatto: quelle sono al governo da tanti anni, un “partito della regione” che ha procurato gravissimi danni. Sulle varie possibili future geometrie politiche.

Direi che la questione è un’altra, e molto più significativa per la Liguria e per tutti. Si tratta precisamente di quel “cambio di paradigma” di cui si parla da un bel po’. Detto alla buona, si tratta di questo: di sperimentare la possibilità di vivere con il proprio territorio, e non contro il territorio. Di cura e valorizzazione di bellezza e risorse ambientali -langerianamente, di portare la carità (I care) nella politica- per farne occasione di lavoro e di sviluppo. Di fare un passetto indietro, tornando a prima della rapallizzazione, della glassatura della riviera, dei porti e porticcioli, dell’abbandono, del disboscamento, della distruzione dei muretti a secco, esoscheletro che “teneva su” le montagne, per poter finalmente andare avanti. Di conservare quanto serve per progredire. Di ri-radicarsi. Di sposare le nuove tecnologie pulite alla sapienza di un amore antico.

E se riuscisse in Liguria, potrebbe riuscire dappertutto.

Ecco l’importanza della sfida ligure.

 

Politica Maggio 13, 2015

Candidare gli impresentabili = far fuori i presentabili

 

Vincenzo De Leo, Fronte Nazionale: candidato in “Campania in rete” a sostegno del Pd Vincenzo De Luca

Amiche e amici, io non capisco. Se io mi volessi candidare -ma vale per chiunque di voi- alle elezioni politiche, o regionali, o amministrative, la cosa non sarebbe affatto facile. Non sono una perfetta sconosciuta, la mia fedina penale è immacolata, mi sono sempre guadagnata la vita da sola, studiando e lavorando sodo, senza favoritismi, raccomandazioni, parentele, compromessi o letti (passaggio sempre favorente).

Da sempre mi anima una furente passione per il mondo. In assoluto spirito di servizio -andare a Roma non mi interessava affatto- mi sono pure candidata, anzi mi hanno candidato a forza da ragazzina in ordine alfabetico nelle Liste Verdi di Alex Langer. E pur non essendomi sognata di fare la minima campagna elettorale, ho preso un bel po’ di voti e ho rischiato l’elezione: la mia vita sarebbe stata diversa, quasi certamente peggiore di quella che ho avuto. Eppure se oggi volessi candidarmi in una qualunque competizione elettorale, ripeto: non sarebbe facile per nulla.

Non sono una signora o signorina delle tessere, non sono presenzialista, sono antimondana, vivo in periferia, non svolazzo come una farfalla impazzita da un presidio a una manifestazione a un’inaugurazione a un convegno, credo pochissimo al professionismo e al carrierismo politico. Penso che in politica servano abnegazione, fatica, bassi emolumenti, buone idee, voglia di studiare e lavorare, non bollini di presenza tipo punti Fragola. Sono un’outsider, oggetto di regolare conventio ad excludendum da parte di ogni lobby di insider. In più sono una donna, e non di quelle che si possano cooptare, ubbidisco solo alla mia coscienza e di sicuro non ho un carattere facile, come spesso chi nella sua vita ha dovuto lottare parecchio. Insomma, una vera rompicoglioni. Non sarei male, come candidata, eppure -a parte Langer: ma quello era proprio un altro mondo- nessuno ha mai pensato di propormelo.

La lunga premessa per dire che entrare in una lista elettorale non è cosa semplice, per me come per tutti, e in particolare per tutte. Ora, io vorrei sapere come mai invece la cosa è piuttosto semplice per un gran numero di indagati, pregiudicati, trasformisti, traditori, voltagabbana, fascisti, raccomandati, parenti, amici dei camorristi o eventualmente camorristi in proprio (oltre a incapaci, mediocri, ambiziosetti, frequentatrici di letti e così via). In particolare mi riferisco a quelli ( e anche a qualche quella) che stanno in liste a sostegno di candidati governatori Pd in molte regioni che il 31 maggio andranno al voto. Per esempio Campania, Puglia, ma pure Liguria, e perfino Toscana e Veneto, dove furoreggia un ex-leghista anti-culattoni.

Ora, amiche e amici, molte e molti di voi riterranno la mia domanda retorica o ingenua: ma io dico che il giorno in cui farsi questa domanda non sarà più possibile, ebbene, quel giorno ogni speranza sarà perduta.

