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rabbia

Donne e Uomini, Politica Febbraio 1, 2011

DOPPIO SGUARDO: DALLA PROTESTA ALLA PROPOSTA

Ok, ci siamo sfogate. La rabbia è giusta, un sentimento che dà forza, purché duri quello che deve. Presa la spinta della rabbia, si deve velocemente saltarne fuori e fare quello che si deve fare, altrimenti si finisce stritolate. Ora si tratta di passare dalla protesta alla proposta. E la proposta la sintetizzerei così: che lo spazio pubblico, a cominciare dalla politica, ci rappresenti per quello che siamo, per che cose che sappiamo e possiamo, per la forza che abbiamo. Come capite, è un problema degli uomini, più che nostro. La questione è maschile. Sono loro che devono accettare di fare un passo avanti (interrogarsi su se stessi), e un passo indietro (lasciare spazio). Registrare che il patriarcato è finito.

Questo è il passaggio più duro. Perché finché si tratta di essere idealmente dalla parte delle donne che esprimono la loro indignazione e la loro rabbia, nessun problema. I problemi cominciano quando le donne praticano -dico praticano, e non rivendicano- il loro protagonismo politico. Ovvero quando dicono: quello che facciamo ogni giorno è già politica, la nostra politica deve essere riconosciuta e nominata come tale, e deve fare mondo. Ovvero dobbiamo poter decidere quale sviluppo, quale territorio, quale gestione delle risorse, quale organizzazione del lavoro, della società e della vita.

Per fare questo si devono trovare le necessarie mediazioni con la politica che non ci piace, quella di cui leggiamo ogni giorno sulle prime 4-6-8 pagine dei quotidiani. Si deve entrare in quella politica, venire a patti con i suoi modi e i suoi tempi per cambiarli. Si deve prendere parte al governo delle cose. Non si deve avere paura. Si deve voler vincere.

Io auspico che le mobilitazioni che vedremo e a cui parteciperemo nelle prossime settimane, grandi e piccole, in piazza o online, mostrino di avere un obiettivo politico preciso, diverso dal semplice per quanto umanissimo desiderio di mostrarsi nella propria dignità. Obiettivi generalissimi -come quello che ho indicato ieri, un premierato Bindi– o radicati nei contesti. Spero che la grande energia della rabbia si incanali velocemente nel minimo comun denominatore a cui io ho do il nome di un “doppio sguardo” che deve guardare dappertutto.

Il momento è adesso (kairòs), l’opportunità va colta. E per questo ci sarà da lottare, anche con gli uomini più amici.

Archivio Maggio 29, 2008

FELICI DI RESPIRARE

Non per essere disfattista, ma confesso che dal ticket milanese sul traffico speravo un po’ meglio. Qualcosa sembra essersi mosso, ma i miei pur fallibili rilevatori personali -naso, gola, bronchi- al momento non segnalano cambiamenti rilevanti. E forse non c’era neanche da aspettarseli. Chi non ha occasione di viaggiare potrebbe credere che in tutte le metropoli le cose vanno così. C’è anche di peggio: mi dicono che Pechino è una camera a gas. Ma a Londra, a Parigi, a New York senti di poter respirare a pieni polmoni. Sono una camminatrice indefessa e aerobica, lo percepisco immediatamente.
Geograficamente parlando siamo sventurati, nel bel mezzo di una conca mal ventilata e lontani dal mare: guardate le nubi che corrono nel cielo di Parigi, rabbrividite con le raffiche newyorkesi, dove oltretutto il traffico privato è meno intenso del nostro. Il fatto è che le polveri sottili, la CO2 e le altre schifezze non fanno solo male al corpo, ma anche allo spirito, ammesso che ci sia ancora qualcuno che creda a una loro divisibilità. Se tu non respiri, se fermi difensivamente la corsa dell’aria a metà torace per limitarne gli effetti tossici, ti sentirai rabbioso, infelice e aggressivo. Serenità e appagamento si associano naturalmente a una respirazione quieta, profonda e addominale. Quando invece stringi i pugni e ti prepari alla lotta, il diaframma si contrae e il respiro “sale” (fate la prova).
Vale anche l’inverso: se respiri profondamente e quietamente ti senti calmo e sereno, se fermi il respiro in alto la rabbia monta. Ne consegue che aria più pulita e meno rumorosa e quindi una respirazione più completa vorrebbe dire anche una città meno triste e violenta. Bisogna riuscirci, a maggior ragione. Lasciate a casa la macchina, per favore, ticket o non ticket. Vi pare semplicistico, più ossigeno e meno violenza? Non siamo che carne, in fondo, meravigliosa carne spirituale.
(pubblicato su “Io donna”-“Corriere della Sera”)