Un amico mi manda un souvenir, gli auguri di Natale del Cav, una decina d’anni fa.

Lui è un po’ meno gonfio, ha qualche capello (vero) in più, è un bell’ometto. Dei festini di Arcore ancora non si sa nulla, la luce è calda, soffusa, scintillante, il sottofondo musicale carezzevole, il messaggio avvolgente, a Natale contano le cose vere, siamo tutti più buoni, etc.

Visto da fuori -alla fine dell’incubo- il sogno del berlusconismo mi appare più chiaro. Una società del Godimento, meno stato e più mercato, quel ragazzino nato a Milano, quartiere Isola, e cresciuto nel mito americano, che da grande diventa un tycoon e promette più America per tutti (accidenti, com’è strano il tempo, sembrano mille anni fa).

Ah, come lo capisco! Forse ci ha creduto perfino lui. Sarebbe stato bello. Io non ci sono mai cascata, nemmeno per un istante, nel Cav ho sempre visto soltanto un geniale bauscia, anch’io sono nata e cresciuta a Milano, non lontano dal quartiere Isola, conosco il tipo antropologico. Ma ora che non devo più difendermi da quella seduzione la sento tutta, permetto che mi investa, capisco fino in fondo perché tanta gente ha creduto al paese dei Balocchi! (rileggersi quel genio di Collodi). Immagino il disincanto, la nostalgia…

Sarebbe stato bello, amiche e amici. Peccato che non è mai stato vero. Quasi vent’anni di balle spaziali.

Ciao Silvio.

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