Come qualcuno saprà, il 30 maggio dopo lunghi anni di governo del centrodestra a Milano ha vinto il centrosinistra con Giuliano Pisapia.

Nei fatti il primo atto di governo del nuovo sindaco è stata la sostanziale ratifica delle decisioni prese dal centrodestra in materia di Expo. Ancora prima che la giunta fosse formata, l’accordo con il governatore Formigoni è stato siglato con grandi pacche sulle spalle: c’era molta fretta, il rischio di perdere la manifestazione dopo anni buttati via -dal centrodestra- era molto grande, l’assessore delegato Stefano Boeri si è trovato di fronte un Expo già bell’e confezionato, criticità comprese –terreni comprati dai privati a carissimo prezzo, tanto per dirne una, che dopo il 2015 potranno essere glassati di cemento, e così via- e ieri ha dovuto trangugiare l’amaro calice, con un voto leale e favorevole a qualcosa che non gli piace affatto, come del resto non piace a uno scherzetto come circa 500 mila milanesi che di altro cemento, anche se arancione, di affari e di speculazioni nell’interesse di pochi contro quello di tutti proprio non ne vogliono sapere più.

Si dirà: è un prezzo da pagare. Realpolitik obbliga a ratificare qualcosa che con le logiche, le premesse e le promesse di un governo di centrosinistra non avrebbe niente a che vedere. Trangugiamo in fretta questo boccone, tappiamoci naso, orecchie e occhi e passiamo velocemente ad altro. Il fatto è che Expo non è “qualcosa”. Expo coincide di fatto con la politica di questa città di qui al 2015, e quindi sostanzialmente con l’intera legislatura. Pressochè tutto quello che capiterà a Milano avrà a che fare con Expo e finirà in quel gigantesco tritacarne. Expo è la Milano del prossimi anni. E Milano è laboratorio politico per tutto il paese. Non si scherza. Il cemento è la peste italiana. La questione non è di poco conto.

Il paradosso quindi è questo: che il governo di centrosinistra porterà a termine, con qualche timida variazione, quello che è stato impostato e cominciato dal centrodestra. Che da quell’imprinting, da quell’alvo si rischia di non uscire, e l’esultanza del centrodestra di fronte alla ratifica di ieri ne è la controprova. Detto in malo modo, gli affari sono salvi. Ma i cittadini volevano un’altra cosa. I cittadini volevano il cambiamento. Lo hanno detto con il voto alle amministrative, e solo due settimane dopo accorrendo di nuovo in massa alle urne per i referendum.

Expo va salvato, per carità. Ma prima di tutto va salvato il credito entusiastico con cui questo cambio di governo è stato accolto. Prima di tutto va salvato l’impulso al cambiamento che grida ovunque. Prima di tutto vanno salvati la salute e l’ambiente. Un modo per farlo lo si dovrà assolutamente trovare. Questo è il primo compito di un governo di centrosinistra.

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