Rispondendo indirettamente a Roberto Saviano, pur senza mai nominarlo, il premier Matteo Renzi è stato costretto ad ammettere che certi nomi non li voterebbe nemmeno lui. Toppa peggio del buco, perché essendo il premier uomo a cui non sfugge nulla, con una evidente passione per le candidature bloccate (ergo, decido io e solo io chi va dove e a fare che cosa: “L’Italicum” scrive oggi Aldo Cazzullo sul Corriere “garantisce la governabilità, non la rappresentanza“), è davvero strano che non si sia accorto per tempo di quello che stava capitando, o quanto meno che qualcuno non l’abbia avvisato per tempo (chi? e chiunque sia, sarà chiamato a risponderne?) La sensazione piuttosto è che l’abbia lasciato capitare, democristianicissimo turamento di naso con supercazzola -presentiamo pure gli impresentabili- sperando che solo pochi se ne accorgessero, perché quei voti puzzeranno anche ma in certi territori non c’è altro modo per aggiudicarsi il consenso e vincere. Il fatto è che per disgrazia se n’è accorto Roberto Saviano, che a quanto pare va bene come ospite dell’antimafia retorica inutile à la Fazio, ma va molto meno bene quando mette i piedi nel piatto in cui ci si accinge a mangiare (voglio vedere se Fazio lo invita a parlarne).

Una volta si andava alle urne con il santino del candidato da votare. Oggi tocca andarci con la lenzuolata di quelli da NON votare.

Politica Maggio 7, 2015

Pippo’s Project

Il travaglio di Pippo Civati è stato lungo, doloroso e sbeffeggiato. Non si molla da un giorno all’altro qualcosa che è stata la tua vita. Ora il travaglio si è concluso, e a sentirsi poco bene sono tanti altri, in un partito, il Pd, che in forza della governabilità –nessun dubbio sul fatto che il Paese debba essere governato-, ha ridefinito un passo dopo l’altro i suoi fondamentali in direzione di un blairismo all’italiana. Si tratterà di capire se e quanto si sono ridefiniti anche i suoi elettori: la grande manifestazione dei prof contro la “buona scuola” (slogan: “Renzi + Giannini peggio di Gelmini”), qualche dubbio lo autorizza. Perfino nel premier che, forse per la prima volta, si allarma di fronte al rischio di emorragia di consensi e si vede costretto a un parziale marcia indietro.

Primo banco di prova per Civati, fra 3 settimane, le regionali liguri: un successo del progetto Rete a Sinistra per Pastorino presidente potrebbe delineare il perimetro e il potenziale di una Podemos italiana. I temi ci sono già tutti: ambiente –la situazione in Liguria è drammatica, dopo anni e anni di partito trasversale del cemento, e non è ancora finita-, e poi lavoro e diritti. Temi liguri e nazionali, inestricabili l’uno dagli altri.

Il rischio zero-virgola per un nuovo progetto politico è direttamente proporzionale agli Ingroia e ad altri personaggi già prontissimi a scendere dal carro perdente per farne perdere un altro. Eterno riciclo degli uguali.

In Italia il posto di Podemos è già abbondantemente occupato dai 5 Stelle, al netto delle relazioni pericolose con Farage. Poi c’è il civismo “risorgimentale” milanese, senz’altro il più interessante tra i nuovi prodotti politici (come sempre, del tutto incompreso a Roma), con l’aspirazione del sindaco uscente (o rientrante) Pisapia a farne un prodotto politico nazionale. Se la Liguria sarà il primo banco di prova, Milano dovrebbe essere il secondo.

La scena mi pare questa.

