Non per essere disfattista, ma confesso che dal ticket milanese sul traffico speravo un po’ meglio. Qualcosa sembra essersi mosso, ma i miei pur fallibili rilevatori personali -naso, gola, bronchi- al momento non segnalano cambiamenti rilevanti. E forse non c’era neanche da aspettarseli. Chi non ha occasione di viaggiare potrebbe credere che in tutte le metropoli le cose vanno così. C’è anche di peggio: mi dicono che Pechino è una camera a gas. Ma a Londra, a Parigi, a New York senti di poter respirare a pieni polmoni. Sono una camminatrice indefessa e aerobica, lo percepisco immediatamente.
Geograficamente parlando siamo sventurati, nel bel mezzo di una conca mal ventilata e lontani dal mare: guardate le nubi che corrono nel cielo di Parigi, rabbrividite con le raffiche newyorkesi, dove oltretutto il traffico privato è meno intenso del nostro. Il fatto è che le polveri sottili, la CO2 e le altre schifezze non fanno solo male al corpo, ma anche allo spirito, ammesso che ci sia ancora qualcuno che creda a una loro divisibilità. Se tu non respiri, se fermi difensivamente la corsa dell’aria a metà torace per limitarne gli effetti tossici, ti sentirai rabbioso, infelice e aggressivo. Serenità e appagamento si associano naturalmente a una respirazione quieta, profonda e addominale. Quando invece stringi i pugni e ti prepari alla lotta, il diaframma si contrae e il respiro “sale” (fate la prova).
Vale anche l’inverso: se respiri profondamente e quietamente ti senti calmo e sereno, se fermi il respiro in alto la rabbia monta. Ne consegue che aria più pulita e meno rumorosa e quindi una respirazione più completa vorrebbe dire anche una città meno triste e violenta. Bisogna riuscirci, a maggior ragione. Lasciate a casa la macchina, per favore, ticket o non ticket. Vi pare semplicistico, più ossigeno e meno violenza? Non siamo che carne, in fondo, meravigliosa carne spirituale.
(pubblicato su “Io donna”-“Corriere della Sera”)

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