Sfoglio rapidamente le pagine di un quotidiano qualsiasi, in un giorno qualunque. Rapido colpo d’occhio ai titoli: “basta”, “uccisa”, “nemico”, “irresponsabili”, “senza freni”, “problema”, “rischia”, “fucili”, “manipolati”, “smembrare”, “odio”, “agguato”, “rivalità”, “addio”, “killer”, “morti”, “muore”, “coltello”, “guai”, “insoddisfatti”… Provate a rovesciare i termini nei loro contrari: “ancora”, “viva”, “amico”, “responsabili”, “moderati”, “opportunità”. E ancora “amore”, “nasce”, “soddisfatti”.
L’effetto che fa è addirittura fisico. Prima serie: diaframma contratto, respiro corto, irrigidimento muscolare, spalle alzate in difensiva. Seconda serie: pupille che si dilatano, pressione che scende, respirazione addominale, rilassamento, fiducia.
Leggo qualche settimana fa in “Est/Ovest”, rubrica firmata su queste pagine da Franco Venturini, che il Senato romeno ha approvato all’unanimità una norma che impone a tg una quota di buone notizie. Provvedimento assurdo, certo, e per almeno due ragioni: non si deve imporre mai nulla, in particolare quando si tratta di informazione; non è sensato guardare al mondo come divisibile tra bene e male. In realtà, e il collega Venturini lo sa molto meglio di me, l’applicazione di una quota di “buone notizie” –in gergo “colore”, “costume”, “rosa”, “gossip”- è pratica corrente nei mezzi di informazione. Compito di alleggerimento che spesso viene affidato alle cose di donne, o più semplicemente all’esibizione del corpo femminile, intero o in quarti.
Nei giornali pensati da-e-per uomini ma sempre più letti e-ahimè- ancora troppo poco scritti da donne, che il femminile venga individuato come correttivo ha una sua plausibilità. Ma ci si deve intendere: non è che le donne vogliano o portino solo “buone notizie”. Le donne –e penso ormai anche un gran numero di uomini- vogliono semmai poter vedere il bene che c’è in ogni cosa che capita, buona o cattiva che sia. Per dirla in modo un po’ più complicato, vogliono vedere le cose dal punto di vista di ciò che nasce. Dalla parte della nascita, come diceva Hanna Arendt. Non c’è mai una notizia solo e assolutamente cattiva. Bene e male sono inestricabili. Si tratta di torcere la notizia verso il bene che inevitabilmente contiene, di spremerne tutto il bene e la speranza. Di portarla via alla morte. Di saper resistere al male, e al suo fascino.
(puublicato su “Io donna”-“Corriere della Sera” il 23 agosto 2008)
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