L’ho già detto, ridico come la penso: come l’Angelus Novus di Walter Benjamin, si tratterebbe di abbandonare le rovine, anche le proprie, un’idea pavloviana di sinistra con le sue parole d’ordine inutilizzabili, i suoi rituali consumati, le sue logiche inservibili, la volgarità dei suoi laicismi, le sue barbe e le sue maschere. Di mettere al centro la “natura” sacrificata, il femminile del mondo, la mitezza, la pace e la cura di tutto ciò che è piccolo e dipende da noi, e di garantire a ciascuno ciò di cui ha bisogno per una buona vita, che è molto più dell’uguaglianza.

ambiente, lavoro, Politica Gennaio 23, 2015

#Liguriachevorrei: una battaglia per tutto il Paese

Stretti tra monti aspri e un mare aperto e minaccioso, i liguri hanno scorza e tempra. Gente non facile da conquistare. Sempre pragmaticamente pronti a fare affari, anche trattando con i politici: ma con Genova che annega ogni autunno, i terrazzamenti che franano in mare, quel paio di piane minacciate da speculazioni colossali, ormai si è capito che le palanche vanno in tasca solo a pochi a danno di tutti. Non ci credono più. Gattopardescamente, il Partito trasversale del Cemento cambia le facce ma non gli intenti: sfruttare, speculare, continuare a distruggere quel territorio fragile e spettacolare.

Detto da una “foresta” innamorata ligure d’adozione: quello che sta capitando in Liguria è paradigmatico per tanti motivi. Quella terra si presta bene a rappresentare l’intero territorio italiano, con la sua bellezza devastata e costantemente sotto scacco, e per le grandi potenzialità, tutte da esplorare, di una decisa svolta ambientale, con importanti ricadute economiche e occupazionali; l’altra ragione è che con il suo Partito traversale del Cemento, la Liguria è stata pioniera del partito-nazione orientato al business, ma oggi può diventare il laboratorio di una decisa inversione di rotta, in cui le soluzioni politiche nascono dai cittadini che si auto-organizzano localmente per difendere i beni comuni.

Al netto delle irregolarità verificate nelle primarie per l’individuazione del candidato presidente del centrosinistra, la rivolta di sinistra in corso contro la candidatura di Raffaella Paita, vincitrice contro Sergio Cofferati, può diventare un catalizzatore del cambiamento politico. Sostenuta anche da parte del centrodestra, che al momento non ha ancora individuato il suo candidato presidente, Paita si presenta quasi come candidata unica “nazarena” con ottime chance di vittoria. Risultato contendibile solo a un patto: che un’eventuale lista alternativa sappia opporre un programma fortemente centrato su ambiente-lavoro-diritti, e declinato minuziosamente in chiave locale: i problemi delle comunità della valle del Magra non sono gli stessi di quelle della Piana di Albenga, di Genova o del Savonese.

L’altra cosa importante è che, langerianamente, si insista più sui temi, sui problemi e sulle soluzioni che sulla coloritura di sinistra. E che la nuova iniziativa politica non diventi occasione di riciclo di personalità che cercano un modo per tornare in pista, il che darebbe un’idea di “ritorno al passato” elettoralmente poco premiante.

I nomi, dicono i promotori di #Liguriachevorrei, verranno dopo. Ma è importante che il candidato presidente –oltre a essere ligure: i “foresti” avrebbero poche chance- possa opporre a Raffaella Paita, donna tutta di apparato, una convincente storia civica, e una capacità di visione strategica per la Liguria. Un nome che circola, quello di Ferruccio Sansa, giornalista del Fatto Quotidiano, figlio di un magistrato che fu anche sindaco di Genova e autore con Marco Preve del bel saggio “Il partito del cemento” (Chiarelettere), sembra rispondere a queste caratteristiche. Oltre a piacere molto al Movimento 5 Stelle e a Beppe Grillo: e in Liguria non è cosa da poco.

#SaveLigury

Aggiornamento 5 febbraio: un altro bellissimo nome che circola è quello di Anna Canepa.

Ligure, magistrato, attualmente sostituto procuratore presso la Direzione Nazionale Antimafia a Roma. Ha conseguito la laurea in giurisprudenza presso l’università di Genova, dal 1989 svolge le funzioni di Sostituto Procuratore della Repubblica, dapprima in Sicilia, quindi a Genova, occupandosi di reati di criminalità organizzata presso la Direzione Distrettuale antimafia e successivamente poi al Dipartimento Criminalità Organizzata e Terrorismo. Nel 2008 è ritornata in Sicilia, applicata volontariamente alla Procura della Repubblica di Gela. Già vicepresidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, attualmente Segretario Generale di Magistratura Democratica.

