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Donne e Uomini, Politica Ottobre 9, 2012

Gli siamo servite, e non serviamo più

In un suo post, Lorella Zanardo elenca le molte iniziative di donne lo scorso we: le mille di Paestum, altre mille convenute a Roma da tutto il mondo per la conferenza di Win, l’incontro nazionale delle teologhe, il convegno sulla Toponomastica e chissà di quante altre di cui non sappiamo. Il we politico italiano, insomma, è stato delle donne. Ma le cronache sono state degli-e-sugli uomini: pagine e pagine, e ore e ore di trasmissione sulle primarie del centrosinistra, o meglio sul derby Bersani-Renzi + Vendola (Puppato sostanzialmente oscurata).

Molte donne di questo Paese e anche di altrove si sono mobilitate e confrontate, hanno discusso, riflettuto, elaborato, tenendo al  centro il bene comune, ma di tutto questo, se non ci fosse la rete, e della grande ricchezza prodotta, le cittadine e i cittadini italiani non saprebbero quasi nulla. Il nostro digital divide è ancora notevole, e tv e carta stampata fanno ancora la parte del leone.

Il 13 febbraio 2011, grande moto di popolo organizzato e guidato dalle donne, una delle più grandi manifestazioni se non la più grande che il Paese ricordi, non sarebbe stato probabilmente ugualmente grande se i media tradizionali non avessero contribuito alla sua preparazione dedicandogli straordinaria attenzione prima, durante e subito dopo. Semplicemente, la gran parte di quelle moltissime donne non avrebbe saputo.

I sentimenti di quelle donne, intendiamoci, erano autentici, l’indignazione reale, l’impegno di chi aveva organizzato la manifestazione sincero e generoso. Ma l’interesse maschile era deciso da altro: c’era da far cadere Berlusconi, e la mobilitazione delle donne era funzionale a quello storico obiettivo. Era la forza d’urto, la spallata definitiva. (io, forse un po’ ingenuamente, me la figuro così: Mr President che telefona al nostro vecchio Presidente, e gli dice che così non funziona più, doesn’t work). Sul Corriere ho partecipato al grande dibattito preparatorio, e tra le altre cose dicevo questa: “Domanda delle 100 pistole: qual è l’obiettivo? La testa del premier? O, più in generale, il machismo della nostra politica? Che cosa chiede la piazza? Non c’è protagonismo politico, in mancanza di chiarezza“.

Gli siamo servite, e non serviamo più. Anzi, gli serviamo a casa: serve che ce ne stiamo buone e tranquille, che non pretendiamo il lavoro in un momentaccio come questo, che ce ne stiamo a casa a curare bambini, malati e vecchi, welfare illimitato e gratuito. Come fanno nel privato, ci hanno usato, materia prima inesauribile, sempre a disposizione. La cortina del silenzio sul we politico delle donne -e in generale sulla politica delle donne- è esemplare. Ha moltissime ragioni Alessandra Bocchetti quando dice, come ha detto a Paestum, che “dovremmo soprattutto lavorare alla creazione di un’opinione pubblica femminile vincolante, forte, determinata, che preoccupi chi ci governa, che faccia sentire l’obbligo di render conto delle scelte“.

P.S. Una nota di amarezza che non c’entra, o forse sì: scambio di sms ieri con un’amica molto ingaggiata in Se Non Ora Quando, e anche nel Pd. Che alle primarie sosterrà Bersani, e non Laura Puppato, unica candidata nella schiera crescente di contendenti maschi. La “doppia fedeltà”, al partito maschile e alla causa femminile, posizione dilemmatica che come sempre, non appena il gioco si fa duro, si scioglie e si rivela per quella che è: fedeltà unica alla legge del padre.

Donne e Uomini, Politica Gennaio 17, 2011

SILENZIO ASSORDANTE

E’ un paio di giorni che aspetto di sentire le voci delle politiche italiane sulla vicenda Berlusconi-Ruby. Stanno parlando tutte: le giornaliste, le donne al mercato, nelle fabbriche e negli uffici, le giovani prostitute implicate nella storia. Ma le donne politiche fanno silenzio. Vorrei sentire che cosa pensano di questa storia Rosy Bindi, Angela Finocchiaro, Livia Turco. Sento solo Fini, Bersani, Vendola, Di Pietro. Vorrei sentire anche Mara Carfagna, Stefania Prestigiacomo, Meloni, Gelmini. Anche loro dovrebbero trovare la strada per dire qualcosa, sia pure da una posizione più difficile.

Non una cosa pavloviana -si parla di donne, e quindi noi donne dobbiamo parlare- ma una cosa sentita, articolata, complessa, che dimostri la capacità di sintonizzarsi con il Paese, di guidarlo nche in questa penosa circostanza. Vorrei sentire la loro voce anche su Mirafiori e sulla Tunisia, beninteso. Il protagonismo politico femminile deve esercitarsi a tutto campo. Ma sul caso Ruby l’afasia mi pare particolarmente impressionante. Me le fa immaginare sfinite, incapaci di signoria nei contesti in cui vivono e operano.

