Il mio maestro di yoga è un uomo molto positivo e cerca di parlare di cose buone appena può. Un giorno, finita la lezione, si mette a dire bene della medicina, dei suoi progressi, del fatto che certe patologie, fino a poco tempo fa mortali, sono sempre più curabili, e di quella vecchietta sua allieva che poco dopo la sostituzione della testa del femore è già in piedi e si muove agevolmente.
Un paio di ragazze, le gambe ancora incrociate nel “loto”, protestano vivacemente: “Non sempre le cose vanno così”. “Potrei raccontarti storie ben diverse”. Certo. Potrei raccontarle anch’io, violando la mia privacy. Di quella volta che nessuno seppe per lungo tempo diagnosticarmi un serissimo problema ginecologico, ed è quasi un miracolo che io abbia potuto avere un bambino. Di quell’altra che a causa di un banalissimo intervento, la rimozione di una neoformazione benigna al collo, per l’imperizia del chirurgo ci ho rimesso una spalla, che da allora soffre di dolori cronici e non ha più ripreso la sua mobilità.
E invece mi viene da raccontare dell’incontro successivo con un ginecologo che mi ha salvato la capacità riproduttiva, oltre alla pelle. E del fatto che con la pratica costante di alcuni esercizi la mia spalla si muove e fa meno male di un tempo.
Dire il bene è farlo essere, dargli spazio e toglierne al male, farlo dilagare e contagiare quello che c’è intorno. Ma al bene si fa una grande resistenza, come per non dargli soddisfazione. E’ la “magica forza del negativo”, per rubare il titolo a un libro a firma delle filosofe di “Diotima”, che rende bene l’idea. E’ la trappola della critica, scambiata come l’unica possibilità di esercizio della libertà: e certo può esserlo, ma non sempre, comunque e in via esclusiva, portando vias spazio al resto.
Dire bene oggi può essere uno scandalo, nel senso etimologico di intoppo, inciampo, nel senso di qualcosa che ci impedisce di continuare nel nostro percorso di distruzione. Può scatenare rabbia e senso di impotenza. Mentre, a ben guardare, un potere più grande non c’è.

(pubblicato su “Io donna” – “Corriere della Sera”  il 2 agosto 2008)

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