aggiornamento 14 maggio: io ve l’avevo detto per tempo

ambiente, economics, italia, Politica Novembre 11, 2014

Con l’acqua alla gola: i “veri uomini” non si occupano di ambiente

Chiavari stanotte

Penso con angoscia all’amica parrucchiera di Ameglia, e al ferramenta, e a tutti i cittadini della foce del Magra a cui è stato detto di salire ai piani alti delle case perché l’onda di piena è attesa a ore: l’ultima volta si portò via il ponte che collega alla Versilia. Guardo le immagini notturne di Chiavari sott’acqua, due dispersi nell’entroterra, la loro casa è stata travolta da una frana. Penso a tutta la Liguria che si sgretola, diamo l’allarme da anni ma il partito del cemento non si arrende, il famoso progetto Marinella (un megaporto turistico da 1000 posti barca, ecomostro escavato nell’estuario del fiume, progetto “rosso”, protagonista Monte dei Paschi) non è ancora stato ritirato. Penso alla rabbia dei carrarini, gente di carattere che non si lascia mettere sotto i piedi. Penso al decreto Sblocca Italia, che garantisce la continuità di queste logiche di “sviluppo” distruttivo, mangi oggi e domani crepi.

Penso al ministro dell’Ambiente (qualcuno ricorda il suo nome?): il dottor Gianluca Galletti, già commercialista, zero competenze in materia, comme il faut. Ministero di nessun conto, buono giusto per le spartizioni cencelliche, come tutte le istituzioni ambientali in questo Paese, che invece dovrebbero stare al centro delle nostre politiche. Penso alla resistente incultura, continuare “virilmente” a considerare marginali le questioni ambientali, quando l’ONU dà l’allarme definitivo, ultima chiamata sui gas serra e sui mutamenti climatici: il profetico rapporto del club di Roma, “I limiti dello sviluppo”, è del 1972.

Guardo con orrore il mio rosmarino fiorito, le zagare sul terrazzo a metà novembre, il basilico che non smette di “buttare” sotto una pioggia battente alla “Blade Runner”. Vedo i negozi di Milano con le porte spalancate per favorire lo shopping nonostante i divieti, riscaldamenti a palla, assurda dispersione di calore mentre siamo sotto il monsone permanente, sudi con maglietta e impermeabilino, le calze danno fastidio, di notte ci sono 13 gradi.

Vedo le prime pagine sul patto del Nazareno, e pure le seconde, le terze e le quarte. E il mantra della “crescita” con cui continuiamo a ipnotizzarci. Ma sai anche che se provassi ancora una volta ad andare off topic, se invitassi a distrarre lo sguardo dal prossimo incontro tra Renzi e Berlusconi, dalle insofferenze di Raffaele Fitto, dalle manovre per il Quirinale, per richiamare alla necessità di una rivoluzione non più rinviabile -“rivoluzione sostenibile”, la chiamò il club di Roma: fine dello sviluppismo*, ambiente al centro, nuovi paradigmi-, ti guarderebbero ancora una volta come una noiosa rimbambita.

Cassandra continua a sgolarsi, ma non la ascolta nessuno.

* Secondo il rapporto “I limiti dello sviluppo” (1972) è possibile modificare i tassi di sviluppo e giungere ad una condizione di stabilità ecologica ed economica, sostenibile anche nel lontano futuro. Lo stato di equilibrio globale dovrebbe essere progettato in modo che le necessità di ciascuna persona sulla terra siano soddisfatte, e ciascuno abbia uguali opportunità di realizzare il proprio potenziale umano.

ambiente, economics, Politica Novembre 20, 2013

Bombe d’acqua e montagne di soldi

 

Non leggo mai la cronaca delle catastrofi: ho abbastanza immaginazione per visualizzare la paura, lo strazio, la valanga del dolore umano. Preferisco, in casi come la Sardegna, Genova, le Cinque Terre, la cronaca politica: capire, cioè, se vi siano responsabilità umane, riconducibili unicamente al profitto, in quello che è accaduto, in modo da evitare che accada ancora.