Una madre di famiglia che dichiara a tavola il suo sdegno per questo immondezzaio senza fine signoreggia più di loro.

Donne e Uomini, Politica, TEMPI MODERNI Agosto 31, 2010

DOLCI RISVEGLI


Non bastasse quel grande cesso di Gheddafi che pianta tende in mezzo alla città, pretende sfilate di cavalli berberi e platee di ragazze da ammaestrare, ricatta l’Europa (o mi mollate 5 miliardi o sarete invasi dagli immigrati: come se i flussi migratori dipendessero da lui) e dice che Gesù era musulmano, la prima telefonata del mattino è quella del mio gestore telefonico: ho tardato ben 12 giorni nel pagamento della bolletta. Dico alla signorina del call center:

“Certo che se foste ugualmente solleciti quando uno ha un problema…”

“Se prende la ricevuta sistemiamo subito la cosa”.

“Le ho detto: scattate per un minimo ritardo, e poi d’estate, quando si sa che una è in giro e magari le scappa qualcosa. Ma se c’è un problema passano dei mesi”.

“Se prende la ricevuta sistemiamo subito la cosa”.

“Ma cos’è, un nastro registrato? Ha sentito quello che le ho detto?”.

“Io devo verificare il pagamento”.

“D’accordo. Allora la saluto”.

Non abbiamo verificato il pagamento. Vorrei una legge per l’abolizione dei call center. Vorrei dire a Gheddafi: ora prenditi tenda, cavalli e tutto, e tornatene in Libia. Vorrei che il nostro premier gli rappresentasse la nostra indisponibilità ai ricatti, business o non business, e avesse a cuore la dignità della cittadine di questo paese.

Dolci rivegli.

(scritto in verde, in onore del nostro illustre ospite).

Politica Agosto 2, 2010

NEOBIPOLARISMI

Dunque oggi si misurerà la forza dei Finiani e la tenuta del governo nel voto sulla mozione di sfiducia a Caliendo.

Io non mi avventuro qui a parlare di politica -di quella politica, intendo-. Dico solo questo: che se questa rottura ha un senso storico e non solo tattico e contingente, potrebbe forse essere il seguente: l’avviamento di un neobipolarismo che, a ormai ventuno anni dalla caduta del Muro, con una progressiva designificazione della dialettica destra-sinistra, potrebbe proporre un’altra dialettica, ben più sostanziale, e forse un nuovo muro tutto italiano, quelli tra Nord e Sud, rispettivamente rappresentati da una Lega sempre più forte alleata del Pdl + forse briciole di Pd, e un’asse Fini-Casini, pezzi di Pd e quant’altro. E forze centriste alleate alla Chiesa a cercare di evitare la spaccatura del paese.

Se volete oggi proviamo a ragionare su questo.

(SCUSATE MA PER RAGIONI MISTERIOSE OGGI NON RIESCO A SCARICARE IMMAGINI…)

Politica, Senza categoria Maggio 20, 2010

POTENZA DI GOGOL

Nel corso di un vertice italo-egiziano sul commercio internazionale, il presidente del Consiglio Berlusconi si è riferito a Google chiamandolo amichevolmente “Gògol”. Per fortuna Mubarak sonnecchiava. Dopo l’affascinante Sasà Van Dir di Simona Ventura, ecco un altro storico strafalcione.

Niente di male, se non questo: che evidentemente la rete non fa parte delle conversazioni quotidiane del premier. Uno che Google (Gùgol) lo chiama Gògol, del web evidentemente ha un’idea sommaria -e i suoi stretti collaboratori pure-. Il che significa che gli sfuggono tante cose. Tra il premier e la società, uno spaventoso digital divide (digital divàid).

Che non pronunci correttamente l’inglese è il meno. Forse se la cava meglio in letteratura russa.

Politica Maggio 6, 2010

CROLLO DEL LIFTING

berlusconi-stanco

In un bell’editoriale quasi accorato in prima sul Corriere di oggi, Sergio Rizzo, coautore di “La casta“, parla degli enormi livelli di corruzione in Italia, una tassa occulta che la Corte dei Conti stima in 60 miliardi l’anno, quasi quanto basterebbe a ripianare il nostro debito pubblico. In pratica, se la politica e i suoi satelliti non rubassero più, i nostri conti tornerebbero. Rizzo osserva anche la mutazione genetica della corruzione: se ai tempi di Tangentopoli si rubava soprattutto per finanziare i partiti, oggi lo si fa per arricchire se stessi.

La cosa che mi sorprende di più è lo sbigottimento, l’indignazione dei politici colti di volta in volta con le mani nel sacco, come se fosse violato un loro sacrosanto diritto: quello di poter commettere qualunque illecito per il proprio interesse, e di restare impuniti. Come a dire: ho faticato tanto per arrivare qui, e adesso un imbecille di giornalista o un magistrato “rosso” manda tutto all’aria, vuole togliermi i privilegi che mi sono conquistato in anni di rampicata. Denis Verdini, coordinatore del Pdl indagato per appalti irregolari in Sardegna, non si dimette perché, dice: “non ho questa mentalità”. Quale? Quella di essere un cittadino come tutti, soggetto alle stesse leggi e alle stesse sanzioni?

