Mettetevi nei panni di una donna: che lavora, fa marciare casa e famiglia, va in banca, dal dottore e dal commercialista. La solita fantastica vita d’inferno. E va anche a teatro, al cinema, in libreria, alle mostre, ai dibattiti. Fa politica, la politica vera, la politica prima, quella che viene liquidata come “volontariato” o “cura”. E ama, ovviamente, l’amore è sempre in cima ai suoi pensieri: in qualche modo dovrà tenersi su. E lotta contro un’organizzazione del lavoro assurda, contro il disordine, la sporcizia e gli sprechi, le sue magnifiche ossessioni. Sempre avanti, anche se in salita: la femminilizzazione del mondo è irresistibile. Altro che silenzio: un chiasso del diavolo.

Ma di questa donna e di quelle come lei (praticamente tutte), nella rappresentazione pubblica non c’è traccia. Da anni. La tv degli uomini, i media degli uomini –sono sempre loro a decidere, anche quando il target è femminile-, sembrano il paradiso dell’Islam, pullulante di huri decerebrate. Le donne vanno avanti, ma lì si torna indietro, come in un sogno consolatorio. Ma tu hai troppo da fare, e la cosa migliore è fingere di non vedere, come quando tuo marito ti tradisce e tu tieni duro, sperando che passi.

Però intanto non puoi non notare tante brave telegiornaliste che vanno soggette a una mutazione progressiva, sempre più simili al Modello Unico Televisivo. Che la gnocca di contorno è d’obbligo anche nelle trasmissioni dei paladini della libertà –tutti bruttini- a compensare la signora ospite intelligente ma unappealing. Perfino “L’Unità” sceglie la parte per il tutto, un tonico lato B firmato Oliviero Toscani, un paradossale lancio per la direzione-Concita: la furia delle blogger si scatena. E l’11 dicembre a Roma, nella Piazza San Giovanni che fu di Berlinguer e di Nilde Jotti, il Pd affida la conduzione del suo No-B Day a Martina Panagia, già Seno Alto Cadey e numero due a miss Padania: una che a quanto pare non si fa problemi di schieramento.

Poi un bel giorno a Milano la volante Monforte-bis carica una scellerata ragazzina detta Ruby, e tutto il venefico preparato ti precipita addosso. Non puoi più fingere di non vedere, la spesa falla il venerdì perché sabato devi scendere in piazza a dare prova della tua dignità, fatta coincidere con il fatto di non prostituirti come quelle dannate “olgettine tr..e”. Tante vogliono vedere rotolare la testa corvina di Nicole Minetti. Un grandissimo disordine simbolico che non sarà facile districare.

Non sono santa né puttana, e non so cosa mettermi. Secondo Irene Tinagli, eventuale leader del Nuovo Polo, “chi si presenta in autoreggente lo fa non solo perché gli uomini la vogliono così, ma anche perché é insicura”. E girano online consigli per un look dignitoso: mai pendant alle orecchie, troppo allusivi. “Ho come l’impressione che molte che vanno in piazza in questi giorni guardino il dito, e non la luna”, nota graziosamente Pia Covre, leader del movimento per i diritti civili delle prostitute, interpellata dal settimanale “Gli Altri”.

Le promotrici della manifestazione del 13 febbraio sentono a questo punto di dover precisare che “a motivarci non è un giudizio morale su altre donne, ma il desiderio di prendere parola pubblica per dire la nostra forza”. E chiamano anche gli uomini a esprimere il loro rifiuto del modello sessista. Modello che, intendiamoci, è sempre quello degli altri. Non abbiamo ancora avuto la fortuna di sentire un uomo interrogarsi in prima persona e pubblicamente sulla propria sessualità, su quel tenace intrico sesso-potere-denaro, sul fatto di usare il corpo di altre –e altri- come merce, dando la prostituzione per scontata come un fatto di natura.

Tutti femministi. Fanno bene a cavalcare la tigre, intendiamoci, che è una tigre davvero, ed è pure un bel business. Ma avverte Pia Covre, che di maschi se ne intende: “In questo momento fa comodo usare le donne per battere Berlusconi. C’è quindi una strumentalizzazione”. Detto da una che pure Berlusconi non lo ama affatto.

Domanda delle 100 pistole: qual è l’obiettivo? La testa del premier? O, più in generale, il machismo della nostra politica? Che cosa chiede la piazza? Non c’è protagonismo politico, in mancanza di chiarezza.

La filosofa Luisa Muraro fa notare che in questo neofemminismo maschile “c’è un pericolo, quello della idealizzazione: un altro passo e si finisce nella misoginia, perché le donne reali non corrispondono agli ideali di nessuno”. Ce n’è anche un altro, di pericolo: che mentre noi stiamo lì con sciarpa bianca a difendere la nostra dignità, le decisioni politiche continuino indisturbati a prenderle loro. La manifestazione del 13 dovrebbe servire a dire che tutto questo non sarebbe capitato, se a decidere ci fossero state anche le donne. E invece non c’erano, e continuano a non esserci, e quelle poche che ci sono non vengono ascoltate. Dovrebbe chiedere che la scadente politica maschile si apra finalmente alla società e alla politica femminile, che assuma con decisione il doppio sguardo.

Fuori dalla Camera, che dobbiamo fare ordine”: lo slogan, femminilissimo, potrebbe essere questo. E fuori dai partiti, dalla tv, dai media, dai consigli di amministrazione, perché se siamo arrivate a questo punto è perché lì continuano a esserci solo maschi.

Il tempo (kairòs) è questo. Il tempo del genio femminile, per dirla con papa Wojtila, il tempo della saggezza, che per la tradizione ebraica è il volto femminile di Dio. Lo dicono i preti, lo dicono i rabbini. Lo dice anche il mio ortolano, per niente femminista, marito di una brava ragazza che manda avanti magnificamente casa e bottega. E sarebbe contento di avere tante brave ragazze anche lì, dove si decide per conto di tutti. Anche una premier, perché no? che costituirebbe l’esito naturale di questa assurda storia italiana.

Sono tutti pronti. Anche noi siamo pronte. Ma i politici, femministi compresi, loro no.

(pubblicato oggi sul Corriere della Sera).

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