E accadrà ancora. Non si risana in pochi mesi un dissesto idrogeologico procurato in anni e anni di incuria e di speculazioni cementizie. Insieme al cambiamento climatico che ci ha regalato questa bella novità delle bombe d’acqua autunnali e sul quale a questo punto possiamo fare ben poco, la concausa delle catastrofi sono i soldi: disboscare per fare soldi, privando la terra del suo scheletro naturale e rendendola friabile; riservare il denaro pubblico a vistose grandi opere per guadagnare consenso, e quindi soldi, anziché investirlo nella cura umile e indispensabile del territorio, che non si vede e quindi non porta voti e soldi; glassare la terra di cemento, che è impermeabile e agevola lo scorrimento delle bombe d’acqua: speculazioni edilizie, sempre per fare soldi; concedere la possibilità di costruire sempre più vicino agli argini dei fiumi, per rendere quei terreni edificabili e quindi aumentarne il valore commerciale e fare soldi.

Si potrebbe continuare all’infinito, parlando di coste snaturate da porti e porticcioli, e declinando le modalità delle catastrofi annunciate sulla specificità dei territori. Ma la chiave resta quella: fare soldi, occupazione principale della politica di destra e di sinistra negli ultimi decenni.

Il collega Ferruccio Sansa, che è ligure e conosce in particolare il disastro di quella splendida e delicatissima regione dove le montagne si tuffano in mare, e a cui solo il paziente lavoro dei contadini, con i terrazzamenti e i muretti a secco, ha dato la forza di non rovinare in acqua, su “Il Fatto” di oggi parla di “3500 morti in 50 anni. Senza contare i costi: l’alluvione di Genova 2011 ha provocato oltre un miliardo di danni. Mettere in sicurezza il territorio sarebbe costato un quinto. Invece si punta sulle grandi opere: con i 10 miliardi della Mestre-Orte (destra-sinistra-Napolitano) si risanerebbero intere regioni“. 

Faccio un esempio specifico di cui mi sono occupata da vicino: quello della splendida piana di Marinella di Sarzana, ai confini tra Liguria e Toscana -una delle due sole piane della Liguria: l’altra è al capo opposto, ad Albenga-. Località già devastata negli ultimi anni dalle piene anomale del fiume Magra: bombe d’acqua, anche qui, agli estremi della Lunigiana ferita a morte, che sono riuscite addirittura a spezzare in due un ponte, ricostruito soltanto la scorsa estate. Un incredibile masterplan nel 2007 pianificava l’edificazione di un ecomostro senza precedenti: due megadarsene per oltre mille posti barca -molto redditizi- escavate nella piana, core business circondato da un luna park di alberghi, ville, villette, centri commerciali, maxi parcheggi, strutture sportive, addirittura una metropolitana leggera per raggiungere le spiagge, e via devastando (vedere qui). Il problemino da niente, che non ha mai trovato soluzione e ha stoppato l’opera faraonica, è la cosiddetta “risalita del cuneo salino”: in poche parole il rischio che il mare, invadendo le megadarsene, andasse a inquinare le falde acquifere da cui si abbeverano Massa e La Spezia, assetando due intere province.

Ora l’impresa prometeica si è rimessa in moto: firmato un protocollo d’intesa per una ripartenza a razzo tra comuni, Regione Liguria, e Marinella S.p.a., proprietaria del 66 per cento delle aree e composta da Monte dei Paschi e da una serie di coop (tutta roba “rossa” e Pd).

Gli ambientalisti della zona sono in stato di allerta permanente nell’attesa di conoscere i dettagli del progetto -“Marinella come Miami, recitava uno strillo locale- che prende le mosse da quel pazzesco masteplan, e che dovrebbero essere resi noti a dicembre. Intanto propongono in una lettera aperta una valorizzazione del territorio ispirata a criteri di salvaguardia ambientale, paesaggistica e slow.

Stiamo a vedere come va.

Politica Ottobre 28, 2011

Liguria: le responsabilità della politica (rossa)

bocca di magra, il ponte della colombiera crollato

Il 6 luglio scorso, in un post intitolato “Un presidente competente“, parlavo nomina del presidente dell’ente Parco Montemarcello Magra, uno degli epicentri della catastrofe ligure, da lungo tempo soggetto a smottamenti e frane. Terrorizzati dalla prospettiva della solita nomina politica, gli eroici ambientalisti della zona indicavano come il nome del professor Piero Donati, nato e cresciuto in quei luoghi, storico dell’arte ed ex funzionario della Sovrintendenza ai Beni Storico Artistici della Liguria di Levante, da sempre in prima fila nella difesa e nella valorizzazione di questo territorio bellissimo e difficile, benché non in quota ad alcun partito.