Al premier Berlusconi è definitivamente crollato il lifting. Parla di congiura. Ma nel backstage si infuria per il fatto che nel suo partito girano troppi affaristi.  Credeva che le frotte di neofiti della politica saltati sul suo carro l’avessero fatto per passione civile? Quanti esono accorsi soltanto nella speranza di diventare ricchi come il capo-tycoon? E perché la gente onesta del Pdl non si ribella a questo andazzo e si limita a brontolare sottovoce?

Fini e Bossi mollano il capo, dicendo che non c’è nessun complotto. Almeno su questo sono d’accordo. Il post-berlusconismo potrebbe cominciare di qui.

Politica Maggio 5, 2010

IL TROPPO CHE NON STROPPIA

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L’informazione può essere partigiana, tendenziosa, pilotata, scorretta, non accurata, insufficiente, sbagliata, inutile e pure marchettara. Può avere un sacco di difetti. Anzi, ce li ha. Ma ha anche la caratteristica di non essere mai abbastanza libera, e di non essere mai troppa.

Strano che il Presidente del Consiglio Berlusconi, tra i politici uno di quelli che di informazione e di comunicazione s’intendono di più, abbia potuto dire che in Italia di libertà d’informazione “ce n’è fin troppa”. Se gli osservatori internazionali di Freedhom House ci classificano tra i paesi a informazione “partly free”, come Thailandia, Congo e Filippine, se siamo l’unica nazione in zona euro ad essere definito in questo modo, se stiamo al 72esimo posto nel mondo per libertà d’informazione, si potrà anche dire che esagerano, che non ci risulta, che ci piazziamo almeno al 50esimo o anche al 30esimo posto, ma certo non che di libertà di informazione da noi “ce n’è fin troppa”.

E’ vero che sono i giorni della grana Scajola, che come molti altri spiacevoli casi che riguardano la nostra classe politica non sarebbe mai venuto a galla se la nostra informazione non avesse almeno quel po’ di libertà. E’ vero che si sta discutendo di intercettazioni, e la questione è rovente. E’ vero anche che, come si evince dalla difficile dialettica interna al Pdl, che il presidente Berlusconi è un manovratore che non tollera di essere disturbato. E’ vero, soprattutto, che chi di media ferisce, chi costruisce il suo potere, come nessuno mai prima, su una straordinaria macchina mediatica, e con indubitabile talento, non può che essere ossessionato dall’idea che di media si può anche perire. E’ vero, in sintesi, che la questione dell’informazione oggi è strategica.

Ma sentir dire dal proprio premier, uno che la parola libertà la usa come un brand, che la libertà d’informazione è “fin troppa” -e quindi che non sarebbe poi male se ce ne fosse un po’ meno- è cosa che fa davvero tremare le vene dei polsi.

Politica Aprile 16, 2010

CHI L’E’ CHE VE PIAS PUSSEE? (chi vi piace di più?)/2

Fini prima

Fini prima

fini dopo

fini dopo

C’è una certa agitescion nella maggioranza di governo. Bossi detta le sue condizioni e Fini punta i piedini: il pas de deux tra il premier e la Lega non gli va. Dice che vuole fare un gruppo autonomo, il Pdl Italia. Silvio risponde: faccia pure, tanto se ne vanno in sette-otto. I giornali di casa esultano: era ora! Il presidente del Senato Schifani dice che allora si deve tornare alle urne (aiuto). Pagine e pagine e pagine di quotidiani dedicati al bisticcio mentre noi qua tiriamo la carretta. Tanto faranno la pace in qualche modo, e noi a tirare la carretta uguale.

Dunque per par condicio vi chiedo: chi vi piace di più? Berlusconi o Fini? Così, tanto per passare una mezz’orata in allegria. In fondo è venerdì, grazie a Dio. Domani tutti al super a fare lo spesone.

Stavolta come si può notare scrivo in blu.

fini durante

fini durante

Politica Aprile 14, 2010

CHI L’E’ CHE VE PIAS PUSSEE? (chi vi piace di più?)

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Umberto Bossi vuole un premier della Lega per il 2014. Per qualcuno è una mossa prematura. In realtà ha un senso politico immediato. Si chiama: alzare il tiro. Far capire agli alleati di governo con chi hanno a che fare, e costringerli a venire a patti subito.

Ma voi chi preferireste? -avendo solo questa possibilità di scelta, s’intende-: Berlusconi o, tanto per dirne uno, Maroni? (ho scritto in verde, non so se notate…)

Politica Marzo 10, 2010

“PRESIDENTE, NON ESAGERI”

Un uomo autorevole non ha bisogno di dire che tutti lo stimano perchè è anche “un grande tycoon“. Un uomo autorevole non ha bisogno di un suggeritore che lo reindirizza e gli porta le risposte. Che cosa sta capitando al nostro premier? Sembra molto affaticato.

E poi l’arroganza è sempre segno di debolezza.

Ignazio La Russa convince con le cattive il giornalista indisciplinato a piantarla lì. Lui gli dà del “picchiatore fascista”.