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violenze sessuali

Donne e Uomini, Politica Giugno 11, 2013

Care amiche parlamentari…

 

Care amiche parlamentari,

tenevate molto ad arrivare lì dove siete ora, e noi tutte tenevamo molto che voi ci andaste: ho fatto anche la fatica di scrivere un libro per contribuire a modo mio alla spinta. Però adesso la vostra voce manca. Ci piacerebbe sentirla su molte questioni. Sperimentare la vostra presenza attiva sui temi in agenda. Vedervi in azione sulla riforma della politica. Osservare il vostro lavoro di invenzione. Constatare che siete capaci di un lavoro della differenza e bipartisan.

In particolare mi sta colpendo molto il vostro silenzio su quello che sta capitando in Turchia. Il Corriere ha diffuso l’orribile notizia -orrore fra gli orrori- che la polizia ricorre alle violenze sessuali come forma di tortura delle dimostranti detenute nelle caserme e nelle carceri turche. La cosa è possibilissima. Là dove c’è guerra o conflitto sociale si parla spesso questo “esperanto della violenza”, come qualcuna l’ha chiamato. E le carceri turche non sono mai state luoghi di villeggiatura.

Può essere che qualche singola dichiarazione ci sia stata. Ma io mi riferisco a qualcosa di più e di meglio. Per esempio, a una dichiarazione di questo tipo: “Le parlamentari italiane diffidano all’unanimità la polizia di Erdogan dalla violazione dei diritti umani dei detenuti e delle detenute, con particolare riguardo a ogni gesto di violenza sessuale sulle prigioniere. Si dichiarano pronte a intraprendere e sostenere qualsivoglia azione finalizzata alla salvaguardia dei diritti umani e dei diritti delle donne, comprese eventuali sanzioni economiche. Richiamano Istanbul, che dà il nome a una Convenzione internazionale contro la violenza sessista e il femminicidio sottoscritta anche dall’Italia, al rispetto assoluto delle sue norme”.

E questo al di là dei rapporti diplomatici, commerciali ed economici con il governo Erdogan. Quindi eventualmente anche disubbidendo ai rispettivi partiti.

Sarebbe un bel saggio di autonomia, di forza e di differenza femminile: è per questo che vi abbiamo volute lì.

Una presa di parola sulla Turchia a rischio di islamizzazione -che si eserciterebbe prioritariamente sul corpo e sulla libertà delle donne- sarebbe un perfetto banco di prova.

questione maschile Novembre 21, 2012

La violenza di un prete

don alberto barin, cappellano di san vittore, arrestato per violenze sessuali

Una cosa alla “Sleepers”, il terribile film di Barry Levinson che racconta la storia di 4 giovanissimi detenuti costretti a subire le violenze delle guardie carcerarie. Un ennesimo colpo per Milano, la vicenda di don Alberto Barin, 51 anni, da 15 anni cappellano nel carcere di San Vittore, accusato di aver violentato almeno 6 giovani detenuti in cambio di piccoli miserabili favori, dal dentifricio alle sigarette alla promessa di una parola buona per migliorare le condizioni di vita all’interno del carcere.

Barin ora è a sua volta detenuto, non a San Vittore ma nel carcere di Bollate. L’accusa è violenza sessuale continuata e pluriaggravata, e concussione. Oltre che dalle testimonianze dei giovani violentati, tutti ragazzi stranieri tra i 22 e i 28 anni, i reati sarebbero documentati anche da videocamere piazzate all’interno del carcere e nell’abitazione del sacerdote. Secondo l’accusa, Don Alberto dava anche pareri sulle scarcerazioni a beneficio di chi «era gentile» con lui. Non essere “gentili”, quindi, poteva costare caro.

La Curia di Milano ha espresso “il proprio sconcerto e il dolore per l’arresto di don Alberto Barin e per i fatti che al cappellano della Casa circondariale di san Vittore sono contestati”, manifestando “massima fiducia nel lavoro degli inquirenti e la disponibilità alla collaborazione per le indagini».

Ma la Chiesa dovrebbe fare molto di più: aprire una profonda riflessione sulla radicale mancanza di carità (agàpe) di quei molti sacerdoti che per praticare perversamente una sessualità negata approfittano della situazione di soggezione e debolezza dei minori -anagraficamente intesi, o resi tali da privazioni come abbandono, povertà o detenzione, condizioni che spesso coincidono- .

Interrogarsi, quindi, sull’oggettiva impossibilità di essere casto per un maschio adulto e sano, e sui drammi provocati da questa costrizione. Far cadere definitivamente il velo dell’ipocrisia, che avviluppa e colpevolizza le molte, moltissime vittime. Le molestie e le violenze sui minori da parte dei sacerdoti non sono casi-limite, ma esperienze piuttosto frequenti. Moltissimi e moltissime tra noi ci sono passati. E’ capitato anche a me. E posso tranquillamente affermare che sarei stata -e sarei tuttora- assai disapprovata e perfino non creduta se rivelassi ai parrocchiani quello che mi è capitato.

Oltre 4.000 casi di violenze di ecclesiastici su minori sono state denunciate alla Congregazione per la dottrina della fede. E’ solo la punta di un orribile iceberg. Nel febbraio scorso, nel suo messaggio al Simposio Internazionale, papa Benedetto XVI ha auspicato che la cura e la “guarigione” delle vittime degli abusi compiuti da religiosi su minori sia una “preoccupazione prioritaria per la comunità cristiana”. Ma supportare le vittime non basta. Gli abusi devono cessare, e si deve intraprendere ogni azione necessaria in questo senso. 

Cominciando con una franca e aperta riflessione sulla propria sessualità da parte degli uomini di Chiesa.

Anche questa è violenza maschile.