Una delle questioni che lacera Se non ora quando -e in generale, da sempre, il movimento delle donne- è quella del pluralismo e della trasversalità. Mentre il comitato promotore romano ne fa un tratto irrinunciabile di Snoq, a livello locale alcune avversano questa posizione, facendo coincidere gli obiettivi di Snoq con quelli del centrosinistra.
Non si può negare che storicamente le femministe italiane siano sempre state prevalentemente di sinistra, e forse questo vale per buona parte del femminismo occidentale. Ciò non significa che su questioni come la democrazia paritaria o la della violenza sessista, e anche altre, che dirò dopo, non vi sia una totale convergenza di vedute tra donne dei diversi schieramenti politici.
Su questo si può, e anzi si deve lavorare insieme: sinistra e destra, credenti e non credenti, donne dei partiti e donne fuori dai partiti. Alla Camera c’è una proposta per la doppia preferenza di genere alle amministrative che le deputate difenderanno in modo bipartisan. La legge Golfo-Mosca (Pdl e Pd) sulle quote nei cda delle società quotate in Borsa, ottima azione positiva, non avrebbe avuto alcuna chance se fosse stata sostenuta da uno soltanto dei due poli.
Se posso dire di me: essendo sempre stata di sinistra, per tradizione familiare e per scelta, ho amiche “di destra” con cui su molte cose c’è intendimento completo. Stimo molto l’amica Flavia Perina di Fli, così come Barbara Ciabò, responsabile milanese di quel partito, ambientalista convinta ed eroina di Affittopoli, purtroppo -e non è un caso- non rieletta in consiglio comunale. Non accetto volentieri di subordinare le mie libere relazioni politiche a dispositivi -come i partiti, la destra e la sinistra- che mi sono ritrovata bell’e fatti, a misura del corpo e della psiche maschili. Il nostro modo di stare nello spazio pubblico, dal lavoro alla politica, è ancora tutto da inventare, e il bello è proprio questo.
Naturalmente nel merito di molte questioni anche tra donne le differenze possono essere irriducibili, ma su quelle che ho detto -rappresentanza, violenza- e anche su altre, che vanno da alcuni temi legati alla salute e all’ambiente fino all’organizzazione del lavoro -più in generale, io ho molta fiducia in questo, su una politica che metta la vita e i bisogni umani al primo posto: primum vivere– l’intendimento può essere notevole. E deve esserlo, il comitato promotore di Snoq fa benissimo a difendere trasversalità e pluralismo, volendo portare a casa un risultato.
Una volta là dentro, nelle istituzioni rappresentative, nei cda, in qualunque luogo di decisione, ognuna difenderà le proprie posizioni e combatterà le proprie battaglie, individuando le sue “nemiche” (su questo ci si deve intendere bene, le donne, giovanissime della politica, devono imparare a non scambiare visceralmente la lotta politica fra loro con l’inimicizia personale: è un gravissimo errore). Ma la priorità è entrarci, in quei posti. E come hanno ben capito le deputate, la lotta ha qualche chance solo se condivisa e bipartisan. Il patto di genere viene ben prima di ogni dialettica politica, come ben sanno gli uomini: è questo che li ha fatto vincere.
Gli uomini di sinistra non sono più disponibili a mollare posti di quelli di destra. Teniamolo bene in mente.
E Buona Pasqua.
Chiudo con una proposta:
i soldi del finanziamento pubblico
che i partiti hanno rubato
siano devoluti a un fondo
destinato a sostenere
la rappresentanza femminile.
Non c’è modo migliore di restituirli.