Stretti tra monti aspri e un mare aperto e minaccioso, i liguri hanno scorza e tempra. Gente non facile da conquistare. Sempre pragmaticamente pronti a fare affari, anche trattando con i politici: ma con Genova che annega ogni autunno, i terrazzamenti che franano in mare, quel paio di piane minacciate da speculazioni colossali, ormai si è capito che le palanche vanno in tasca solo a pochi a danno di tutti. Non ci credono più. Gattopardescamente, il Partito trasversale del Cemento cambia le facce ma non gli intenti: sfruttare, speculare, continuare a distruggere quel territorio fragile e spettacolare.

Detto da una “foresta” innamorata ligure d’adozione: quello che sta capitando in Liguria è paradigmatico per tanti motivi. Quella terra si presta bene a rappresentare l’intero territorio italiano, con la sua bellezza devastata e costantemente sotto scacco, e per le grandi potenzialità, tutte da esplorare, di una decisa svolta ambientale, con importanti ricadute economiche e occupazionali; l’altra ragione è che con il suo Partito traversale del Cemento, la Liguria è stata pioniera del partito-nazione orientato al business, ma oggi può diventare il laboratorio di una decisa inversione di rotta, in cui le soluzioni politiche nascono dai cittadini che si auto-organizzano localmente per difendere i beni comuni.

Al netto delle irregolarità verificate nelle primarie per l’individuazione del candidato presidente del centrosinistra, la rivolta di sinistra in corso contro la candidatura di Raffaella Paita, vincitrice contro Sergio Cofferati, può diventare un catalizzatore del cambiamento politico. Sostenuta anche da parte del centrodestra, che al momento non ha ancora individuato il suo candidato presidente, Paita si presenta quasi come candidata unica “nazarena” con ottime chance di vittoria. Risultato contendibile solo a un patto: che un’eventuale lista alternativa sappia opporre un programma fortemente centrato su ambiente-lavoro-diritti, e declinato minuziosamente in chiave locale: i problemi delle comunità della valle del Magra non sono gli stessi di quelle della Piana di Albenga, di Genova o del Savonese.

L’altra cosa importante è che, langerianamente, si insista più sui temi, sui problemi e sulle soluzioni che sulla coloritura di sinistra. E che la nuova iniziativa politica non diventi occasione di riciclo di personalità che cercano un modo per tornare in pista, il che darebbe un’idea di “ritorno al passato” elettoralmente poco premiante.

I nomi, dicono i promotori di #Liguriachevorrei, verranno dopo. Ma è importante che il candidato presidente –oltre a essere ligure: i “foresti” avrebbero poche chance- possa opporre a Raffaella Paita, donna tutta di apparato, una convincente storia civica, e una capacità di visione strategica per la Liguria. Un nome che circola, quello di Ferruccio Sansa, giornalista del Fatto Quotidiano, figlio di un magistrato che fu anche sindaco di Genova e autore con Marco Preve del bel saggio “Il partito del cemento” (Chiarelettere), sembra rispondere a queste caratteristiche. Oltre a piacere molto al Movimento 5 Stelle e a Beppe Grillo: e in Liguria non è cosa da poco.

#SaveLigury

Aggiornamento 5 febbraio: un altro bellissimo nome che circola è quello di Anna Canepa.

Ligure, magistrato, attualmente sostituto procuratore presso la Direzione Nazionale Antimafia a Roma. Ha conseguito la laurea in giurisprudenza presso l’università di Genova, dal 1989 svolge le funzioni di Sostituto Procuratore della Repubblica, dapprima in Sicilia, quindi a Genova, occupandosi di reati di criminalità organizzata presso la Direzione Distrettuale antimafia e successivamente poi al Dipartimento Criminalità Organizzata e Terrorismo. Nel 2008 è ritornata in Sicilia, applicata volontariamente alla Procura della Repubblica di Gela. Già vicepresidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, attualmente Segretario Generale di Magistratura Democratica.

aggiornamento 14 maggio: io ve l’avevo detto per tempo

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