Caro Presidente Matteo Renzi, cara Ministra Federica Mogherini,

quella che vedete è una delle immagini più dure che io abbia mai pubblicato o semplicemente visto. Lo faccio dolorosamente ma consapevolmente.

Sono i corpi di due ragazzine, 14 e 15 anni, di Katra Shahadatganj, villaggio rurale dell’Uttar Pradesh, India Nord-Orientale, vittime di un atroce gang-rape, stupro di gruppo da parte di 7 uomini (fra cui due militari: non è un fatto infrequente) a cui sono seguite percosse e impiccagione.

Questa insopportabile immagine illustra la rilevanza delle questione maschile in un Paese come l’India dove si verifica uno stupro ogni 22 minuti -calcolando solo la punta dell’iceberg dei casi denunciati-. E dove le donne sono intese come povere cose a disposizione di chiunque, specie se appartenenti alle caste più umili come nel caso di queste due bambine. Tanto che la violenza maschile è diventata una faccenda politica di primaria importanza.

Questa immagine dimostra che cosa alcuni uomini sono disposti a fare solo per consumare un rapporto sessuale: o, più precisamente, dimostra l’odio feroce per le donne, contro le quali lo stupro diventa un’arma letale. La pubblico per questo.

Esiste una remota possibilità, secondo gli investigatori, che le due bambine non siano state impiccate dai loro aguzzini ma che si siano volontariamente appese all’albero di mango pur di non dover sopportare la vergogna. Più probabilmente sono stati gli stessi stupratori a tentare di uccidere le ragazze strangolandole e poi impiccandole per non correre il rischio di essere identificati.

La protesta silenziosa degli abitanti del villaggio che si sono radunati sotto il mango per sollecitare le ricerche da parte della polizia ha portato alla rapida cattura degli stupratori assassini.

Sarebbe importante che il governo italiano manifestasse la sua vicinanza al governo indiano, alle donne e agli uomini di buona volontà di quel Paese che si trovano ad affrontare una simile emergenza: la violenza sessista è una realtà universale, ma in India raggiunge le dimensioni di una catastrofe.

E anche che inducesse qualche dubbio sull’effettiva efficacia della pena capitale contro la violenza, misura invocata da molti indiani ma contrastata da altre e altri, in particolare dal movimento delle donne. La pena di morte, è ampiamente dimostrato, non funziona mai come deterrente.

Sul fronte della violenza, come mi spiega l’intellettuale Urvashi Butalia, aumenta anzi il rischio per le donne, che possono venire uccise dopo lo stupro in modo da non poter testimoniare; o che possono esitare a denunciare: spesso gli stupratori sono familiari e amici, e le vittime non vogliono la loro morte.

Credo, e tante e tanti con me, che di fronte a una vicenda come questa qualcosa si debba fare.

 

Aggiornamento martedì 3 giugno: un altro caso orribile. Violentata, costretta a ingurgitare acido e strangolata.

Aggiornamento mercoledì 4 giugno: ormai un bollettino quotidiano. Un’altra ragazza impiccata.

 

 

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