Facevano bene a preoccuparsi: come al solito, il nome uscito dalla concertazione tra i politici locali è stato quello di Francesco Pisani, secondo le associazioni ambientaliste “una delle scelte più sbagliate che si potessero operare… nel suo iter Amministrativo come Sindaco di Ameglia prima, e poi come Presidente di Ameglia Servizi, e tuttora come Assessore all’Urbanistica dello stesso Comune, ha dato prova di essere soggetto dalla scarsissima sensibilità ambientale”. Ma evidentemente a Pisani andava trovata una collocazione. Chi campa di politica pretende di continuare a camparci ad libitum.

Regione, provincia e buona parte dei comuni dello spezzino sono governati da giunte rosse. In particolare da un Pd dall’identità cementizia e speculatrice, che in quel meraviglioso territorio oggi devastato progetta di costruire una megadarsena artificiale da mille posti barca circondata da migliaia di metri cubi di villette a schiera, alberghi e via dicendo, uno degli ecomostri più ecomostri che si possano immaginare (progetto Marinella: vedi http://blog.leiweb.it/marinaterragni/2009/07/18/la-rivoluzione-del-buon-senso/). Così il fiume Magra avrà più barche da trascinare alla deriva, alla prossima piena. Sono anni che strilllo, e non smetterò di strillare.

La nomina dei presidenti dei Parchi tocca al Governatore Claudio Burlando. La terribile lezione di questi giorni porti consiglio. In quei posti ci vuole gente competente e innamorata dell’ambiente, esperta di dissesto idrogeologico, malattia gravissima del nostro territorio, e capace di individuare soluzioni efficaci in una situazione in cui le risorse pubbliche scarseggiano.

Chi pretende di vivere di (cattiva) politica potrebbe anche considerare l’ipotesi di andare a lavorare, come facciamo tutti. E il Pd ligure farebbe bene a intraprendere una seria riflessione.

 

 


Politica, TEMPI MODERNI Dicembre 7, 2009

E ORA TOCCA ALLA PALMARIA

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Mi informano del fatto che sulla Palmaria, piccola isola che fronteggia Portovenere (La Spezia), patrimonio Unesco, dopo l’abbattimento dello scheletrone di cemento armato che la deturpava da anni, le ruspe hanno allargato a 4 metri, rendendolo carrozzabile, un bel sentierino costiero (vedi foto) ed è prevista la costruzione di un lungomare, di una passeggiata e la creazione di scogliere artificiali. L’isola che finora si è salvata rischia dunque la cementificazione.

Sul sito isolapalmaria.blogspot.com troverete i link per la petizione on line per sostenere le ragioni della salvaguardia. Considerato che la raccolta di firme contro il residence allo spiaggione di Corniglia ha avuto successo, passate parola. Ah, dimenticavo: la giunta di Portovenere è di centro sinistra.

economics, Politica Ottobre 21, 2009

QUESTIONI PRIMARIE

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Come avrete visto, da primi che eravamo tra le mete del turismo internazionale siamo precipitati al quinto posto (dopo Francia, Gran Bretagna, Usa e Spagna): strutture inadeguate, scarso coordinamento nel settore, e così via. Per un paese come il nostro, luogo del “viaggio” per eccellenza, è una vera rovina. Anche difendere la grande risorsa del made in Italy, clonato e sotto attacco, è diventato prioritario. Il presidente Napolitano ha giustamente sottolineato che il turismo è un settore strategico per l’Italia, possibile volano per la ripresa dell’economia. Se la bellezza salverà il mondo, lo farà a cominciare da qui. E allora che si fa? Ecco, si fa questo che vedete.

