Lettera-1

Quando ci troviamo di fronte a qualcosa che va male quello che possiamo fare è stare lì ostinatamente a cercare di torcerlo verso il bene. Perché ogni circostanza, perfino la più nera delle circostanze, contiene un bene che va scovato e aiutato. Ce lo insegna tra i molti santi quella santa ragazza che fu Etty Hillesum, che prima di morire ad Auschwitz riuscì a trovare il filo del bene perfino a Westerbork, campo di detenzione nazista. A quel male che si presentava come assoluto, in cui la speranza non trovava punti di appiglio, lei non volle sottrarsi, pur potendolo fare. Etty diceva che si doveva stare al cospetto di quel male perché Dio andava aiutato e il bene aveva bisogno di tutta la nostra attenzione.
Il male che oggi vediamo in azione è infinitamente più piccolo e l’operazione è molto meno ardua. Si tratta semplicemente di voler cogliere in quello che sta capitando -mi riferisco all’aggressione al Presidente del Consiglio, all’immagine di quel vecchio uomo ferito e sanguinante, stanco come tutti vecchi uomini-, il baluginare di un’opportunità provvidenziale. Dico provvidenziale proprio perché potrebbe venircene un gran bene, che è quello di arrendersi all’intelligenza della pace e di liberare il conflitto politico da quell’assurdo che è l’odio, che quando entra in campo, come un mostro insaziabile, chiede attenzione esclusiva e divora tutto quello che trova.
I negoziatori più illuminati dicono che quello che conta per fare la pace, ben più che qualunque tavolo, è il fatto di tenerla ben presente in ogni istante, come priorità assoluta in tutte le cose che facciamo, qui e ora, immediatamente e senza rinvii. Allora la pace diventa un bene da subito disponibile e fa il miracolo di moltiplicarsi e propagarsi. La pace non ha bisogno dello scandaglio della ragione, di pesi e bilancini, dell’inventario del male fatto e subito, ma unicamente dello slancio della fede, o dell’abbandono vigile alla fede. Come insegna il Mahatma Gandhi, “essendo la non violenza la più potente forza del mondo e anche la più sfuggente nel suo meccanismo, richiederà il massimo della fede. Proprio come crediamo in Dio per fede, così dovremmo credere per fede anche nella non violenza”.
Le politiche e i politici di buona volontà hanno a disposizione questa opportunità da subito, possono praticare la pace da subito, senza se e senza ma. Non è semplicemente questione di abbassare i toni. Si tratta di elevare la speranza, il più nobile tra i compiti della politica. Di fare propaganda al bene. Di vedere quello che va, e di aprirgli la strada.
Con l’auspicio che anche questa lettera, non solo le parole dei propagatori di odio, trovi i suoi fan. A cominciare dagli amici politici.

  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •