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respiro

Corpo-anima, Donne e Uomini, esperienze Luglio 18, 2011

Luce e l'Energia

Nel suo nuovo libro “Una nuova cultura dell’energia – Al di là di Oriente e Occidente” (Bollati Boringhieri), Luce Irigaray, filosofa, psicoanalista e madre del femminismo della differenza pone una domanda radicale: che cosa fare della nostra energia, anzi, dell’energia che siamo? Come portare a compimento la nostra umanità?

Oltre a essere psicoanalista, da anni Irigaray pratica  intensamente yoga: Occidente e Oriente, dunque. A legare queste due esperienze, il fatto “che entrambe hanno a che fare con un’energia che devono liberare, far circolare, imparare a coltivare”. L’anima non è altro che una riserva di energia e di respiro che non spendiamo per le necessità immediate. Ed è grazie a questa riserva che possiamo diventare pienamente umani.

E’ quanto all’utilizzazione di questa riserva o anima che Oriente e Occidente si differenziano: se per noi del West la perfezione umana coincide con la totalità dei discorsi (Hegel), a Est l’assoluto è nel silenzio. Ma si tratta di una differenza solo apparente, dice Irigaray: perché anche la parola quando è autentica si radica nel silenzio “in cui mi ritrovo raccogliendo tutto ciò che sono” e mi permette di essere realmente “presente in quello che dico”.

Lo scambio vero tra esseri umani è fatto di queste parole radicate nel silenzio, specie in un’epoca multiculturale com’è la nostra, in cui “la capacità di non limitarci al nostro linguaggio è il primo gesto di ospitalità nei confronti dell’altro”.

E’ in quel silenzio che io posso percepire l’altro a livello del “respiro, dell’anima o dello spirito che animano quel corpo… una sorta di estasi che mi strappa a me stesso”, che ingenera quel desiderio, anche sessuale, capace di produrre un’energia che nessun eccitante chimico potrebbe fornirci. Proprio per questo la differenza tra i sessi “è uno dei principali valori universali da preservare e coltivare”, fonte “rinnovabile” di energia naturale, utile alla vitalità individuale sociale.

Anche lo sguardo, la carezza e il gesto superano l’opposizione tra parola e silenzio -e tra Est e Ovest-: ricordate la memorabile performance muta di Marina Abramovic, The Artist Is Present?

Sta proprio nella cultura e nella coltivazione del respiro, del desiderio e dell’amore tra le donne e gli uomini, e tra noi e qualsiasi altro, quel ponte tra Oriente e Occidente che ci fa entrare in una altra epoca dell’evoluzione e genera una nuova umanità.

luce irigaray

Archivio Maggio 29, 2008

FELICI DI RESPIRARE

Non per essere disfattista, ma confesso che dal ticket milanese sul traffico speravo un po’ meglio. Qualcosa sembra essersi mosso, ma i miei pur fallibili rilevatori personali -naso, gola, bronchi- al momento non segnalano cambiamenti rilevanti. E forse non c’era neanche da aspettarseli. Chi non ha occasione di viaggiare potrebbe credere che in tutte le metropoli le cose vanno così. C’è anche di peggio: mi dicono che Pechino è una camera a gas. Ma a Londra, a Parigi, a New York senti di poter respirare a pieni polmoni. Sono una camminatrice indefessa e aerobica, lo percepisco immediatamente.
Geograficamente parlando siamo sventurati, nel bel mezzo di una conca mal ventilata e lontani dal mare: guardate le nubi che corrono nel cielo di Parigi, rabbrividite con le raffiche newyorkesi, dove oltretutto il traffico privato è meno intenso del nostro. Il fatto è che le polveri sottili, la CO2 e le altre schifezze non fanno solo male al corpo, ma anche allo spirito, ammesso che ci sia ancora qualcuno che creda a una loro divisibilità. Se tu non respiri, se fermi difensivamente la corsa dell’aria a metà torace per limitarne gli effetti tossici, ti sentirai rabbioso, infelice e aggressivo. Serenità e appagamento si associano naturalmente a una respirazione quieta, profonda e addominale. Quando invece stringi i pugni e ti prepari alla lotta, il diaframma si contrae e il respiro “sale” (fate la prova).
Vale anche l’inverso: se respiri profondamente e quietamente ti senti calmo e sereno, se fermi il respiro in alto la rabbia monta. Ne consegue che aria più pulita e meno rumorosa e quindi una respirazione più completa vorrebbe dire anche una città meno triste e violenta. Bisogna riuscirci, a maggior ragione. Lasciate a casa la macchina, per favore, ticket o non ticket. Vi pare semplicistico, più ossigeno e meno violenza? Non siamo che carne, in fondo, meravigliosa carne spirituale.
(pubblicato su “Io donna”-“Corriere della Sera”)

Archivio Maggio 29, 2008

COME PAZZI

Li vedrete anche voi, immagino, certi che parlano da soli per la strada o in macchina, in coda al semaforo, e magari si agitano, sbraitano, gesticolano. “Poveretto. E’ pazzo”: ci casco ogni volta, prima di intravedere l’auricolare del telefonino. Una delle cose che si impara praticando le varie tecniche di rilassamento è questa: se è vero che quando siamo sotto stress la respirazione si fa “alta” e corta, è vero anche il contrario, che ampliando e “abbassando” il respiro, riportandolo nell’addome, gli effetti dello stress si riducono. Comportandoci come se fossimo rilassati finiamo per rilassarci sul serio.
E’ un principio molto interessante, che forse può essere esteso. Comportandoci come se credessimo, diceva Blaise Pascal, finiremo per credere. Comportandoci come se fossimo buoni, finiremo per esserlo. Il nostro cervello è plastico, accoglie ogni input, si conforma docilmente alle abitudini. All’inizio si fa un po’ di fatica, poi viene naturale. La cosa però può valere anche nel male. Tornando a quelli che parlano da soli per la strada: comportandoci come dei pazzi, finiremo per diventarlo. E circondati da tutti questi “pazzi” finiremo per sentirci in un grande violento manicomio.
Non che io sia antitecnologica: quello degli auricolari è un esempio come un altro. Ma c’è una sciatteria dei gesti quotidiani, una disattenzione a quello che facciamo, a come ci offriamo allo sguardo degli altri, a come ci muoviamo nell’ambiente che abitiamo, che può avere rimarchevoli conseguenze. Seminare rifiuti per strada può comportare una piccola infelicità per tutti quelli che passano. Uno sguardo ostile a chi siede di fronte a noi sul tram può comportare una microfisica cascata di effetti negativi. Siamo legati gli uni agli altri, che ci piaccia o no. Però, come dicevo sopra per il respiro, vale anche il contrario. Comportandoci come se ci amassimo –curando la strada dove cammina anche l’altro, offrendo un sorriso e un gesto di attenzione, mettendo garbo nei nostri gesti- forse finiremo con l’amarci sul serio.
Credo sempre di più in questa politica che abbiamo a disposizione, e nei suoi effetti rivoluzionari.
(pubblicato su “Io donna”- “Corriere della Sera”)