Da almeno un paio d’anni strillo, su questo blog e ovunque, riguardo alla cementificazione della Liguria -che procede a ritmo inaudito, due volte la pur massacrata Calabria, e ora ci prepariamo a veder martoriare la Sardegna-, agli ultimi lembi di un territorio già esiguo sotto attacco, alla proliferazione di porticcioli turistici e seconde case che ne fanno una regione-albergo. Ho interpellato a riguardo il senatore Ignazio Marino, candidato alla segreteria del Pd, ho telefonato all’onorevole ambientalista Ermete Realacci -ma come può accettare quello che sta capitando?-, ho scritto, mi sono variamente sbattuta in grida e denunce, chiedendo al Pd di prendere una posizione netta sulle questione ambientali, perché l’ambiente non è un fiore all’occhiello, ma una questione primaria, qui dentro c’è proprio tutto: salute, sviluppo, economia, qualità della vita… Nessuna risposta: è la nuova e preoccupante versione della doppiezza ex-comunista. Un Pd di lotta e di governo, di laici e di cattolici, di ambientalisti e di distruttori.

E’ bene che vi facciate un’idea, specie se avete in animo di partecipare alle primarie del Pd. Il 28 ottobre la Regione governata dal pd Claudio Burlando varerà un piano casa impressionante. Le case sotto i 100 metri cubi potranno aumentare il volume fino al 60 per cento, le altre potranno crescere fino al 30 per cento. Potrà essere aumentata la cubatura di capannoni industriali, artigianali e agricoli. I benefici saranno concessi anche agli immobili condonati e perfino a buona parte di quelli abusivi, grazie a un emendamento proposto dal pd Luigi Cola. E anche gli enti parco potranno concedere l’aumento delle cubature. Un po’ di lavoro in più nell’edilizia, insomma, in cambio di un gravissimo attacco alla principale industria regionale, quella del turismo. Questa è la lungimiranza di Burlando, dei suoi alleati ma anche dei suoi oppositori del Pdl: il partito del cemento non ha colore.

Diamo la massima pubblicità a quello che sta avvenendo, e neghiamo il nosro consenso politico a chi distrugge l’ambiente.

Politica Giugno 16, 2009

DECIDETEVI

Prima o poi cercherò di capirla, questa storia di Unieco, coop rosse di Reggio Emilia che cementificano alla grande il territorio, con una predilezione per il magnifico spezzino.

Lo slogan di Unieco, leggo dal sito web, è: “Tutti dovremmo preoccuparci del futuro, perchè là dobbiamo passare il resto della nostra vita”. Tra i valori di riferimento figura che “Unieco impronta i propri comportamenti a criteri di responsabilità, sia dal punto di vista sociale, sia etico, sia ambientale”.
Ora, faccio molta fatica a capire dove sia la responsabilità ambientale quando si pensa di sventrare la piana di Marinella di Sarzana per farci 800-1000 nuovi posti barca più migliaia di metri cubi di cemento annesso, uno dei più spaventosi eventuali ecomostri d’Europa, minacciando seriamente la falda delle acque che abbevera la provincia di Spezia e quella di Massa, rischiando di provocare uno dei più seri dissesti idrogeologici del nostro territorio, e al solo scopo di fare business –altro non si evince-: i posti barca lì costano moltissimo, le case pure.
Non minore fatica faccio a capire come si possa onorare il dichiarato senso di responsabilità ambientale edificando per 53 mila metri quadri (250 nuovi appartamenti, di cui non si sente la necessità) nella bella Sarzana, città gioiello della Lunigiana cinta da mura medievali sul modello di Lucca, e ricca di meraviglie che vanno dal 1100 al primo Novecento passando per capolavori tre-quattrocenteschi, splendidi palazzi edificati nel Settecento, fino alla grazia più recente di certe ville Liberty, e anche qui al solo scopo di fare business. E poi c’è Tavolara, non lontano di lì, altre migliaia e migliaia di metri cubi di cemento. Il tutto con la benedizione delle giunte rosse locali.

Ora, io dico, il Pd e i suoi amici devono pur decidere da che parte stare: se dalla parte dell’ambiente o dalla parte del business cementizio, se dalla parte della lotta o dalla parte del (mal)governo, se dalla parte della responsabilità o da quella dei danée. Gli elettori sono molto disorientati, hanno il diritto di capire e di scegliere conseguentemente, altrimenti poi nessuno si deve lamentare se smettono di votare o votano altrove.
Sì, a questi signori di Unieco, coop rosse di Reggio Emilia, nuovi coloni della bassa Lunigiana, bisogna che io prima o poi dia un colpo di telefono e mi faccia spiegare. Poi vi riferisco quello che mi dicono. Save Ligury.

P.S. Se avete cose de genere da segnalare, sarà un vero piacere.